Nicotera.
La
sentenza emessa dal giudice Tiziana Macrì ha condannato l’autore dell’omicidio,
Ezio Perfidio, a 30 anni di carcere. Sei anni invece sono stati inflitti al
padre di Ezio, Francesco. Per lui l’accusa è di occultamento è distruzione di
cadavere. Una pena pesante, per un omicidio efferato, nonostante gli imputati abbiano
scelto il rito abbreviato. Eppure, per i genitori di Stefano, il professore
Gregorio, e la professoressa Gina Pagano, ieri è stata una giornata durisima.
La sentenza infatti non gli dà serenità o consolazione, perché nessuno potrà
riportare in vita il figlio amatissimo. Abbiamo chiesto alla mamma di Stefano
se si considerano soddisfatti del verdetto emesso dal giudice. «Soddisfatti?
No, affatto, siamo distrutti», ha detto la madre del giovane insegnante di
alfabetizzazione, «perché Stefano non c’è più, e non potrà più tornare a casa».
«Il vero ergastolo- ha aggiunto Gina Pagano- l’hanno inflitto a noi quando ci
hanno portato via nostro figlio; quando l’hanno ucciso; è un ergastolo di
dolore e di tristezza per un figlio che non c’è più, ucciso in un modo barbaro
e cruento. Nessuno potrà più ridarci la serenità». Parole condivise dal padre,
che beve lacrime di dolore, mentre il fratello Alberto attende da Milano
notizie dal tribunale di Vibo. In quella fredda aula del Palazzo di Giustizia,
nel corso del processo, i genitori hanno visto, attraverso la notevole mole
delle prove sottoposte all’attenzione della corte dal Pm Filomena Aliberti, gli
ultimi istanti di vita del loro figlio. E’ stato difficile per loro scoprire,
nel corso del dibattimento, quanta crudeltà e orrore si è consumato quel giorno
di giugno sul povero Stefano. E benchè la giustizia abbia fatto il suo corso e
punito i colpevoli, rimane un vuoto incolmabile. La sentenza è stata emessa nel
primo pomeriggio, ma loro già in mattinata erano in giunti in tribunale. Hanno
ascoltato le requisitorie del Pm e dell’avvocato difensore dei Perfidio.
Aspettando con un peso sul cuore il momento della sentenza, per poi tornare a
casa e scoprire che la stanza di Stefano, piena dei suoi libri, la sua
chitarra, le sue passioni rimarrà vuota per sempre, nonostante quei trent’anni
comminati al suo assassino. Unica consolazione: che la giustizia è arrivata.
Anche se adesso bisognerà attendere il processo d’appello: un nuovo calvario
per due genitori orfani di un figlio meraviglioso.
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