Nicotera.
Il
cimitero è il luogo della ricordanza. Il luogo dove i ricordi e le persone
scomparse, così come aveva verseggiato Ugo Foscolo nei suoi immortali
“Sepolcri”, vivranno per sempre grazie alle memoria. A volte però ignoriamo che
i nostri cimiteri conservano tombe senza un nome e senza un fiore: custodi
anonimi di chi è passato da questa vita come un soffio, senza il conforto del
ricordo dei vivi. Come tutti quei morti senza croce sepolti nel cimitero di
Nicotera dal lontano agosto del 1943. Sono i soldati tedeschi che erano a bordo
di due motozattere cariche di esplosivi. Dopo lo sbarco degli alleati erano salpati
da Messina e si dirigevano verso Nord nell’intento di aggregarsi al resto delle
truppe navali, ormai annichilite dagli attacchi dei caccia angloamericani. Nei
pressi di Nicotera Marina, precisamente in località Martelletto, le due
motozattere furono bombardate dagli spetfire inglesi. Fu una terribile strage
di giovani vite: i soldati avevano 18 ma anche 16 anni. Molti di essi cercarono
rifugio in mare, ma le acque non li protessero da quella pioggia di fuoco, e in
una manciata di minuti il mare si dipinse di rosso sangue. Lo storico Pasquale
Barbalace racconta l’avvenimento nel suo bellissimo saggio storico “Nicotera,
dagli albori al XX secolo”. Un
avvenimento che egli non narra con l’animo compassato dello storico, ma con lo
spirito partecipe di chi quel momento tragico l’ha vissuto. Insieme alla sua
famiglia, si stava dirigendo a Preitoni insieme agli altri sfollati per cercare
riparo dal colpo di coda di quella guerra sanguinaria, e fu durante questo
percorso che si udirono forti e chiari i boati del bombardamento. Ecco le sue
parole: «Mi rimase impressa, mentre eravamo in fuga per Preitoni, una battaglia
aereo navale avvenuta nella costa prospiciente località Mortelletto, in Marina
di Nicotera. Due zattere tedesche costeggiavano navigando verso nord.
All’improvviso, una squadriglia di spetfire inglesi a doppia fusoliera le
attaccò. Invano le zattere tentarono di difendersi con il fuoco dei loro
cannoncini, serpeggiando verso la costa nella speranza di approdare alla
vicinissima riva per mettere in salvo le centinaia di giovanissime vite. Le
zattere esplosero: nessuno, neanche coloro che si erano tuffati in acqua,
riuscirono a mettersi in salvo. I numerosi morti ebbero sepoltura nel cimitero
di Nicotera». Le vittime erano tante, tantissime. Andavano seppellite
immediatamente perché il caldo di quella torrida estate disfaceva velocemente
quei corpi già martoriati del fuoco nemico. Così i cadaveri di quei poveri
ragazzi furono trasportati al cimitero di Nicotera dove furono interrati in una
fossa comune. Ma lo spazio non era sufficiente per tutti, così molti altri
furono inumati nella distesa pianeggiante nei pressi dell’attuale ex Valtur,
precisamente nel luogo prospiciente l’attacco aereo fatale. Ma la storia non è
finita qui. Il destino andava intrecciando un’altra vicenda alla mattanza dei
giovani soldati. A rivelarlo è sempre lo storico Paquale Barbalace. Dopo
qualche anno dalla strage giunse a Nicotera un’altera signora alta e bionda, di
nazionalità tedesca. Stringeva in mano la foto di un ragazzo, ma aveva con sé
anche un numero: era quello che aveva ottenuto dal database delle matricole del
OKW, ovvero Alto comando delle forze armate tedesche. Quel codice era il numero
di matricola di suo figlio: aveva scoperto che proprio a Nicotera il ragazzo
aveva perso la vita. Quella madre era giunta in Calabria per vedere il luogo in
cui il figlio era morto e sepolto. Poiché non parlava italiano a farle da
traduttore fu un ragazzo nicoterese, Antonio Franco, il quale, frequentando i
soldati delle truppe tedesche di stanza a Nicotera, qualche parola l’aveva
appresa. E fu lui che condusse quella madre sul luogo dell’eccedio, e poi al cimitero
di Nicotera e sul luogo della sepoltura di località Martelletto. Quella donna
cominciò a nutrire quasi subito un forte affetto filiale per quel ragazzo:
forse rivedeva in lui il suo figliolo
morto. Aveva perso un figlio ma ne stava ritrovando un altro. Infatti, volle
adottare quel ragazzo che volentieri si trasferì con lei in Germania, dove
studiò e divenne docente di Chimica all’Università. Una storia di dolore ma
anche di speranza, sullo sfondo della crudeltà della guerra.
non si può leggere questa storia senza che l'emozione prenda il sopravvento sia per la crudeltà della guerra sia per questa mamma che si presenta con un numero perchè per chi vive la guerra seduto in poltrona le vittime non sono che dei numeri
RispondiEliminaSandulli Pietro