Sono quasi le quattro del pomeriggio. La calura è
impietosa: sulla spiaggia si trova riparo sotto l’ombrellone hawaiano o
direttamente nelle acque del Tirreno. Immersi in un “meriggiare pallido e
assorto”, ecco che i vacanzieri intravedono avanzare all’orizzonte una strana
figura: marcia ballonzolando sotto un sole che non perdona, in un caleidoscopio
di colori estivi. Si tratta dell’uomo boutique: un ragazzo porta un appendiabiti
munito di due ombrelloni alle estremità a cui bordi sono attaccati abiti per
signora, d’ogni genere e sorta: prendisoli, camicette, tubini alla Audrey Hepburn,
costumi da bagno.
A reggere l’insolito e variopinto negozio di
abbigliamento ambulante è Mohamed, un algerino di vent’anni: occhi neri, pelle
scura, magrolino ed emaciato che non sospetteresti possa avere tanta forza per
trasportare sulle gracili braccia, nella spiaggia bollente e scoscesa, il suo
negozio e l’unica fonte di sostentamento. Il ragazzo, con la sua impresa
itinerante, fa delle pause, poggia la
pesante struttura sulla sabbia, beve un sorso d’acqua e riparte. I turisti,
sprofondati nelle loro comode sdraio, lo osservano divertiti. Nei suoi pit stop
si guarda intorno sperando che qualche signora si avvicini per visitare la sua
boutique e comprare qualcosa; osserva un gruppo di ragazzi giocare al pallone,
magari avrebbe voluto unirsi alla squadra, fare un goal di destro,
improvvisandosi calciatore, ma la timidezza lo blocca e poi il lavoro lo
chiama, e mettere insieme il pranzo con la cena è dura impresa da intraprendere
ogni santo giorno. Se ci avviciniamo a parlare con lui, scopriamo che è gentile
e sorridente, nonostante la lunga marcia con il fardello di vestiario sulle
spalle. E’ un abusivo, non vuole farsi fotografare, ci dice solo di essere
diplomato, di credere in un futuro migliore e di pensare sempre agli amici e ai
parenti che ha lasciato in Algeria. Mohamed è riuscito a piazzare un
prendisole. Un’esigente signora ben piazzata, dai capelli di un mogano acceso,
ne ha provati decine prima di effettuare l’acquisto. Alla fine il ragazzo ha
messo in cassa 5 euro. Riprende fiducioso la sua marcia: ha un’aria dolorante,
sembra un Cristo che porta la sua croce, e piano piano lo vediamo sparire,
inghiottito dalla lontananza, con quel suo incedere traballante e insicuro.
L’uomo boutique è solo uno dei tanti
esempi di commercio itinerante estivo. Come tanti suoi colleghi, si aggira per
le assolate spiagge, tra i turisti che cercano sole, relax e divertimento, per
tentare di racimolare qualche soldo. Sugli arenili adibiti a lidi privati, in
un florilegio di ombrelloni dai diversi colori, ne sfilano tantissimi ogni
giorno. Provengono quasi tutti dall’Africa, sono extracomunitari, e vendono la
loro merce contraffatta poiché non trovano niente di meglio in un territorio
assai avaro di lavoro e possibilità per i residenti, figurarsi per i cugini
africani. Sfidando la calura estiva passano con i loro espositori di occhiali,
fermagli per capelli, mollettine e foulard. Altri con le spalle ricolme di
asciugamani di spugna d’ogni grandezza e colore. Ragazze thailandesi propongono
massaggi, mentre alcuni pakistani oltre a vendere cavigliere, pashmine e vistosi anelli degni di una notabile sunnita,
promettono si realizzare sulla pelle dei disegni, da scegliere in un apposito
catalogo, con una speciale penna all’hennè.
In questa passarella di uomini e
donne alle prese con una vita grama e incerta, quello che rimane impresso agli
occhi dell’osservatore è Mohamed: la sua giovane età, quegli occhi neri in cui
ci leggi paura e speranza, e soprattutto quel suo ingombrante negozio
ambulante, che porta a spasso nei mesi estivi.
In inverno, il ragazzo cerca di arrabatarsi come può, con i lavori più
disparati. Ma intanto vende abiti femminili sulle spiagge affollate e assolate.
Dopo una giornata di lavoro, rimette la sua merce nei sacchi scuri, che adagia
in un angolo al fresco e vi si adagia sopra per dormire profondamente, stanco
morto com’è. L’indomani mattina, ricomincerà la dura marcia.
Nessun commento:
Posta un commento