Nicotera.
Nicotera
Marina, una cittadina che ha bisogno di resuscitare da uno stato di letargia
che dura da troppo tempo. Il mare,
inesauribile risorsa, è il simbolo stesso della frazione, ma essa ha molti
altri aspetti che meritano di essere rivalutati, sommersi come sono da una
coltre di indifferenza e non curanza. A fare il punto della situazione sono due
cittadini di Nicotera Marina, Tony Capua e Arturo Lavorato, che amano il paese
in cui affondano le loro origini. La loro disamina parte dal mare.
Mare
«Quest’estate-
esordiscono gli estensori del documento- il nostro mare non era funestato dalle
consuete chiazze melmose, che da oltre vent’anni, con triste puntualità, ne
sfregiavano il bel volto».
«Tutti abbiamo preso
quindi a domandarci: cosa è accaduto? Forse sono cambiate le correnti? Forse un
miracolo? O molto più banalmente si è voluto fare quello che negli anni scorsi non si è mai fatto? E cioè far
funzionare le cose così come si sarebbe dovuto e si dovrebbe sempre fare?»
«I fatti dicono che, a
parte un paio di episodi, le chiazze non si sono viste. I fatti dicono ancora,
e non è un particolare di poco conto, che tutte le mattine presto, a differenza
degli anni scorsi, il camion dell’impresa “Eurofer”, che ha in appalto i lavori
di gestione e manutenzione delle pompe di sollevamento della condotta fognaria
che conduce i reflui alla IAM, transitava dal lungomare in direzione degli
impianti».
«I fatti dicono che la
foce del Fiume Mesima non è stata sbarrata, come erroneamente si crede, ma è stata
creata, come ogni anno, un’ansa a mo’ di bacino, al fine di rallentare il
decorso delle acque. Il fiume ha quindi continuato a defluire quasi
normalmente, fatto dal quale si può desumere che si sia trattato di lavori
pressoché inutili e costosi. È scontato commentare come, anziché far pagare
ogni anno ai cittadini delle soluzioni tampone e di scarsa valenza,
bisognerebbe che le autorità competenti costringessero i paesi che riversano
illegalmente i loro reflui non depurati a dotarsi di impianti di depurazione
regolarmente funzionanti».
«A questo punto ci si
deve anche domandare: ma allora, che fine hanno fatto le cosiddette
“mucillagini” o “proliferazioni algali” che Arpacal, Capitaneria di porto, amministrazione
comunale, insomma tutte le istituzioni preposte, hanno in passato asserito
essere responsabili delle famigerate chiazze melmose? E dunque, questa domanda,
è doveroso farla alle istituzioni che hanno sostenuto le suddette tesi di
comodo, come è giusto pretendere delle risposte che, una volte per tutte,
facciano giustizia dello scempio subito dal mare e da tutti noi. Se continuerà
il persistere delle nebbie e delle incertezze, non arriveremo mai a soluzioni
strutturali e durature».
Sterili
annunci
«Qualche mese fa, in
uno dei sui annunci giornalistici al popolo, il nostro sindaco Franco Pagano
affermava di avere in porto progetti che a breve avrebbero cambiato il volto
della città. A dire il vero qui in Marina questa cosa non s’intravede neanche
all’orizzonte. Al contrario: si addensano nubi scure che minacciano di far
piovere sulle nostre teste progetti, o progettini, tipo quello della cabina
dell’Enel nel cuore vivo del paese, autorizzati e avallati unanimemente
dall’amministrazione comunale con il voto complice e vergognoso degli stessi
marinoti. Forse si pensa di far passare assurdità del genere in ragione di una
presunta rendita di consenso da parte dei cittadini marinoti, per il sol fatto
di essere riusciti a mettere una toppa agli storici disastri del mare, o per
aver sistemato la piazza della nostra chiesa?»
Tesoro
inespresso
«Esiste un progetto per
valorizzare l’inespresso tesoro di risorse che la natura ha generosamente
donato al nostro paese? Esiste una concezione unitaria e articolata della
valorizzazione, turistica e non solo, della località nel suo complesso,
dall’antico borgo alla pineta, dalla cava alla scogliera: cultura e natura,
campagna e mare? (La famosa dieta mediterranea dovrebbe iniziare ad essere una
pratica piuttosto che un abusato e ormai sgualcito slogan)».
Degrado
«Esempi eloquenti: la
“Gnuni”e la “Preicciola”, antichi e suggestivi percorsi, periodicamente
ripuliti alla meno peggio, ma privi di qualunque manutenzione. Si sarebbe
potuto fare molto. Nella semplicità è la chiave. Valorizzare quello che c’è,
metterci il meno possibile del proprio, perché il rischio di rovinare il patrimonio
è quasi una certezza. E questo principio varrebbe, a nostro avviso, anche in
vista dell’approvazione del piano spiaggia».
«Cambiare in meglio le
cose è solo questione di volontà da parte di tutti, amministratori e cittadini,
bisogna voler bene a noi stessi e al nostro paese, aver voglia di vivere e
capire che le piazze, le strade e tutti gli ambienti comuni son luoghi di vita
al pari dei salotti domestici. Il bello si conquista e conquista. Il brutto
dilaga e c’invade dentro, nutrendo malesseri e infelicità».
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