Nicotera.
Già
dalla prossima settimana si insedierà a palazzo Convento la terna commissariale
che guiderà il paese per i prossimi 18 mesi, salvo proroghe. La città
parrebbe allo stato dei fatti ostaggio della criminalità organizzata, da
troppo tempo capace di controllare la vita pubblica nicoterese. Un coacervo di
legami tra politica e mafia così ben radicato può trovare la sua forza in una
forma di consenso sociale passivo, per così dire. La vita politica e sociale
naviga sulla superficie di un lago che nasconde un nido di serpi. Nicotera pare
fatta di due piani. C’è il male supremo che affligge il territorio: è la mafia,
resa sempre più forte da connivenze politiche e istituzionali. Al di sopra c’è
la vita sociale di una città che si rifiuta di fare i conti con se stessa. Chiusa
nella rassegnazione e nel silenzio nei suoi momenti cruciali, quando un
sussulto d’orgoglio avrebbe potuto cambiare il corso delle cose. Ma capace di
darsi da fare in tempi non sospetti, organizzando convegni sulla legalità o sui
martiri della mafia. Peppino Valarioti, assassinato nel 1981, era il martire e
il mito dell’amministrazione Pagano: ogni anno, al giovane politico rosarnese
ucciso dalla ndrangheta, l’ex sindaco dedicava un sontuosissimo convegno.
Un’occasione, per la compagine amministrativa ora sciolta per mafia, per
parlare di legalità. Discorsi altisonanti. Gli stessi discorsi che fluivano dai
vari convegni, sempre sull’abusato tema della legalità. Un fiume di parole. Ma
la contraddizione non tardava ad arrivare. Il 23 giugno del 2013 la città fu
scossa al terribile attentato al sindaco; il 14 settembre scorso l’arcinota
storia dell’atterraggio dell’elicottero. Circostanze difficili, per Nicotera,
che hanno visto impallidire tutte le buone intenzioni e le belle parole
pronunciate nei convegni; nessuno, né politici o associazioni o comitati
civici, era disposto a spendere due parole per la dignità ferita della città,
nessuno era disposto a parlare di mafia, quando la mafia si è fatta concreta, e
ha mostrato il suo potere, quando è uscita dai convegni salottieri per
trasferirsi nella realtà. Il silenzio ha vanificato in un colpo
solo ogni nobile intendimento. Il povero Peppino Valarioti rimase un santino di
carta da affiggere sul petto. Sembra che il paese, pur vivendo la criminalità
organizzata, pur subendo le pesanti sanzioni dello Stato, si rifiuti di
guardare in faccia il problema vero, preferendo incamminarsi nel sentiero
dell’ipocrisia. E così l’ex sindaco Pagano, pur celebrando Valarioti e il suo tragico
destino, si è ben guardato di costituire la città parte civile nei processi
contro la cosca egemone. Scelte comode che non possono non destabilizzare i
cittadini, che hanno bisogno di forza e di certezze: dai rappresentati delle
istituzioni, dalla politica e anche dalle associazioni antimafia. Così Libera,
nella persona di don Fiorillo, sedeva spesso accanto al sindaco nei famosi
convegni su Valarioti, benedicendo una celebrazione priva di sbocchi concreti nel tessuto
sociale di Nicotera.
A tal proposito abbiamo raccolto la
dichiarazione dell’avvocatessa Lia Staropoli, presidente dell’associazione
Condivisa e rappresentante del Movimento antimafia “Ammazzateci tutti”. Da
sempre impegnata nell’attività di denuncia sul territorio insieme ai poliziotti
del sindacato Coisp e Sap.
«Le associazioni
antimafia devono operare gratuitamente, a sostengo della legalità e dalla giustizia,
in perfetta sinergia con gli operatori delle Forze dell’Ordine, per strutturare insieme iniziative idonee a
contrastare il consenso sociale alla ‘ndrangheta, e per incitare i residenti a
segnalare e a denunciare, perché la sicurezza deve essere uno scopo comune tra
cittadini e Forze dell’Ordine. Invece-
ha aggiunto la Staropoli- ogni volta che segnaliamo delle condotte, quantomeno
sospette, ci troviamo contro anche certi “antimafiosi”, che anziché aderire
alla nostra denuncia, si schierano dalla parte dei responsabili, indicandoli
come “esempi di legalità”. Le indagini delle Forze dell’Ordine confortano
sempre le nostre denunce, presto o tardi questi comuni vengono sciolti, ma non
comprendiamo il ruolo di queste associazioni che invece si adoperano per
riabilitare l’immagine di queste amministrazioni. Esponendo, peraltro, ad ulteriori rischi e ritorsioni le
persone che denunciano».
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