Nicotera
I
metereologi lo avevano annunciato che sarebbe stata un’estate incerta. E le
loro previsioni si sono avverate. Ma i meterelogi di certo non sapevano che
l’incertezza che caratterizza un’estate anomala è la stessa che si respira a
Nicotera, quella che aleggia su Palazzo Convento, e dentro le sue antiche mura.
Qui c’è un sindaco in balìa dei “se” e dei “ma”, un sindaco che non ha ancora
sciolto il riserbo, ancora intento a valutare e a ponderare il da farsi. Dopo
l’agguato del 26 giugno, l’attività amministrativa si è ammantata di un velo di
insicurezza. Il sindaco Franco Pagano ha fatto sapere che non sa se si
dimetterà o se, al contrario, rimarrà al suo posto. Chiuso nel suo ufficio, in
compagnia di pochi fedelissimi e dei suoi pensieri, il primo cittadino vive
immerso in una fase di stallo, forse lo accompagna la stessa sensazione che può
provare un viandante che è giunto ad un bivio, in una terra puntellata di
incognite, dove è difficile stabilire quale può essere la direzione giusta da
percorrere. I segni di un’inquietudine molesta e tenace sono impressi sul suo
volto, e mentre è intento a periziare la situazione, fuori dalle mura di
Palazzo Convento c’è una cittadinanza che attende di sapere. La città, dal 26
giugno, si trova proiettata in una fase di “stand by”: l’allucinante agguato l’ha
trascinata tra le nebbie un destino incerto.
Nell’immediatezza dei
fragorosi colpi d’arma bellica, la gente ha ritenuto doveroso tributare gesti
di vicinanza e solidarietà al primo cittadino. Poi però ha abbracciato la
scelta del silenzio. Proprio come il suo sindaco, potrebbe essere chiusa
nell’attesa e nello sgomento. Di certo essa è silente. All’indomani del
consiglio comunale straordinario, è come se sull’agguato accorso al sindaco,
sia sceso il sipario, e una sorta di (quanto meno apparente) apatia e impassibilità abbia preso il posto
del sentimento di conclamato sdegno pubblico, mostrato in sede di civico
consesso. Come in un affollato sacrario, la sala consiliare ha professato
unanime condanna. Ma come recita la liturgia alla fine della celebrazione: “ite
missa est”, e così cittadini e associazioni, tributato il loro segno di
solidarietà e di risentimento, sono andati via in pace, e non hanno inteso
prolungare nelle strade e nelle piazze uguale sdegno e condanna.
Non si sono viste per
le strade manifestazioni contro la mafia e la criminalità. Nessuna serrata.
Nessuna processione di cittadini che portano a spalla la dea dell’indignazione
collettiva. Chetata l’onda emotiva, la gente ha realizzato che anche ogni
singolo cittadino è vittima di quanto accaduto, una vittima che ha bisogno di
sostegno e vicinanza, di allontanare lo spettro della paura e che gli si dica
quale futuro ha davanti.
Uguale atteggiamento
quello tenuto dalle associazioni. Anch’esse non hanno ritenuto, per il momento,
protestare contro l’agguato accorso al sindaco.
Scandagliare i motivi
che soggiacciono al velo di mutismo che aleggia sull’accaduto non è semplice.
Attribuirlo ad atteggiamenti omertosi o dettati dalla paura sarebbe riduttivo e
un po’ retorico. Mentre è doveroso chiedersi dove sono quei 1300 cittadini che
lo scorso ottobre hanno votato Franco Pagano, incoronandolo sindaco di Nicotera? Dove sono tutti quelli che non lo hanno
votato? Insomma dov’è la gente al di là del suo colore politico? Fare finta di
non sentire questo assordante silenzio sarebbe delittuoso, oltre che inutile,
perché, si sa che certi silenzi possono essere più eloquenti di mille parole.
Ma forse i cittadini
stanno parlando e stanno affidando pensieri ed emozioni proprio a questa sorta
di concorde mutismo, che così veicola un messaggio da cogliere. Forse hanno
fatto loro un aforisma di Remy de Gourmont che declama: “Non abbiamo alcun modo
sicuro, come il silenzio, per esprimere le nostre idee”.
Va decriptata
l’astensione dalla parola scelta dalla città. Ha un suo perché che non può
essere ignorato. Forse tra le sue righe si scoprirebbero la cultura, l’anima e
il senso di certi atteggiamenti. Ciò che è auspicabile è che nessuno mai,
davanti al palesarsi del potere armato della criminalità, scivoli nella
rassegnazione.
Enza Dell’Acqua
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