Nicotera.
La
ditta Vardè di Nicotera non è soggetta ad infiltrazioni mafiose, per cui
l’interdittiva antimafia decisa dalla Prefettura di Vibo Valentia è sospesa.
Questo è quanto ha deciso il Tar di Catanzaro, accogliendo il ricorso
presentato dai legali della Cooperativa Vardè che lo scorso giugno era stata
colpita dal provvedimento prefettizio. L’istanza di tutela cautelare presentata
dagli avvocati della ditta, Paolo Villelli e Rocco Carbone, è stata dunque
accolta dal Tribunale amministrativo regionale. In pratica, secondo il Tar di
Catanzaro “gli elementi su cui si basa l’informativa interdittiva non appaiono
sufficienti a ritenere che la società ricorrente sia sottoposta al tentativo di
infiltrazione mafiosa”.
I legali di fiducia
della ditta hanno presentato ricorso contro il Ministero dell’Interno, la
Prefettura e il Comune di Nicotera, rappresentato dagli avvocati Salvatore
Campisi e Giuseppe Gurzillo, per ottenere l’annullamento “del provvedimento del
22 Giugno 2016 di diniego di iscrizione della società ricorrente nell’elenco
dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a
tentativo di infiltrazioni mafiose; dell’informativa antimafia interdittiva
emessa dal Prefetto di Vibo Valentia in data 17 Giugno 2016; della determinazione
del responsabile dell’Area tecnica del Comune di Nicotera del 21 Giugno 2016,
di revoca dell’autorizzazione al subappalto per i lavori di realizzazione di un
campo polivalente coperto con annesso blocco spogliatoio denominato “Oasi Sport
Gioventù”; della nota trasmessa dalla Questura di Vibo Valentia al Comune di
Nicotera in data 17 Giugno 2016; della nota trasmessa dal comando provinciale
dei Carabinieri di Vibo Valentia in data 24 Settembre 2015; di tutti gli atti
prodromici, presupposi e conseguenziali”. Entrando nello specifico, secondo i
giudici del Tar, Vincenzo Salamone, Francesco Tallaro e Raffaele Tuccillo, gli
elementi su cui si basa l’informazione interdittiva “non appaiono, allo stato, sufficienti
a ritenere che la società ricorrente sia sottoposta al tentativo di infiltrazione
mafiosa, in quanto a carico del socio amministratore emerge che sia stato
controllato più volte in passato con soggetti sul conto dei quali sussistono
elementi di polizia; nondimeno, nessuno di tali controlli è stato eseguito nel
corso degli ultimi 5 anni, solo uno è collocato temporalmente nell’anno 2011,
uno nell’anno 2010, due nell’anno 2009 e uno nell’anno 2008, sicché non risulta
possibile affermare che costui sia solito, nell’attualità, frequentare soggetti
malavitosi; a carico di altri due soci
risultano rapporti di parentela con soggetti ritenuti contigui alla famiglia
mafiosa dei Mancuso di Limbadi, senza che però vi siano ulteriori fattori
significativi”.
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