sabato 23 dicembre 2017

Allarme criminalità: il silenzio e l'indifferenza di politica locale, associazionismo e Chiesa.



Nicotera. Ancora una volta la cittadina costiera deve fare i conti con l’arroganza del potere criminale. Un potere che ha agito nel cuore del centro storico ponendo in atto un attentato bellico, domenica notte, di natura presumibilmente intimidatoria. Un gesto delinquenziale che aumenta quel senso di desolazione e scoramento che attanaglia i tanti cittadini perbene che continuano a sperare che il paese possa finalmente cambiare. Purtroppo, tutto sembra come un film già visto. Abbiamo già sottolineato sulle pagine di questo giornale l’inefficacia delle misure preventive messe a punto dallo Stato: Nicotera, snodo strategico appetibile nelle logiche della criminalità organizzata, non ha finora ricevuto le attenzioni che meritava. A fare da contraltare a una certa negligenza istituzionale c’è l’atteggiamento della politica cittadina, del mondo dell’associzionismo, ma anche della Chiesa. Come in una sorta di “deja vu”, la città sembra rivivere i vergognosi giorni che seguirono l’atterraggio dell’elicottero sulla marmorea rosa dei venti, in viale Castello, quasi un anno e mezzo fa, quando tutti gli attori protagonisti di politica, associazioni e mondo ecclesiase si chiusero in un ostinato silenzio, senza mostrare segni di sconcerto, rabbia o indignazione. Senza mostrare, insomma, alcun segno di vitalismo civico. Un atteggiamento che fatalmente si sta ripetendo adesso. Da parte degli esponenti della politica cittadina non arrivano parole di condanna per quanto accaduto. A ben vedere, le loro esternazioni, in genere, proliferano su qualsi ìvoglia,  fuorchè su ciò che puzza di mafia. Vergano note e postille, ma solo dopo che la tormenta è passata e su argomenti che nulla hanno a che fare con il dramma vero di Nicotera. In momenti difficili come questo i rappresentanti locali dei più importanti partiti politici nazionali non trovano le parole per dissociarsi, farsi portavoce dello scoramento generale, chiedere maggiori controlli per il territorio. Diventano semplicemente trasparenti. Così come anche d’aria si fanno le associazioni locali: un senso civico schizoide le spinge a scagliarsi contro la terna prefettizia per una lampadina che non si accende la sera, ad alzare la voce, anche nel corso di turbolenti sedute pubbliche, contro i commissari accusati delle più svariate manchevolezze, ma le rende miopi e sorde di fronte ad un efferato gesto delinquenziale. E poi c’è la Chiesa, il cui ruolo morale e sociale ha un peso enorme nelle comunità in cui essa stessa diventa punto di incontro e ritrovo tra i fedeli. Dovere di cronaca ci spinge a sottolineare che anche i suoi rappresentanti locali stanno perpetuando quell’atteggiamento di indifferenza già visto in altre tristi circostanze. Con una eccezione, però. Quando l’ex sindaco Salvatore Reggio fu fatto oggetto di un atto intimidario presso la cappella di famiglia al cimitero, don Francesco Vardè organizzò una manifestazione di solidarietà per la famiglia Reggio. Ora, invece, c’è bisogno che si levi un collettivo grido di indignazione contro la criminalità organizzata, e che la solidarietà sia rivolta a tutti i cittadini perbene. C’è bisogno che le forze civiche, politiche e religiose del paese si oppongano contro chi sta uccidendo la speranza di crescita civile ed economica del paese. E’ comprensibile che sia più facile alzare i toni contro le persone perbene, ma non si può sempre girare la testa dall’altra parte.

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