(questo articolo è uscito il 19 giugno 2019)
Nicotera.
Di
Stefano Piperno si erano perse le tracce il pomeriggio del 19 giugno del 2018.
Era uscito da casa verso le 14.30 per recarsi al lavoro: aveva un impiego come insegnante
di alfabetizzazione nel vicino Centro di accoglienza per migranti. La città,
quel giorno, si era svegliata invasa dal fango e dall’acqua a causa di
un’alluvione senza precedenti. Così Stefano prese l’automobile del padre. Da quel momento i suoi genitori non ebbero più sue notizie.
Doveva far rientro a casa alle ore 19, come era solito fare, ma Stefano quella
sera non rincasò. Immediatamente i genitori si misero alla ricerca del figlio,
ma i loro giri si rivelarono vani: del ragazzo non vi era nessuna traccia.
All’alba del giorno dopo i coniugi Piperno si recarono in caserma, dove
segnalarono ai Carabinieri la scomparsa del giovane. I militari cominciarono la
perlustrazione del territorio, avviando nel contempo le indagini su una
scomparsa che apparve subito molto strana, data l’abitudinarietà
dell’insegnante, la cui vita scorreva tra la casa e il posto di lavoro. Mentre
i genitori, vinti dalla preoccupazione, si trovavano nella caserma di Nicotera,
un agricoltore rinveniva, in un appezzamento di terreno di sua proprietà, nei
pressi di Preitoni, un’auto completamente carbonizzata con all’interno un cadavere.
Quell’auto e quel corpo appartenevano a Stefano.
Partirono
immediatamente le indagini, disposte dal pm Filomena Aliberti e coordinatore
dal Maggiore della Compagnia di Tropea, Dario Solito. Ci vollero due mesi di
intercettazioni telefoniche e ambientali, investigazioni e accertamenti per arrivare
alla verità. Stefano Piperno, la cui identità è stata accertata grazie all’esame
del Dna, era stato ucciso a colpi di fucile. Autori dell’efferato omicidio sarebbero
stati padre e figlio, Francesco ed Ezio Perfidio, mentre un’altra componente
familiare, Sonia, è stata accusata a piede libero di concorso in distruzione di
cadavere. Dopo il delitto, i tre avrebbero condotto la macchina con a bordo il
cadavere del ragazzo in una campagna nei pressi della loro abitazione e lì gli
avrebbero dato fuoco, nel tentativo di distruggere ogni traccia. Motivo
dell’ignobile gesto un piccolo debito per la cessione di stupefacente che il
ragazzo avrebbe contratto con i suoi assassini.
Per loro si è aperto il
processo lo scorso maggio. Hanno chiesto e ottenuto di essere giudicati con
rito abbreviato. L’assise ripartirà il prossimo 10 settembre. I familiari di
Stefano, in cerca di giustizia, si sono costituiti parte civile, assistiti dagli
avvocati Antonio Cozza, Nicodemo Gentile e Irene Calogero.
Con la formula del rito
abbreviato, in caso di condanna, Francesco e Ezio Perfidio, rispettivamente
di 59 e 35 anni, potranno contare
su uno sconto di pena di un
terzo.
La “fine pena mai” è invece prevista per i genitori di
Stefano, Gina Pagano e Gregorio Piperno, e per il fratello Alberto. Per loro
questa morte ingiusta e violenta è la condanna a un dolore che non li abbandonerà
mai. La ricerca di giustizia la devono a un ragazzo perbene, un giovane molto
amato in paese, che aveva davanti tutta la vita. Un ragazzo sfortunato che ha
incrociato sul suo destino la brutalità dei suoi aguzzini. Ma non solo i
genitori di Stefano ma tutta la comunità nicoterese, quella fatta da gente
perbene, attende giustizia per un omicidio che si inserisce in contesto
gravemente segnato dalla criminalità organizzata e dalla sua longa manus nello
smercio della droga.
(Il 31 luglio scorso il gip del Tribunale di Vibo Valentia, ritenendo attenuate le esigenze cautelari, ha disposto la scarcerazione di Francesco Perfidio, disponendo per lui il solo obbligo di dimora con rientro notturno).
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