giovedì 27 novembre 2014

Regionali. I consiglieri nicoteresi (sia maggioranza che opposizione) hanno perso voti e consensi, rispetto alle comunali del 2012..



Nicotera. Le urne nicoteresi si sono espresse. Hanno parlato, prima di ogni cosa, della frammentazione all’interno della politica cittadina. Ciò ha rivelato il volto di una città che, per atavica consuetudine, non riesce a fare coesione, a lottare per un unico obiettivo che innalzi la cittadina da uno stato di letargia sociale ed economica sempre più evidente. La prima cosa che salta all’occhio, dall’analisi di questo voto, è che quella giunta Pagano, che nelle comunali di due anni fa è stata incoronata vincitrice delle elezioni, con ben 1350 consensi, sembra aver perso molto la sua influenza sull’elettorato cittadino. Infatti, pur nella frammentazione, è evidente che non ha più quel bagaglio di voti che nell’ottobre del 2012 l’ha resa inarrivabile nella consultazione elettorale, stracciando di almeno 600 voti gli altri candidati in lizza.
Ora, qualcosa è cambiato. I numeri sono cambiati. I consiglieri di maggioranza hanno fatto ciascuno delle proprie scelte, disintegrando ogni più lontana ipotesi di coesione. Che la maggioranza fosse composta da varie sensibilità politiche lo si è sempre saputo. Una compagine variegata, nella quale confluiva la sinistra più moderata, rappresentata dal Pd, e quella della vecchia guardia, il cui unico rappresentante è Franco Pagano, più volte qualificatosi come “metalmeccanico” o “operaio del diritto”. Poi la destra. Rappresentata da Polito, Mollese e Dimasi. Marasco, invece, è sbarcato nell’attuale esperienza amministrativa senza un preciso colore politico. Avventurosa la sua esperienza politica pregressa, a sinistra. Lo scorso febbraio la virata a destra, verso Forza Italia. Ma al partito berlusconiano dirà addio per approvare a Fratelli d’Italia, sotto la cui egida si è candidato come consigliere regionale. Dunque, Marasco, simpaticamente chiamato l’”eroe dei due mondi” per l’attività politica profusa nei due comuni contigui Nicotera e Limbadi,  è stato l’unico nicoterese ad ambire ad una poltrona alla Regione Calabria, ma la sua vocazione a voler rappresentare il territorio a palazzo Campanella non è stata di certo appoggiata dai suoi amici e colleghi di giunta di destra, e nemmeno da quelli di sinistra. Scelte giustificate da una questione di partito. Grande l’amarezza di Marasco, per il clamoroso abbandono dei suoi. Lo ha rivelato a chiare lettere a mezzo stampa, e non solo: ha anche promesso dure prese di posizione contro i “traditori”. Ha marciato da solo e il risultato conseguito, in città, non può certo definirsi eccellente: 400 voti. Solo 400 voti per un candidato che gioca in casa, l’unico, che è anche un amministratore locale. Ma di certo è più avvilente il risultato conseguito dai colleghi di giunta Polito, Mollese e Dimasi, che nelle pie illusioni di Marasco avrebbero dovuto sostenerlo, ma che invece si sono fortemente mobilitati per convogliare consensi a Nazzareno Salerno. Un lavoro di squadra intenso che però non ha portato i risultati sperati: solo 179 voti, infatti, per il candidato serrese, che attende ancora di sapere quale sarà il suo destino. La triade di consiglieri dimostra di avere un peso politico che comincia a farsi sempre più esiguo. Ma lo scarso peso politico della compagine di maggioranza si era già visto durante le scorse provinciali, quando Polito, candidato consigliere, fu di fatto lasciato solo dai suoi referenti politici.
Stessa inconsistenza dimostra d’altro canto il Pd, fronte cuperliano, solo 240 voti per Michele Mirabello. Un risultato deludente, nonostante tutte le forze in campo sguinzagliate. Ancora più deludente se si pensa che a “portare” voti a Mirabello c’erano anche Pino Brosio e Mimmo Pagano, storici volti del partito socialista cittadino i quali si sono invece prodigati per sostenere il candidato Pd vincente, e non il candidato socialista Guerriero. La quale cosa ha creato una seria spaccatura nel psi cittadino.
I rappresentanti della politica cittadina, dunque, sembrano (in toto) non convincere più l’elettorato.

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