La terra ha tremato
esattamente alle 9.24. Il sisma ha avuto epicentro in provincia di Vibo
Valentia, esattamente a due chilometri dal comune di Francica. L’istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia ha rilevato una magnitudo di 3.2 gradi
della scala Richter a una profondità di
sei kilometri. Ad avvertire chiaramente il sisma tutti i comuni fino a un
raggio di venti kilometri dall’epicentro. Poichè ha avuto luogo a pochissimi
kilometri dalla superficie terrestre, solo sei kilometri di profondità, è stato
chiaramente avvertito in moltissimi punti dell’area provinciale. Alle 13.09 i
sismografi hanno registrata un’altra scossa. Sempre nello stesso “distretto
sismico”, a 8 kilometri di profondità, di una intensità pari a 1.4 gradi. Ma ad
essere chiaramente avvertita è stata quella delle 9.24. A quell’ora gli uffici
e le scuole erano nel pieno delle loro attività. Proprio per quest’ultime è
scattato l’immediata evacuazione degli studenti. Dalle scuole materne fino agli
istituti superiori, gli edifici sono stati abbandonati dagli alunni che, a
scopo precauzionale, sono stati condotti in strada dagli insegnanti. San Costantino Calabro, Ionadi, Mileto,
Vibo Valentia, Stefanaconi, Filandari, Sant'Onofrio, Cessaniti, Rombiolo, Dasà,
San Calogero, Nicotera, Serra San Bruno, Tropea: questi i comuni interessati
all’immediata evacuazione collettiva. In un attimo è stato il caos. Centinaia
di ragazzi si sono riversati in strada. I genitori si sono precipitati a scuola
per recuperare i propri figli, in preda all’apprensione. Il traffico per un
attimo è andato in tilt. Poi via via la situazione si è andata normalizzando.
Intanto tutti i sindaci dei comuni interessati hanno emesso l’ordinanza di
chiusura delle scuole per la giornata di oggi. Gli alunni hanno raccontato di aver
sentito chiaramente le porte e le finestre vibrare fortemente. Un boato ha
accompagnato il sisma, mentre, nei piani più alti, gli allievi hanno sentito
tremare le sedie. Nonostante i momenti di panico, ragazzi e insegnanti hanno
mantenuto la calma guadagnando con compostezza la via d’uscita. La scossa
tellurica verificatasi ieri ha, com’era prevedibile, riaperto il dibattito
sulla sempiterna questione della sicurezza degli edifici scolastici e della
loro conformità alle norme antisismiche. Un tema, questo, che non smetterà mai
di essere attuale vista l’estrema sismicità del territorio calabrese, da sempre
interessato a terremoti devastanti che hanno cambiato l’aspetto territoriale
della regione. Si pensi, ad esempio, al devastante terremoto del 1783 che causò
il cambiamento dei corsi dei fiumi e dei torrenti: la valle del Mesima si
abbassò, si crearono molte paludi, e il monte Sant’Elia si spezzò in due. I
morti furono circa 50 mila, secondo una stima approssimativa. La Calabria
registra, in media, un terremoto al secolo e, dicono gli esperti, la regione si
trova nella fase “di ritorno”, cioè, sono altissime le possibilità che possa
avere luogo un nuovo devastante terremoto. La penisola calabrese si trova in
mezzo alla placca tettonica europea a quella africana. Una posizione critica
che non promette una vita semplice a una regione già gravata da mille altre
difficoltà. A fronte di questi dati scientifici è doveroso domandarsi quanto
gli edifici siano a norma, se, nella loro costruzione, siano state rispettate
le norme antisismiche o se invece siano stati costruiti all’acqua di rose.
Altro punto, affatto trascurabile, attiene alla macchina dei soccorsi. Come e
quanto la Protezione Civile calabrese è capace di portare aiuti ad eventuali
popolazioni colpite. Di quanti uomini e mezzi è fornita in questo senso? Gli
ospedali sono attrezzati per fornire cure a un gran numero di persone
contemporaneamente? I collegamenti stradali possono garantire la macchina dei
soccorsi? Domande cruciali, che qualcuno deve cominciare a porsi.
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