mercoledì 25 dicembre 2013

Natale nicoterese tra sacro e profano.



Nicotera.  L’attesa del santo Natale iniziava la mattina presto, le cinque del mattino, quando per le strade cittadine due zampognari, vestiti con gli abiti da pastori del presepe, davano fiato ai loro strumenti, intonando tributi di lode all’Altissimo e dando inizio così al periodo dell’attesa dell’avvento.
La musica che allietava le gelide mattinate dicembrine era solo una delle tradizioni che animava il natale nicoterese. Molte di esse vanno sbiadendo sotto il peso del cambiamento dei costumi, ma alcune resistono mantenendo saldo il valore della tradizione.
Il clima natalizio a Nicotera cominciava già dal 21 novembre, festa della Madonna della Scala. Già da allora ci si attivava a raccogliere tutto il materiale necessario per costruire il presepe: muschio, pezzi di sughero, ramoscelli di mirto e di olmo, sacchi per farina per edificare le montagne. Poi, una volta raccolto il materiale necessario, cominciava la messa in opera. Questo era un momento di grande aggregazione familiare, poiché tutti a vario titolo partecipavano all’allestimento del presepe. D’altronde i nicoteresi erano i migliori artigiani del presepe, le loro creazioni erano esposte in varie chiese del territorio. Presso il museo di Arte sacra di Nicotera è possibile ammirare le loro statuine, realizzate con la creta o le loro creazioni di terracotta. Grande l’afflato religioso che animava il periodo prenatalizio. Le novene, sia quelle mattutine che pomeridiano, erano affollatissime.
Però nel cuore del Natale esisteva una tradizione quasi esclusivamente pagana, anzi, che affondava le sue radici in quella sorta di medicina popolare dove fede e magia si incontravano. Infatti solo la notte di Natale era permesso trasmettere oralmente, a pochissimi iniziati, le formule magiche e segretissime che servivano a scacciare il malocchio.
Lo stato di “adocchiamento”, secondo la superstizione popolare, consisteva in uno stato di malessere in cui versava il malcapitato vittima dell’invidia altrui. Tale sentimento poteva essere così forte da gettare la vittima in uno stato di infermità. Quando qualcuno stava male interveniva prontamente la “sdocchiatrice”, una donna conoscitrice delle oscure formule, che recitava una serie di suppliche in cui si intrecciavano sacro e profano, preghiere e anatemi contro l’autore del malocchio. Così, dopo svariati tentativi, armata da un piatto, sale, coltello, e da tutta la sua arte da “curandera”, la sdocchiatrice riportava la vittima in uno stato ottimale di salute.
Tali formule, che appartengono ormai al patrimonio etnografico e culturale del territorio, testimoniano il legame tra la fede cristiana e i riti magici di estrazione squisitamente popolare. Specie nelle campagne questa sorta di medicina era molto diffusa: spesso l’uso delle erbe e la declamazione di invocazioni costituivano il rimedio ai tanti malesseri che affliggevano popolazioni dedite a un duro lavoro dei campi, quando non esisteva nemmeno il medico di famiglia.
Allo stesso modo, solo la notte di Natale i pescatori di Nicotera Marina trasmettevano ai pochissimi eletti la formula che serviva a “tagliare” un fortunale, quando minacciava di abbattersi sulle loro povere barche o sulle case.


domenica 22 dicembre 2013

La variante Nicotera- Limbadi, opera pubblica costata 853 mila euro, mostra segni di frane e cedimenti





Nicotera. Il 14 novembre del 2008 fu inaugurata la variante Nicotera Limbadi. Grande l’entusiasmo dei presenti al varo della nuova arteria che doveva collegare Nicotera Limbadi, bypassando la piccola e stretta frazione di Badia, dove il traffico si congestionava e creava disagi agli automobilisti che percorrevano nei due sensi di marcia l’angusta stradina di collegamento tra i due comuni.
Presenti all’inaugurazione Francesco De Nisi, l’allora presidente della Provincia; il vice presidente con delega ai lavori pubblici Giuseppe Barbuto; l’assessore Paolo Barbieri; il dirigente dell’ufficio tecnico provinciale Francesco De Fina; il direttore dei lavori Francesco Teti, e, naturalmente i sindaci di Nicotera e di Limbadi.
Insomma, presenti tutte le autorità, come si conviene quando si inaugura un’opera pubblica. Autorità che hanno ovviamente espresso plauso e vivo entusiasmo per la realizzazione di un’opera che Barbuto definì «il punto di partenza per un territorio che ha grandi potenzialità, la prima delle infrastrutture che saranno messe in opera in questo comprensorio necessarie alla crescita infrastrutturale, culturale e sociale». E così, anche con il conforto della benedizione di due sacerdoti, la variante fu aperta all’uso dei cittadini che così evitavano di ritrovarsi inscatolati nella strettoia di Badia.
Peccato però che la strada salutata con grande entusiasmo dalle compiaciute autorità, dopo soli tre mesi dalla sua inaugurazione cominciò a mostrare segni  di cedimenti. Dei veri e propri prolassi del manto stradale indussero gli amministratori a chiuderla, per porre in atto degli aggiustamenti. I lavori di risanamento della strada, in realtà, da quel gennaio 2009, data del primo segno di cedimento, non finirono mai. In questi anni si sono sempre succeduti dei continui ritocchi perché la variante, specie in prossimità del fosso Gattota, oltre a mostrare una preoccupante convessità, tende a sfaldarsi ai due lati.
Ma cosa è andato storto nella realizzazione della variante? La Provincia intese intervenire e realizzare la strada su sollecito dei comuni di Nicotera e di Limbadi, nel tentativo di sanare la criticità della rete viaria di Badia. E così si pensò alla realizzazione di questa arteria di collegamento, lunga circa 900 metri e che costò all’ente, e quindi ai cittadini, 853 mila euro. Il percorso sul quale si snoda è solcato da ben due fossi. Nel primo, il Gattota, oltre a raccogliere le acque piovane, si sversano anche i reflui fognari della frazione Badia. L’altro sembra avere una minore portata delle acque, ma è pur sempre un ricettacolo delle piogge, che, specie durante l’inverno, diventano assai corpose. Benché siano stati costruiti dei scatolari di cemento armato nel quale convogliare le acque, e quindi evitare la progressiva erosione del terreno al di sotto del manto stradale, la variante ha continuato a “prolassare” e a subire una continua erosione sui lati, specie la parte al di sopra del Gattota: sembra che il territorio friabile e cedevole che vede lo scorrimento dell’arteria, sia stato “riempito” con terra di riporto, ciò rende la tenuta della strada assai precaria. Altra grossa incognita della variante è che gli scatolari rischiano di ostruirsi, a causa di detriti e vegetazione, creando anche un rischio idrogeologico. A tal proposito val la pena di ricordare che un operaio addetto alla disostruzione di uno scatolare è stato travolto dalle acque e ha rischiato di diventare l’ennesima morte bianca che funesta il mondo del lavoro.
L’assessore Marasco nel 2004 (giunta Adilardi) aveva proposto di dare inizio al percorso della variante in un’area antistante l’ingresso di Badia, evitando così di far passare la strada sul pericoloso Gattota, in tal modo si sarebbe risparmiato anche sui costi di costruzione. La richiesta di Marasco non fu accolta. Il resto è storia recente. Storia di frane, cedimenti e dissesti, non solo idrogeologici.



venerdì 20 dicembre 2013

Protagonisti e retroscena della bagarre cittadina in seno al pd.




Nicotera. Conciliare l’inconciliabile. Questo l’improbo compito, alla portata forse un alchimista, di chi volesse ricomporre il contrasto in seno al partito democratico nicoterese, considerati i reagenti altamente esplosivi che ne compongono l’instabile amalgama. Vediamo gli elementi in campo. Da un lato, a tenere ben ferme le redini del partito c’è Manuel Reggio, segretario cittadino di ascendenza cuperliana, cioè la parte più tradizionale, radicata e ortodossa del partito. I vecchi comunisti per intenderci. Questo in termini nazionali. Quelli locali riconducono al padre Salvatore Reggio, ex sindaco ed esponente storico del partito comunista prima e di quello democratico dopo. Dall’altro abbiamo Mimmo Valerioti, di ascendenza renziana, coordinatore cittadino dell’area nonché ex assessore dell’amministrazione Reggio. I due, Reggio e Valerioti, durante quella parentesi amministrativa furono protagonisti di durissimi scontri, mai realmente sanati, che ebbero sfogo plateale anche nel consiglio comunale. Della medesima area, renziana, il sindaco Francesco Pagano, un tempo compagno di lotte di Salvatore Reggio, ma ora suo acerrimo rivale, avuto riguardo di un aspro scontro consumato a suon di comunicati stampa poco diplomatici, per dirla in punta di fioretto. I tre, accreditati di un ampio consenso, sono i protagonisti, il sindaco in modo più defilato, della querelle nata in casa pd e che ha ad oggetto la guida del partito democratico, evidentemente casa, o “casella”, nobile ed ambita. Considerato che una cornice politica di riferimento per un’azione amministrativa in essere o “in nuce”, di qualunque segno sia, è merce assai preziosa di questi tempi, affinchè non si accendano facilmente i riflettori sulle tante, troppe forse, contraddizioni che la politica “paesana” alimenta. Detto ciò, sullo sfondo non è dato cogliere il perché, pur con novanta e più tesserati, della scarsa rappresentanza nicoterese in seno ai livelli provinciali del partito. Tecnicismi elettorali a parte Nicotera sembra non “entrare” a Vibo, se non per vie traverse, e ciò lascia aperti molti e sinistri interrogativi. Comunque alla  “conta”, prima o poi, bisognerà arrivarci e, seppur di un’incollatura, Valerioti con le sue truppe sembra in vantaggio. Reggio è avvisato.



18 dicembre- giornata mondiale del migrante- Aumentano gli stranieri presenti in Italia, la maggioranza sono romeni.



Nicotera.  18 dicembre. Giornata internazionale del migrante e del rifugiato. Lo ha stabilito nel 1990 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in seguito all’adozione della Convenzione internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori immigrati. Il 18 dicembre di ogni anno è il momento in cui si focalizza maggiormente l’attenzione, da parte di tutte le istituzioni mondiali, sul dramma dei popoli migranti, sui loro diritti negati, sulla tematica dell’integrazione e su quella sempre attuale del razzismo.
In Italia. L’Istat ci fornisce un quadro chiaro e puntuale sui numeri degli stranieri presenti in Italia. Gli stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2013 sono 4.387.721. 334 mila in più rispetto all'anno precedente (+8,2%).
Ma quali sono le nazioni maggiormente rappresentate sul suolo italiano? E’ sempre l’Istat a snocciolare, con dovizia di particolari, nazionalità e numeri.
In tutto sul suolo italico si trovano i rappresentanti di ben 194 Paesi. Nelle prime cinque posizioni troviamo, in ordine di rilevanza numerica, la Romania, l’Albania, il Marocco, la Repubblica Popolare Cinese e l’Ucraina. Il fatto che i cittadini più numerosi siano i romeni e gli albanesi, può essere facilmente spiegato con gli accordi di Schengen, secondo i quali è ammessa la libera circolazione tra gli stati comunitari, eliminando così i controlli alle frontiere.
I romeni I romeni sono dunque in pole position nella classifica Istat. Anzi, si può dire che l’Italia detiene il primato europeo per presenza di cittadini romeni sul proprio territorio, ben 1.071.342 (+20% in due anni), sul totale di 2,5 milioni di romeni presenti in tutta l'Ue
Nel Vibonese. Il Vibonese rispecchia fedelmente il trend nazionale. Infatti anche qui i residenti stranieri maggiormente numerosi provengono dalla Romania.
In totale gli stranieri presenti sono 5.801 e rappresentano il 3.5% della popolazione residente. Di questi 1.904 sono romeni, e rappresentano quasi il 33% della popolazione straniera. Seguono bulgari, ucraini, polacchi, e, a sorpresa, tedeschi (101 presenze). Andando nello specifico, rileviamo che il capoluogo conta 1.126 immigrati, prevalentemente romeni e marocchini.
Il secondo comune del Vibonese ad ospitare più stranieri è Pizzo, con 487 presenze. Ben il 95% per cento è costituito da bulgari, e ciò suggerisce che la cittadina murattiana ospita una piccola comunità. A Tropea troviamo 307 stranieri, romeni e ucraini. Nicotera le presenze straniere sono 234, anche qui troviamo romeni, ucraini e polacchi. Rombiolo, 233 stranieri, quasi tutti romeni. Tutti gli altri comuni del Vibonese rispecchiano questa tendenza, maggiore presenza di romeni, a seguire marocchini, albanesi e bulgari. Mentre i cittadini della Repubblica Popolare cinese oscillano, in quasi tutti i comuni, dal 7 al 9% sul totale degli immigrati.
Solidarietà e lavoro Come vivono gli stranieri presenti sul suolo vibonese? Si sentono inseriti nella società o discriminati? Focalizziamoci sulla comunità maggiormente presente, quella romena. In genere, gli uomini lavorano nell’edilizia e nell’agricoltura, le donne impiegate nel servizio alla persona. Mandano i figli a scuola, la quale si attiva per eliminare ogni forma di discriminazione, e per facilitare l’inserimento nella scuola e nella società dei piccoli immigrati. Tanta la solidarietà. A Limbadi, le associazione più sensibili alle esigenze delle minoranze, organizzavano raccolte fondi per donare aiuti economici alle famiglie romene. Quando però i civici sodalizi presero atto che molti di essi usano i soldi, frutto delle beneficenze, per acquistare alcool da scolare fin dal primo mattino, forse per anestetizzare il dolore causato una vita grama, non fornirono più denaro, ma derrate alimentari.
Valerica  Valerica è romena, ha 40 anni, ma ne dimostra almeno dieci di più. Da ragazza doveva essere molto bella, pelle chiari, capelli rossi e occhi verdi. Tuttavia, una vita di fatica e di lotta per la sopravvivenza le hanno rubato la bellezza. Si è trasferita a Limbadi parecchi anni fa, ha lasciato in Romania gli anziani genitori. La scelta di partire era obbligata, perché la sua patria  non offriva a lei a i suoi figli di che vivere. E’ arrivata in Italia, piena di paura e di speranza, con due figli piccoli e il marito. Adesso Valerica fa la collaboratrice domestica; instancabilmente, svolge qualsiasi mansione. Il marito lavora saltuariamente nell’edilizia e nell’agricoltura. I due figli frequentano la scuola. Lei tenta ogni giorno di rendere migliore la sua vita e la vita della sua famiglia. La società limbadese l’ha accolta, e cerca sempre di farla sentire a casa. In fondo, i calabresi sono anch’essi un popolo di migranti.