Nicotera.
Il
grave attentato di domenica ai danni del negozio Splendidi splendenti ha
ammorbato il clima natalizio nella cittadina costiera. Dopo una domenica
convulsa in cui viale Luigi Razza era un via vai di Carabinieri e Vigili del
Fuoco, ieri, sul luogo del misfatto, non è rimasto altro che un lungo nastro
segnaletico che perimetrava il palazzo. Ora non resta che attendere che qualche
novità arrivi dalle indagini, non resta che attendere che tutto finisca nel
dimenticatoio, che la rabbia e lo sconcerto della gente si affievolisca e che
il fatto che la città sia stata oggetto di un attentanto militare da parte
della criminalità diventi un ricordo. Almeno fino al prossimo gesto
delinquenziale, quando i problemi irrisolti di sempre torneranno alla ribalta
ricordandoci che nulla è stato fatto per cambiare le cose in questo disgraziato
territorio. Si, perché il problema principale è capire ciò che si è fatto per
aiutare un paese e i suoi abitanti sul piano della sicurezza. Ciò che merita
una riflessione è che nonostante sia eclatante la presenza e l’azione della
criminalità organizzata a Nicotera, divenuta ormai da tempo una colonia infelix
della viciniora Limbadi, patria d'origine dell’incontrastato del clan Mancuso, non si muove
una foglia per tutelare una città sempre più insicura e schiacciata dalle spire
del malaffare che non le consente nessuno sviluppo sociale ed economico. La
politica e lo Stato non hanno, finora, dato risposte esaurienti. La prima
sembra aver alzato le braccia, defilandosi dal suo ruolo originario, che era
quello di essere la referente dei cittadini e dei suoi problemi. Essa ha ora
dimostrato, a Nicotera, ma anche altrove, di essere al servizo di altri poteri,
e le dettagliate relazioni sugli scioglimenti del consiglio comunale per
infiltrazioni mafiose sono là a dimostrarlo. D’altro canto lo Stato fatica a
prendere le redini della situazione, anche se proclama spesso il contrario. E
così Nicotera, geograficamente appetibile dal punto di vista criminale, rimane
un’area desolata, una landa colombiana in cui non transitano solo gli stupefacenti,
ma tutto l’armamentario al servizio del crimine; posta com’è tra due provincie
sempre in fermento, a due passi dal porto di Gioia Tauro, segnata da
labirintici percorsi, tra mare, montagna, e interessi di varia natura. Eppure,
nonostante queste cose le sappiano pure le pietre- a comprovarle le operazioni
dei Carabinieri, le indagini della magistratura, le informative degli
inquirenti- nulla accade per invertire il senso di marcia: è come se una
volontà superiore mirasse alla desertificazione economica e sociale del posto,
in modo da renderlo funzionale ad altri interessi. Il paese a più alta densità
criminale del Vibonese, e forse dell’intera fascia costiera tirrenica, viene
lasciato con una piccola caserma con pochi Carabinieri, senza un distaccamento
di Polizia, senza un sistema di videosorveglianza, a combattere, con pochi
mezzi e pochi Carabinieri, dei nemici invisibili e fin troppo ambigui.
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