domenica 29 giugno 2014

Acqua: il mistero di via Filippella.



Nicotera. Trivellazione pozzi: 26.000 mila euro. 
Ditta esecutrice dei lavori Idropalm, di Reggio Calabria. 
Controllo potabilità dell’acqua immessa in rete: 20.120 euro (503 euro per ogni singola analisi), appalto affidato alla ditta Ecocontrol di Caraffa di Catanzaro. Questi sono i soldi, pubblici, che il Comune si appresta a spendere per migliorare, in teoria, l’erogazione del servizio idrico. Eppure, come già  denunciato dalle pagine di questo giornale qualche giorno fa, una vasta era di Nicotera rimane a secco, privata dell’acqua. Il comitato spontaneo, nato a seguito della grave situazione emergenziale, si sta apprestando a raccogliere le firme: una petizione da sottoporre al prefetto, dato che finora, da parte del Comune, non si è riusciti a cavare un ragno dal buco. I cittadini che si recano al municipio a chiedere ragguagli in merito al disservizio, non hanno finora ottenuto risposte chiare ed esaustive. Né al Quotidiano, che ha puntato i riflettori sulla grave criticità, gli amministratori hanno ritenuto dover fornire delucidazioni. Anzi, hanno alzato un muro di silenzio. Ragion per cui non possiamo comunicare ai lettori come essi intendano fronteggiare un problema che riguarda un notevole numero di famiglie, con bimbi piccoli, persone anziani e disabili. Da quanto è dato sapere, la rappresentanza cittadina rivoltasi all’amministrazione per protestare e per capire cosa si cela dietro il mistero delle carenza idrica, si è già rivolta ai carabinieri, dopo che per giorni si è recata inutilmente in municipio per interagire con il sindaco. A palazzo Convento non hanno trovato nessuno. Tutti assenti. Hanno bussato persino alla porta di casa del primo cittadino, senza nessuno aprisse. Un incontro tra gli amministratori e la rappresentanza, alla fine, però, sembra ci sia stato, ma non è dato sapere quali motivazioni essi abbiano fornito ai residenti di via Filippella.
Intanto, anche gli occhi dei carabinieri sono puntati sul grave disservizio e sulle sue oscure cause. Oscure perché non si è mai davvero capito che fine faccia l’acqua che dovrebbe servire una vasta area cittadina. Un dato però, nel clima di silenzio, timidamente emerge: sembrerebbe che tale quartiere consumi un numero esponenziale di acqua in una giornata, quasi quanto la città di Vibo Valentia. Ora, parafrasando il grande Antonio Lubrano, “una domanda sorge spontanea”: se via Filippella consuma fiumi di acqua in un solo giorno, ma, di fatto, i rubinetti dei cittadini, sono a secco, come si spiega l’incredibile fenomeno. 
Intanto il comitato procede la sua lotta, senza se e senza ma. La lotta, ribadiscono, è per una giusta causa, un diritto basilare, anche in virtù delle salatissime bollette pagate dai contribuenti. La cosa che desta perplessità è che il territorio nicoterese è ricchissimo di acqua: la Sorical addirittura la preleva per servire altri comuni, e poi la vende al comune di Nicotera, che acquista l’acqua del suo stesso territorio a 1,30 euro al metro cubo, senza che la Sorical paghi almeno una royalties. A questo strano dato si associa il disservizio estivo della carenza idrica. Misteri nicoteresi.



giovedì 26 giugno 2014

Via Filippella: cittadini lasciati senz'acqua.



Nicotera. Grandi disagi per gli abitanti del popoloso quartiere Filippella. Con l’arrivo delle alte temperature si ripresenta l’annoso problema idrico. Fin dalle primissime ore del pomeriggio, i rubinetti rimangono a secco; la criticità si protrae fino a tarda notte, quando l’acqua ricompare con boati sotterranei, dovuti alla presenza di aria nei tubi, il cui gettito è capace di danneggiare rubinetti e lavatrici.
Ligi nell’onorare il dovere con il fisco, i cittadini pagano le salatissime bollette dell’acqua che giungono puntuali dal Comune, e, com’è comprensibile, la rabbia monta nel constatare che alla solerzia nel far recapitare nelle case dei cittadini l’esosa tassa, non corrisponda, da parte del Comune, la stessa solerzia nel garantire un servizio essenziale. Anzi. Centinaia di famiglie vengono lasciate senza approvvigionamento idrico, senza preavviso e senza una sensata motivazione. I disagi, come si può immaginare, sono notevoli. Le persone che rincasano dopo una giornata di lavoro, devono recarsi a fare una doccia da familiari che vivono in qualche altra area di Nicotera, dove il problema non si presenta. Disagi per chi ha bambini piccoli, per disabili e persone anziane, e comunque, per tutti, indistintamente, la carenza idrica è una criticità con la quale è difficilissimo convivere.
Ai cittadini che si recano al comune per denunciare il grave disservizio viene rivolto un invito sconcertante, e cioè quello di rivolgersi al dipendente comunale addetto al servizio idrico, come se l’amministrazione fosse un’entità astrusa avulsa da ogni responsabilità.
Oppure si tendono a fornire motivazioni ritenute poco credibili dai residenti: il serbatoio che serve la zona, allocato in via Madonna della Scala, si svuota a causa del gran caldo e per l’aumento demografico. Ma, di turisti se ne vedono ben pochi, e poi perché il fenomeno dovrebbe riguardare solo via Filippella?
Poco persuasi e molto arrabbiati, i cittadini hanno così deciso di ribellarsi a questo stato di cose. Si è così costituito un comitato spontaneo. La prima cosa da fare è raccogliere le firme: la petizione sarà poi sottoposta all’attenzione del Prefetto, al quale si chiederà di intercedere nella risoluzione del problema, e di capire una volta per tutte che fine fa l’acqua che dovrebbe servire via Filippella.
Fin dall’inizio del suo insediamento, l’amministrazione si è prefissa di rimodernare il sistema dell’approvvigionamento idrico del territorio. A più riprese si è annunciata la trivellazione di due pozzi. Da quanto si è potuto apprendere dall’albo pretorio comunale, i lavori sarebbero stati affidati a una ditta reggina. Costo totale degli interventi: 26 mila euro. Le zone interessate alla nascita dei due pozzi artesiani sono località Britto e località Pugliesa. Inoltre, come ha sempre tenuto a sottolineare l’assessore all’ambiente Marasco, ciò consentirebbe al comune di sganciarsi dalla Sorical, anche perché il nostro territorio è pieno d’acqua.
Ma per il momento, grande è il disappunto e lo scoramento di chi viene privato di un servizio basilare, senza una motivazione credibile. «Roba da terzo mondo», obiettano avviliti i cittadini, scuotendo la testa, e, scacciando l’atavica rassegnazione, preparano due righe, asciutte, essenziali ed esplicative da indirizzare al rappresentante territoriale del governo, corredate da un florilegio di firme, di nomi di persone stanche di sopportare in silenzio i soliti disservizi.

lunedì 23 giugno 2014

Torre Parnaso a rischio crollo.



Nicotera. La torre di Parnaso è in pericolo. Negli ultimi giorni sono stati registrati dei cedimenti strutturali della facciata esterna. La torre, definita impropriamente di Joppolo, ricade in realtà nel territorio di Nicotera, e su di essa già in passato sono stati lanciati sporadicamente degli allarmi in merito al deterioramento che ne attenta la struttura.
Da quanto è dato sapere, non si è mai provveduto a mettere in sicurezza uno dei più antichi avamposti di monitoraggio dei mari dell’intero territorio. Adesso il peso dei secoli comincia a farsi sentire, specie nella facciata sud, lato Nicotera. Nell’indifferenza generale, rovina al suolo un baluardo che racconta la storia di un popolo, delle sue strategie di difesa dalle temibili incursioni saracene.
La torre di Parnaso è stata edificata nel XIV secolo. Il materiale usato per la sua costruzione è pietra granitica locale. Strutturalmente più spesso nella parte rivolta verso il mare (per resistere ai colpi di artiglieria che giungevano dai navigli nemici), il presidio militare conserva ancora all’interno un enorme focolare e una canna fumaria, che serviva per lanciare segnali di fumo, mentre di notte in cima ardevano le torce.
Siamo in un’epoca drammatica per la storia del territorio. Da Sud, via mare, giungevano navi cariche di predatori saraceni, capaci di mettere a ferro e fuoco le città, seminare orrore e spavento, saccheggiando e devastando ogni cosa. La costruzioni di queste torri (sulle coste ce n’erano tante, alcune hanno sopportato le ingiurie del tempo) servivano per avvistare le navi dei corsari arabi, e per concertare tempestivamente strategie di difesa. Oltre alla torre di Parnaso ve ne era un’altra, simile, in località Santa Maria dell’Agnone, nei pressi dell’odierna stazione ferroviaria nicoterese. Ma di quest’ultima non c’è più traccia. Non è un caso se le due torri siano state edificate in quelle aree. Il perché lo spiega Silvana Iannelli, funzionaria della Sovrintendenza dei Beni Culturali di Reggio Calabria.
«Si tratta di punti di avvistamento di particolare importanza per la difesa del territorio- precisa- esse (Parnaso e Santa Maria dell’Agnone) sono state poste su quei costoni rocciosi perché più vicini alle Eolie rispetto ad altri. E ciò garantiva non solo la difesa ma anche un più facile scambio commerciale con le Eolie».
«Inoltre- ha argomentato ancora la Iannelli- negli anni ’70 sono stati effettuati degli scavi che hanno provato l’esistenza, in quell’area, in età paleolitica, di agglomerati umani, nonchè di rapporti commerciali che già all’epoca gli abitanti intrattenevano con i dirimpettai isolani. Infatti- svela la funzionaria- sono stati trovati dei suppellettili in pietra ossidiana, vetro vulcanico che è tipico delle isole prospicienti». In merito ai rischi di crollo, Silvana Iannelli ha palesato vivo rammarico ma, ha precisato, «la torre Parnaso e l’eventuale restaurazione, sono di competenza della Sovrintendenza dei Beni architettonici e paesaggistici delle provincie di Reggio Calabria e di Vibo Valentia. Ciò che io posso fare- ha promesso la funzionaria- è segnalare il pericolo cui è esposta la struttura alla Sovrintendenza di riferimento».
Intanto, come auspicato da più parti, sarebbe necessario che anche il comune di Nicotera si desse da fare affinchè non si perda un importante baluardo storico-culturale. Perché Nicotera, si sa, è la città della cultura.

venerdì 20 giugno 2014

Museo diocesano. Un giacimento culturale inutilizzato.



Nicotera. Oltre 45 sale espositive, suddivise in sei sezioni: marmi; argenti; paramenti sacri; mobili; statue; manoscritti. Stiamo parlando del museo diocesano d’Arte Sacra di Nicotera, uno dei più ricchi di reperti dell’intera regione, sito nel trecentesco palazzo vescovile. Esso ha, inoltre, un’area etnografica; una biblioteca che comprende almeno 12 mila volumi dal 1500 in poi; un’area dedicata alla numismatica che espone 1400 monete, dal VI secolo a. C.; la preziosissima pinacoteca, che conserva 135 tra quadri e disegni, tra i più noti autori di arte religiosa: Caivano, Ricciolino, Rubino, Girolamo Imparato, Domenico Russo; l’archivio storico vescovile, che annovera matrimoni, nascite e morti del territorio nicoterese, a partire dal 1500.
Insomma, un portentoso patrimonio artistico e culturale, dal valore inestimabile.
Nato nel 1975, il museo ormai da qualche tempo è al centro di una serie di polemiche. Infatti, benchè esso sia inserito nel paragrafo Luoghi della cultura nel sito del Ministero dei beni e delle attività culturali, sembrerebbe che non sia pienamente fruibile da parte del pubblico. Il sabato, la domenica e i festivi, giorni di maggior afflusso di turisti nella cittadina costiera, rimane chiuso; mentre, nei giorni infrasettimanali, è lo stesso personale che, pur non avendo i titoli necessari per espletare questo genere di incombenza, si offre di guidare i gruppi di visitatori o eventuali le scolaresche.
Il 12 giugno dello scorso anno è stata firmata una convenzione tra la Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea e l’ente Provincia. In tale convenzione sono disciplinati i rapporti tra le parti, per potenziare e razionalizzare al meglio la fruizione del patrimonio museale.
Inoltre, l’articolo 5 di detta convenzione precisa che «spetta alla Diocesi il diritto di nominare un direttore responsabile di fiducia che potrà avvalersi come supporto di associazioni di valorizzazione culturale e turistica», e l’articolo 9 stabilisce che «i rappresentanti dei due enti sostenitori, di comune accordo, stante l’impegno profuso nel corso degli anni con passione e dedizione da parte del signor Natale Pagano stabiliscono di conferire allo stesso la nomina di direttore onorario del museo di arte sacra».
In pratica, non è chiaro, nel testo in oggetto, se il direttore onorario sia altra figura rispetto a quel direttore responsabile di fiducia che la Diocesi si riserva di nominare, e che può avvalersi del contributo di associazioni. Ma senza disquisire troppo sull’ambiguità del testo, è più opportuno soffermarsi su un dato di fatto, e cioè che il museo d’arte sacra è un patrimonio della Chiesa e dell’intera collettività e che ha assoluta necessità di essere inserito nel circuito di quel turismo culturale che sembra prendere piede sempre più velocemente in Italia. E’ necessario, soprattutto, che venga smantellato quell’arcaico modello di museo, secondo il quale esso altro non è che una mera esposizione di reperti. In teoria, ma soprattutto in pratica, dovrebbe attenersi allo  statuto dell’International Council of Museums, secondo il quale esso è «un'istituzione al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto». Dovrebbe avere, dunque, un carattere dinamico, attivo, volto ad indottrinare i cittadini sulle origini del loro territorio, a raccontare la storia della loro città, a promuovere eventi culturali.
Il fatto che attragga dei turisti è un inequivocabile valore aggiunto per la città, ma esso ha, principalmente, un valore pedagogico, a completo beneficio di una società che deve di riappropriarsi del proprio senso di identità.
Ma sembra che qualcuno abbia già intuito tutto ciò. Infatti alcuni cittadini si sarebbero recati dal vescovo della diocesi Nicotera-Tropea-Mileto, mons. Luigi Renzo, per sottoporre alla sua attenzione la necessità di rendere il museo più “aperto” al pubblico.




giovedì 12 giugno 2014

La "Preicciola" : una discarica a cielo aperto.





Nicotera. Spesso, dalle pagine di questo giornale, abbiamo denunciato la generalizzata mancanza di etica ambientale che, in modo trasversale, colpisce amministratori e cittadini comuni, e i cui effetti si vedono nelle spiagge, nei letti delle fiumane, nelle aree verdi, persino nei pressi dei centri abitati.
Lastre di eternit, elettrodomestici, ingombranti: davvero di tutto abbiamo fotografato e sottoposto all’attenzione del lettore. Adesso, ancora una volta, dovere di cronaca ci impone di presentarvi un’altra area di interesse turistico e paesaggistico colpita dal degrado, e che d’ora in poi entrerà di diritto nella lunga lista dei paradisi naturalistici ridotti a discariche a cielo aperto. Si tratta della bellissima scogliera Provenzano di Nicotera Marina, denominata dai residenti “punta Preicciola”, e che, purtroppo, dell’antico e suggestivo fascino, non ha più nulla. Quello che era il rifugio degli innamorati, ora è un vero e proprio immondezzaio impraticabile, oltre che pericoloso per salute stessa di chi si avventuri da queste parti. Presso la Preicciola infatti, abbiamo trovato, grazie alle segnalazione degli attenti giovani del Comitato pro Marina, ogni sorta di elettrodomestico, ormai roso dalla ruggine, tronchi d’alberi, rifiuti di tutti i tipi, ma, soprattutto, carcasse di animali, sui quali banchettano stuoli di voraci mosche. Ciò che le foto che vi mostriamo non possono raccontare è l’insopportabile miasma che si espande per ogni dove. Ci scusiamo con i lettori per la crudezza con la quale descriviamo lo stato delle cose, ma tale è la realtà dei fatti.
La scogliera Provenzano, per la sua bellezza selvaggia, è inserita negli itinerari delle guide turistiche. D’estate pedalò o barche cariche di turisti o semplici residenti si avventurano da queste parti a visitarne le insenature, o a fare il bagno in una di quelle lagune naturali create dalle pietre.
«Tutto questo ora è solo un bel ricordo- hanno dichiarato i ragazzi del Comitato pro Marina- la scogliera è adesso una discarica da cui è bene stare alla larga, perché è anche alto il rischio di contrarre infezioni». I giovani del Comitato non ci stanno a vedere le risorse del proprio territorio divorate da un’incuria senza precedenti. Per questo hanno deciso di attrezzarsi, nei limiti del possibile, per tentare di ripulirla. «Ma da soli non possiamo farcela- hanno puntualizzato- anche se faremo del nostro meglio. Auspichiamo che l’amministrazione faccia la sua parte: non può stare a guardare, senza muovere un dito, che le nostre bellezze naturalistiche siano sommerse dalla spazzatura. Soprattutto- incalzano i ragazzi- dove sono i consiglieri di Marina (Demasi e Cavallaro)? Dov’è il sindaco, anch’egli originario di Marina? Perché non si fanno sentire? Come si può parlare ancora di turismo, in queste condizioni?»
Per i giovani militanti del Comitato, rimane inspiegabile il silenzio degli amministratori, in specie quelli che vivono nella frazione e ne possono contemplare ogni santo giorno le criticità che l’attanagliano.
Dopo aver ridipinto il muretto del lungo mare, i ragazzi, come soldati in trincea, sono adesso pronti a lanciarsi in una nuova impresa, mossi dall’etica ambientale e dall’amore del loro paese. Chissà se ancora stavolta saranno lasciati soli.