Nicotera.
Il
Comitato che si oppone all’impianto della centralina Enel ha adesso uno
statuto. Continua la raccolta di adesioni, gli stessi scritti hanno eletto
quattro rappresentanti i quali dovranno farsi portavoce, presso
l’amministrazione Pagano, delle istanze del civico sodalizio. Questi i quattro
nominativi: Toni Capua, Nicola La Valle, Diego Corigliano e Antonio D’Agostino.
Ad essi il compito di richiedere, nel prossimi giorni, al sindaco Franco Pagano
di formare un tavolo tecnico, per discutere proprio dei dettagli inerenti la
cabina, e anche per avere delle delucidazioni in merito a una serie di dati
emersi dalla visione dei documenti ottenuti dopo l’accesso agli atti in merito
all’opera tecnologica.
Dai documenti reperiti
si è potuto innanzitutto apprendere che la centralina non ha un titolo
autorizzativo idoneo alla realizzazione.
Ad argomentare i
“retroscena” tecnici e burocratici della discussa opera è l’ingegnere Antonio
D’agostino. «Vi è una semplice autorizzazione, un documento che esula da quella
che è la normativa attuale. Hanno, in buona sostanza, utilizzato una
autorizzazione sulla base di una normativa molto vecchia, che risale a una
legge del 1997 e ad una circolare del Consiglio Superiore dei LL.PP del 1986». Ma
non è solo questo il punto: ve ne sono molti altri. Ecco una breve cronistoria
della centralina, che dovrebbe sorgere nella piazza del paese: se ne riprende a
parlare, dopo aver tenuto nel cassetto per diversi anni la pratica, nel marzo
del 2014, con una delibera di giunta, nella quale si parla espressamente di
“locazione”, cioè il Comune si impegnava a fittare lo spazio alla
multinazionale dell’energia elettrica. Ma nello spazio di pochi mesi le cose
sono cambiate. Infatti, nel luglio dello stesso anno la giunta Pagano approva
una nuova delibera nella quale, di fatto, vende all’Enel, per la cifra di mille
euro, i 71 metri quadri, all’interno della piazza, che serviranno alla
multinazionale dell’elettricità per posizionare il proprio impianto. Un’area
piuttosto considerevole: la sua estensione equivale a un quarto del territorio
della piazza cittadina e corrisponde alla grandezza di un appartamento.
«La piazza cittadina è
un bene comune- ha chiarito l’ingegnere D’Agostino- e un bene comune che appartiene
a tutti: il Comune-ha aggiunto- non può svenderlo. Un bene comune ha comunque
un valore che va oltre quello monetario, per la sua valenza sociale». Il suo
valore, per l’ingegnere, è inestimabile, perché la piazza è il luogo pulsante
di un paese. Ma, nelle intenzioni dell’amministrazione, «questo bene collettivo
è pronto per essere venduto, a un prezzo irrisorio».
«Ciò che ci conforta e
ci induce a continuare la nostra lotta- ha precisato ancora l’ingegnere- è che
la vendita non è ancora avvenuta: dall’esame della documentazione visionata,
infatti, abbiamo accertato che non esiste un atto di trasferimento del suolo
della piazza all’Enel così come non esiste una perizia di stima del suolo
redatta dal responsabile dell’ufficio tecnico». Il comitato ritiene quindi di
essere ancora in tempo per fermare la svendita della piazza cittadina. Intanto
la richiesta del tavolo tecnico è una priorità assoluta. Anche perché il civico
sodalizio non ha potuto prendere atto di quanto prevede il Psc nell’elaborato contenente l’ubicazione
reti tecnologiche. Il corposo documento è “secretato”.
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