E’ difficile comprendere
cosa possa trasformare un “bravo ragazzo” in uno spietato assassino. L’animo
umano, si sa, è un abisso imperscrutabile che non permette di scorgere le motivazioni
segrete che azionano certe molle. Ma non
si può non restare basiti quando Raffaele Scaturchio, sindaco di Dasà, paese d’origine
di Antonio De Pace, reo confesso dell’omicidio della sua fidanzata, Lorena
Quaranta, racconta, in preda alla costernazione, che non avrebbe mai e poi mai
potuto immagine che Antonio si potesse macchiare di un delitto simile. Il
sindaco di questo paesino di poco più di mille anime, non se la sente di
rilasciare dichiarazioni: la ferale notizia ha lasciato tutti di pietra. Il
paese è piccolo, si conosco tutti, e il primo cittadino conosceva bene Antonio.
Tra l’altro il fratello, Francesco, fa parte della sua compagine amministrativa.
Le parole del sindaco, sono poche, pochissime, ma fanno riflettere: “Antonio è
un ragazzo d’oro, buono, gentile, educato. Questa notizia ci ha colto tutti di
sorpresa, perché da lui non ci saremmo mai aspettati un’azione del genere”. Anche
la famiglia di Antonio, spiega ancora il primo cittadino, è una famiglia
perbene, di onesti lavoratori.
Il padre è infermiere in pensione, la sorella
infermiera pure lei. Anche Antonio ha intrapreso la stessa strada. Niente,
dunque, faceva prevedere una tragedia simile. Eppure, la cronaca insegna che la
realtà non è mai ciò che sembra e che, evidentemente, acquattato da qualche
parte nell’animo di quel “ragazzo d’oro” c’era un assassino, un uomo che ha
ucciso, strangolandola, la donna che diceva di amare. Tutto è successo nella
mattinata del 31 marzo.Il furore omicida è esploso al culmine di una lite. Un
omicidio d’impeto, verrebbe da dire, ma saranno i carabinieri della stazione di
Santa Teresa Riva, al comando del luogotenente Maurizio La Monica e della
compagnia di Taormina, guidata dal capitano Arcangelo Maiello a ristabilire la
verità e a ricostruire gli ultimi momenti di vita della povera Lorena.
De Pace, subito dopo l’orrendo
delitto, ha avvisato i Carabinieri, ammettendo la sua colpa, e poi ha tentato
il suicidio: quando i militari dell’Arma sono arrivati sul posto hanno trovato
la ragazza ormai priva di vita, e il suo carnefice in stato di choc con delle
ferite ai polsi e alla gola. Le sue condizioni non desterebbero preoccupazioni.
Il giovane è attualmente ricoverato e piantonato al Policlinico di Messina.
L’omicidio,
con ogni probabilità, è avvenuto nella mattinata di ieri, all’interno di una
villetta di via delle Mimose (tragica casualità, fiore simbolo delle donne e
delle loro battaglie contro la violenza di genere) di Furci Siculo, in cui i
due convivevano. Lorena era una di quelle donne che non si risparmiava nelle
iniziative volte alla tutela non solo delle donne ma anche dei più deboli. Stava
per conseguire la laurea con una tesi sulla Pediatria, campo in cui ambiva a
specializzarsi. Era di una bellezza da togliere il fiato, Lorena, alta, mora,
occhi chiari, “sembrava una modella”, ha raccontato il sindaco di Dasà, che
Lorena l’aveva conosciuta, perché Antonio la portava spesso nel suo paese
natale. Ma anche Antonio era un ragazzo da copertina. 28 anni lui, 27 lei. Sembravano
una coppia uscita da un romanzo rosa: due fidanzati, belli, innamoratissimi,
lanciati verso il successo e il coronamento dei loro sogni. Lei adorava il suo
Antonio: quando il 31 ottobre 2019 era stato ammesso in Odontoiatria, dopo aver
conseguito la Laurea in Scienza infermieristiche, lei, piena di felicità, aveva
pubblicato un messaggio sulla sua pagina Facebook: “Buon nuovo inizio, campione”,
con un corredo di cuoricini.
Ma forse sotto quella
patina di dorata qualcosa minava la stabilità del rapporto.
Lorena, che si era
trasferita a Messina per motivi di studio, era originaria di Favara, popoloso
comune in provincia di Agrigento. Così la sindaca Anna Alba, ha espresso tutto
il suo dolore appena appresa la notizia: “Favara oggi si è svegliata fra le
lacrime. Ho appreso stamani la tragica notizia della prematura scomparsa della
nostra concittadina Lorena, per mano di un gesto vile, ignobile. Favara vive la
tragedia nella tragedia. La nostra comunità si stringe al dolore della famiglia
Quaranta”.
Non ha parole invece Marco Vetro, amico di sempre e parrucchiere di Lorena, “sono distrutto”, dice, “Lorena e la sua famiglia persone speciali”.
Non ha parole invece Marco Vetro, amico di sempre e parrucchiere di Lorena, “sono distrutto”, dice, “Lorena e la sua famiglia persone speciali”.