venerdì 10 marzo 2017

Dissesto idrogeologico: siamo all'anno zero.



Nicotera. In tema di dissesto idrogeologico il territorio nicoterese continua a detenere la maglia nera. E ciò non solo per la particolarità geologica che lo caratterizza, ma anche perché non sono mai finora stati posti in essere degli interventi volti a contenere i danni derivanti dalle piogge dal carattere tropicale. Le uniche iniziative messe in campo sono quelle derivanti dal risistemare l’area dissestata a danno avvenuto. Non esistono dunque al momento delle efficaci strategie di prevenzione, anzi su questo livello siamo all’anno zero.
Come già ampiamente sottolineato sulle pagine di questo giornale, le aree a rischio dissesto a Nicotera sono molteplici. Tra i tanti fossi di cui è lastricato uno di quelli che genera maggiori preoccupazioni è il San Giovanni. Gli interventi su di esso sono in genere limitati alla pulizia del suo letto da detriti e vegetazione selvaggia, quasi sempre attuati in seguito alle note di allerta inviate dalla Prefettura. Ben poca cosa. E lo dimostra il fatto che le acque alluvionali spesso e volentieri invadono le campagne circostanti rovinando i raccolti e minacciando i centri abitati. Ma il San Giovanni non è il solo pericolo del territorio: ve ne sono altri, alcuni nelle frazioni.
In effetti, lo stato idrogeologico del territorio nicoterese non può certo definirsi ottimale, anzi, le precipitazioni torrenziali, creano, ogni volta, non pochi disagi. La cronaca puntualmente informa di smottamenti e frane. Quello nicoterese è di per sé un territorio altamente esposto ad eventi franosi e ciò non soltanto per la tipologia argillosa del terreno: la sua posizione scoscesa, adagiata su una collina quasi a strapiombo sul mare, facilita gli scollamenti di terreno imbevuto di acqua. Inoltre, esso è caratterizzato da un reticolo di piccole e grandi fiumane che rendono sempre più instabile la tenuta dei versanti. Gli stati di massima allerta scaturiscono dalla consapevolezza della fatiscenza di un territorio sul quale gli interventi di prevenzione sono inesistenti .
E a proposito di prevenzione, c’è un dato che merita una riflessione: in Calabria non si contano gli enti preposti alla difesa del territorio. Le Comunità montane, i Consorzi di Bonifica, l’Afor, l’Arrsa, l’Arpacal e tutti gli altri enti territoriali (i comuni e le provincie). Tutti, a vario titolo, preposti alla cura del territorio.
Come abbiamo appena sottolineato il territorio nicoterese è caratterizzato da un vero e proprio reticolo di fiumane e torrenti, fossi e canaloni naturali. Ce ne sono un’infinità, e continuano, lentamente e inesorabilmente, ad erodere il terreno.
In questo mare magnum di potenziali pericoli per cose e persone, vi sono alcune aree che meriterebbero un maggiore monitoraggio. Zone assai critiche, delle quali questo giornale si è sempre occupato: risale infatti a due anni fa, la scoperta, da parte del Quotidiano di un canalone, in località Agnone, che potremmo definire semi-naturale (in quanto si è formato da un preesistente canale di scolo della ferrovia, costruito durante gli anni Venti), e che la tenacia e la forza delle acque hanno trasformato in una vera e propria voragine che nei giorni di pioggia riversa ai piedi della collina, e a due passi del centro abitato, nella sottostante Marina, fango e detriti di ogni genere. Per tale criticità, lo scorso gennaio, l’assessorato ai Lavori Pubblici della giunta Pagano aveva approntato e presentato alla Regione un progetto per la messa in sicurezza di località Agnone. Costo degli interventi 980 mila euro. Ma di tale progetto nulla più si sa.
Altro punto critico è da individuare al di sotto della strada che lambisce il versante che da Nicotera Superiore conduce a Nicotera Marina. Qui, lo scorso giugno, un canalone naturale, creatasi al di sotto della strada, ha eroso la tenuta della carreggiata che è stata letteralmente inghiottita dalla voragine. Tragedia sfiorata, dunque, in un tratto di strada minacciata da fiumane sottostanti. La grave criticità è stata, anche in questo caso, scaturita dalla mancata manutenzione dei vari reticoli di acqua che segnano l’area. Quando ancora le campagne erano coltivate, la saggezza dei contadini faceva sì che queste acque venissero regimentate, nel rispetto dei loro percorsi naturali, creando una rete di solchi che si collegavano poi ad un canale maestro che raccoglieva le acque piovane poi utilizzate per irrigare i campi.
L’incuria e il mancato monitoraggio del territorio hanno contribuito a generare uno sfacelo sempre più evidente. Urge, prima di ogni cosa, una mappatura delle zone a rischio, ma anche il rispetto delle regole e della natura del territorio, particolari questi, non secondari, che solo il Psc può raccontare.

Nessun commento:

Posta un commento