Era il 2 febbraio scorso quando la Guardia di Finanza sequestrava beni
mobili e immobili, per un valore complessivo di oltre tre milioni di euro, a
tre persone responsabili della Confeuro, una grande un’associazione sindacale
operante nella provincia di Vibo Valentia. I tre soggetti in questione sono il
49enne Eugenio Lo Faro e la moglie Maria Rosa Camillò, entrambi di Soriano,
titolari inoltre del patronato "Labor" con sede a Vibo, Pizzoni e
Soriano, e di Francesco Rosario Lo Faro. Appartamenti, case al mare,
autovetture, conti correnti bancari e postali, depositi e risparmio, polizze
assicurative, fondi pensioni e conti deposito titolo. Questa la fortuna
accumulata dagli indagati a cui il Gip del tribunale di Vibo Valentia, su
richiesta della Procura della Repubblica, aveva disposto una misura cautelare
patrimoniale, ovvero il sequestro di tali beni. Per capire in che modo gli
indagati hanno potuto far lievitare quanto illecitamente prelevato, basti
pensare che il Lo Faro era l’unico soggetto delegato ad operare nei rapporti
bancari e postali intestati all’associazione, mentre la Camillò e Lo Faro
Francesco erano componenti della presidenza territoriale, vale a dire l’organo
preposto alla redazione dei consuntivi. Stando alle accuse mosse nei loro confronti,
prelevavano arbitrariamente il denaro dell’associazione. I soldi, dal conto
corrente intestato alla Confeuro, venivano depositati nei loro conti correnti
privati. Il denaro riscosso, dunque, non era impiegato per il perseguimento
delle attività statuarie, ma, attraverso una serie di operazioni bancarie,
veniva distratto e depositato su conti correnti bancari riconducibili agli
indagati e utilizzato per fini personali. Le risultanze delle indagini,
coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica, Benedetta Callea, hanno
portato il giudice del Tribunale di Vibo ad indagare i responsabili per
appropriazione indebita aggravata e autoreciclaggio.
La notizia di oggi è che Eugenio Lo Faro, come precisato, presidente e
rappresentante legale della Confeuro, è stato raggiunto da un’ordinanza
applicativa di misura cautelare interdittiva spiccata dal Giudice per le
indagini preliminari Graziamaria Monaco su richiesta del P.M. In pratica, il Lo
Faro non potrà esercitare l’attività imprenditoriale, per un periodo di dodici
mesi. La misura restrittiva applicata
dal Gip è finalizzata alla salvaguardia dell’integrità dell’ingente patrimonio
a disposizione dell’associazione. Un provvedimento che è il frutto del
prosieguo di un’inchiesta che ha permesso agli inquirenti di mettere in luce
l’attività criminosa di un’organizzazione sindacale dedita alla distrazione dei
proventi per uso personale e per il mantenimento di uno stile di vita
tutt’altro che frugale.
Un immenso giro di soldi che continuava a generare altro denaro e altre
attività illecite. Ad esempio, i ricavi e i profitti delle vendite dei titoli
venivano utilizzati, secondo il Gip, in
nuove operazioni di compravendita immobiliare.
Ma ora, per la coppia sorianese, è arrivato il momento di un lungo
periodo di fermo. L’interdizione di continuare ad esercitare le febbrili
attività imprenditoriali è il secondo, e forse non ultimo, step degli esiti
dell’intenso lavoro del PM e della Guardia di Finanza. Un’indagine, insomma,
che promette nuovi sviluppi.
Nella foto: il sostituto procuratore Benedetta Callea.
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