La prevenzione dei
tumori femminili è spesso al centro dell’attenzione dei vari organismi a tutela
della sanità pubblica. Una tutela che parte dall’Oms per approdare ai vari
organi ministeriali preposti alla salvaguardia della salute della donna.
Anche l’Azienda
sanitaria di Vibo, in linea con le altre Asp presenti sul territorio nazionale,
e con le direttive indicate dal Ministero, ha istituito il ”Centro di riferimento
aziendale per gli screening oncologici”. Prevede lo screening citologico e mammografico
per prevenire il tumore del collo dell’utero e quello della mammella. La
responsabile del servizio è la dottoressa Teresa Landro. Il pap-test (per le
donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni) e la mammografia (dai 50 ai 69),
vengono eseguiti in ospedale, previo invito a domicilio da parte dell’Asp, che
manda direttamente a casa delle fruitrici del servizio una lettera. La
mammografia viene eseguita ogni due anni, il pap-test ogni tre. Sono stati
istituiti centri prelievo distribuiti su tutto il territorio da Serra San
Bruno, Vibo e Tropea.
Gli screening sono
strutturati in tre livelli. Il primo prevede il test di validità secondo le
linee guida internazionali come test di dubbio, se positivo dà accesso al
secondo livello, quello diagnostico, e al terzo che è terapeutico-chirurgico.
Lo scopo è la diagnosi precoce con risoluzione del problema all’inizio
dell’evoluzione. Oltre alla diminuzione della spesa pubblica sanitaria e la
qualità della vita che viene difesa.
Ma non solo, il
servizio prevede anche dei controlli post intervento. La donna, quindi, non è
lasciata sola e viene seguita passo passo.
La vera arma per sconfiggere
il cancro è, quindi, la prevenzione. I medici del progetto in questione tentano
di attivarsi alacremente in questo senso, ma spesso i loro sforzi cozzano con
la realtà dei fatti. Il programma di prevenzione, pur essendo attivo, mostra
alcuni deficit. E il motivo è sempre lo stesso: mancano i fondi per poter
potenziare il servizio.
La sanità pubblica
calabrese, come sappiamo, è ancora commissariata in quanto il piano di rientro
economico non è terminato. La Regione non potendo più, da qualche anno, farsi carico dei vari servizi a tutela della
salute del cittadino, ha rimesso tutto nelle mani delle Asp locali, le quali,
con le loro forze, o, per meglio dire, con le forze dei medici che lavorano in
ospedale, devono garantire all’utenza gli esami di prevenzione. Il loro lavoro
aumenta così in modo esponenziale. Tuttavia, per le solite ragioni di tagli e
controllo della spesa, mancano, nel caso specifico degli esami mammografici,
dei tecnici di laboratorio che coadiuvano il lavoro dei medici radiologi che
“leggono” i referti. A Vibo, ad esempio, dove si esegue la mammografia a
refertare le radiografie vi sono due medici, perché ogni lastra deve essere
sottoposta a due letture diverse, prassi, questa, che migliora la qualità
diagnostica. La carenza, come appena sottolineato, del personale e dei tecnici,
rallenta il servizio. A riferirlo è il Gisma (osservatorio nazionale degli
screening). Nella provincia di Vibo su 20 mila donne di età compresa tra i 50 e
69 anni, e quindi aventi diritto all’esame mammografico, solo il 30% di esse
possono eseguire l’esame, per le altre i tempi di attesa si allungano in modo
preoccupante. Eppure le donne rispondono numerosissime all’invito del progetto
prevenzione donna, e benchè l’iniziativa non sia un favore concesso alle
cittadine, ma sia previsto dai cosiddetti Lea (livello essenziale di
assistenza), le difficoltà sono tante e sono dovute, come sempre, alle carenze
di personale e di ore. Restando sempre in tema di mammografia, cosa succede se
una donna ha necessità immediata di fare questo importante esame radiologico?
Deve telefonare al Cup e prenotare, come prima cosa. Ovvio. Ma i tempi di
attesa sono di almeno sette, otto mesi, in quanto l’unico ospedale che esegue
la mammografia è quello di Vibo. A tal riguardo c’è un dato che merita una
riflessione: capoluogo e provincia contano in tutto 162.967 abitanti, dei quali
la metà sono donne e larga parte, anzi la stragrande maggioranza, donne che
devono fare controlli per prevenire il carcinoma mammario una volta l'anno,
così suggerisce l'Organizzazione mondiale della Sanità, oltre che il buon senso
e il desiderio di salvarsi la vita. Il tumore al seno è infatti in Italia, ma
anche in Europa, la prima causa di mortalità tra le donne. Che
fare allora? Aspettare troppo, in questi casi, può essere rischioso. La donna
allora può rivolgersi ad uno dei tanti centri diagnostici privati,
convenzionati con il servizio sanitario nazionale. Qui, i tempi di attesa si
fanno più ragionevoli.
La sanità pubblica,
dunque, non può garantire alla donna la mammografia in breve tempo, quella
privata invece si. E scorgendo l’albo pretorio dell’Asp si scopre che sui vari
centri diagnostici gestiti da privati vengono erogati soldi pubblici a pioggia,
mentre per la sanità pubblica, la solita cenerentola, mancano i tecnici e il
personale. E la domanda è sempre la stessa: perché non si fa di più per
garantire un’adeguata prevenzione ai cittadini?
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