Nicotera.
La
notizia della richiesta inviata al ministro dell’Interno, da parte del prefetto
di Vibo Carmelo Casabona, giunge nel bel mezzo della turbolenta storia
dell’atterraggio abusivo dell’elicottero con a bordo i due sposi. Novità in tal
senso si attendevano da tempo, ed esattamente già a partire da fine luglio, da
quando, cioè, la commissione di accesso agli atti aveva finito i tre mesi di
proroga per il lavoro investigativo iniziato lo scorso 3 febbraio, giorno del
suo insediamento. Non è chiaro se la rocambolesca avventura nei cieli di
Nicotera abbia accelerato il lavoro della prefettura, sta di fatto che questa
notizia si incastona perfettamente in un clima rovente, contrassegnato
dall’apertura dell’inchiesta da parte della Procura, la richiesta delle
dimissioni di Pagano da parte del sindacato di polizia e del Pd calabrese (dopo alcune dichiarazioni secondo le quali
“i Mancuso hanno ben altro a cui pensare che all’elicottero”, ndr) e un tam tam mediatico che
imperversa senza sosta. La parola passa ora al ministro dell’Interno Angelino
Alfano. Sarà lui a decidere, in base alla relazione del prefetto, se sciogliere
il consiglio comunale nicoterese. Se sul comune costiero si abbatterà la scure
ministeriale si tratterà del terzo scioglimento in 10 anni. Il 2005 fu l’anno
in cui Nicotera conobbe il primo, per infiltrazioni mafiose, ad essere
destituita dall’incarico fu la giunta guidata da Princivalle Adilardi. Nel 2010
toccò all’esecutivo di Salvatore Reggio. Ora potrebbe essere la volta della
giunta Pagano. E se così fosse Nicotera conseguirebbe un record ignominioso: la
terza medaglia al disvalore che di certo non agevola una cittadina che vorrebbe
vivere di turismo e di dieta mediterranea. La città invece non ha fatto altro
che conoscere, in questi ultimi anni, momenti difficili che hanno giocato
nettamente a sfavore di sana evoluzione sociale, culturale ed economica.
L’amministrazione Pagano ha dovuto confrontarsi con enormi criticità: mare,
acqua sporca dai rubinetti, sicurezza, sanità, rifiuti. Un percorso non
semplice, sullo sfondo di problemi sempre più grandi. Ma l’esecutivo ha
preferito concentrarsi su progetti faraonici, puntando lo sguardo su opere
grandiose: ad esempio, l’idea del costosissimo porto turistico, oppure dell’anfiteatro,
o della scuola della dieta mediterranea, il tutto sullo sfondo di un
malcontento crescente da parte dei cittadini, che è poi sfociato nella famosa protesta
del 14 luglio. Qualcosa, sin da subito, tra il palazzo e il paese si è
interrotto. Ad aggravare il comportamento della giunta Pagano è stata l’assenza
dell’opposizione. Se, in una prima battuta, l’esecutivo poteva avvantaggiarsi
dall’atteggiamento di un’opposizione che non le ha frapposto il bastone fra le
ruote, alla lunga si è invece visto che proprio il silenzio e l’allineamento
della minoranza ha solo portato grane. Nel senso che proprio la mancata
vigilanza di quest’ultima non ha indotto l’esecutivo a procedere senza quel
necessario e democratico pungolo critico che rende un’amministrazione più
efficiente e più vicina ai problemi dei cittadini. Se il ministro Angelino
Alfano dovesse apporre il suo placet alla richiesta prefettizia, l’esecutivo in
carica uscirebbe di scena nel modo più indecoroso possibile, perché, oltre alla
batosta morale dello scioglimento, sul sindaco Franco Pagano grava il peso di
una bufera giudiziaria, oltre che mediatica,
che lo vede coinvolto: “il pasticciaccio brutto” dell’elicottero di cui
egli dice di non saperne nulla. Ma la magistratura gli fa eco da Vibo: “non
poteva non sapere”. In entrambi i casi la sua figura esce opaca: se sapeva, è
grave; se non sapeva, grave lo è ugualmente, perché vorrebbe dire che la sua figura
istituzionale sarebbe così inconsistente da essere facilmente aggirabile. Sta
di fatto che la vicenda ricorda molto da vicino il caso Shalabayeva, quell’oscura vicenda kazaca, in cui il
ministro dell’Interno giurò di non sapere cosa stesse accadendo, preferendo
passare per fesso anziché per complice.
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