Nicotera.
Ancora
una volta la cittadina costiera deve fare i conti con l’arroganza del potere
criminale. Un potere che ha agito nel cuore del centro storico ponendo in atto
un attentato bellico, domenica notte, di natura presumibilmente intimidatoria.
Un gesto delinquenziale che aumenta quel senso di desolazione e scoramento che
attanaglia i tanti cittadini perbene che continuano a sperare che il paese
possa finalmente cambiare. Purtroppo, tutto sembra come un film già visto. Abbiamo
già sottolineato sulle pagine di questo giornale l’inefficacia delle misure
preventive messe a punto dallo Stato: Nicotera, snodo strategico appetibile
nelle logiche della criminalità organizzata, non ha finora ricevuto le
attenzioni che meritava. A fare da contraltare a una certa negligenza
istituzionale c’è l’atteggiamento della politica cittadina, del mondo
dell’associzionismo, ma anche della Chiesa. Come in una sorta di “deja vu”, la
città sembra rivivere i vergognosi giorni che seguirono l’atterraggio dell’elicottero
sulla marmorea rosa dei venti, in viale Castello, quasi un anno e mezzo fa,
quando tutti gli attori protagonisti di politica, associazioni e mondo ecclesiase
si chiusero in un ostinato silenzio, senza mostrare segni di sconcerto, rabbia
o indignazione. Senza mostrare, insomma, alcun segno di vitalismo civico. Un
atteggiamento che fatalmente si sta ripetendo adesso. Da parte degli esponenti
della politica cittadina non arrivano parole di condanna per quanto accaduto. A
ben vedere, le loro esternazioni, in genere, proliferano su qualsi ìvoglia, fuorchè su ciò che puzza di mafia. Vergano note e postille, ma solo dopo che la tormenta è passata e
su argomenti che nulla hanno a che fare con il dramma vero di Nicotera. In
momenti difficili come questo i rappresentanti locali dei più importanti
partiti politici nazionali non trovano le parole per dissociarsi, farsi
portavoce dello scoramento generale, chiedere maggiori controlli per il
territorio. Diventano semplicemente trasparenti. Così come anche d’aria si
fanno le associazioni locali: un senso civico schizoide le spinge a scagliarsi
contro la terna prefettizia per una lampadina che non si accende la sera, ad
alzare la voce, anche nel corso di turbolenti sedute pubbliche, contro i
commissari accusati delle più svariate manchevolezze, ma le rende miopi e sorde
di fronte ad un efferato gesto delinquenziale. E poi c’è la Chiesa, il cui
ruolo morale e sociale ha un peso enorme nelle comunità in cui essa stessa
diventa punto di incontro e ritrovo tra i fedeli. Dovere di cronaca ci spinge a
sottolineare che anche i suoi rappresentanti locali stanno perpetuando
quell’atteggiamento di indifferenza già visto in altre tristi circostanze. Con
una eccezione, però. Quando l’ex sindaco Salvatore Reggio fu fatto oggetto di
un atto intimidario presso la cappella di famiglia al cimitero, don Francesco
Vardè organizzò una manifestazione di solidarietà per la famiglia Reggio. Ora,
invece, c’è bisogno che si levi un collettivo grido di indignazione contro la
criminalità organizzata, e che la solidarietà sia rivolta a tutti i cittadini
perbene. C’è bisogno che le forze civiche, politiche e religiose del paese si
oppongano contro chi sta uccidendo la speranza di crescita civile ed economica
del paese. E’ comprensibile che sia più facile alzare i toni contro le persone
perbene, ma non si può sempre girare la testa dall’altra parte.
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