Annullata dalla prima
sezione penale della Corte di Cassazione la sentenza di condanna per
associazione mafiosa per il ventiduenne Antonio Carà, originario di Filandari.
Il giovane era stato
arrestato nel 2011, nell’ambito dell’operazione “Ragno”, contro il clan Soriano
di Filandari. Variegato il ventaglio di accuse contro il Carà: reato di
partecipazione all’associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti e minacce.
I reati sono stati contestati al Carà quando questi era ancora minorenne, per
cui l’imputato è stato giudicato dal Tribunale dei Minori che lo ha assolto da
tutte le imputazioni ad eccezione di una tentata estorsione, per la quale gli è
stata inflitta una pena di due anni e sei mesi.
Nel 2013 il ventiduenne
era stato condannato dal giudice distrettuale di Catanzaro a una condanna di 4
anni e otto mesi di reclusione. Pena confermata in appello il 24 aprile 2014
dalla seconda sezione penale della Corte di Appello di Catanzaro. Ma l’avvocato
del giovane, Giuseppe Bagnato, non si è dato per vinto e ha proposto ricorso in
cassazione. Martedì, di fronte alla prima sezione penale della Corte di
Catanzaro, gli avvocati dell’imputato, Giuseppe Bagnato e Giuseppe Loiacono
hanno discusso i motivi del ricorso e chiesto che la sentenza venisse
annullata.
In serata è giunto il
verdetto della Suprema Corte che ha accolto il ricorso.
L’operazione Ragno,
messa a segno dai Carabinieri di Vibo Valentia, ha portato all’arresto nove
persone, tutte coinvolte nel reato di associazione mafiosa e accusate, a vario
titolo, di attentati, minacce, estorsione, profanazione e distruzione di tombe
per intimidire imprenditori e commercianti.
Le indagini, cominciate
nel 2010, sono state supportate da intercettazioni telefoniche e ambientali.
Si è così potuto
acclarare il ruolo del clan Soriano che operava in una vasta area del vibonese:
Filandari, Pizzini, Arzona, Nao, Ionadi, San Costantino, in alcune zone di
Mileto e della città capoluogo.
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