venerdì 8 luglio 2016

Marina di Nicotera. Esposto in procura per i lavori del waterfront della pineta: ci sarebbero gravi "irregolarità".





Nicotera. Sono costati esattamente 594.000 euro i lavori della riqualificazione del waterfront a Nicotera Marina. L’opera si presenta adesso come un serpentone color antracite che taglia in due quel paesaggio armonioso che era costituito dalla fascia pinetata e dalla spiaggia, e ha già presentato alcune criticità, già all’indomani della prima pioggia battente, quando i tombini, posti lungo il percorso, sono saltati come tappi facendo defluire le acque reflue provenienti dal sottostante impianto fognario.
Si scopre adesso che dietro le quinte di questi lavori, iniziati lo scorso autunno, ribolliscono tutta una serie di veleni che hanno preso corpo in un esposto- querela che una ditta, tra quelle partecipanti alla gara d’appalto, ha rivolto contro il Comune di Nicotera. Motivazione della querela? «Una diffusa illegittimità nella gestione dell’appalto- si legge nell’esposto- certamente non orientato a soddisfare l’interesse pubblico».
Con il bando di gara n.49 del 2015 il Comune di Nicotera attivava la procedura relativa all’affidamento dei lavori. All’esito delle operazioni concernenti la graduatoria finale provvisoria, si classificava prima la Chiarello Group s.r.l. con il punteggio di 91,346 e seconda la Costruire Group s.r.l., con il punteggio di 88,615. Fin qui sembrerebbe tutto normale. Ma per i legali della Costruire Group ci sarebbero invece tutta una serie di “illegittimità.
Cioè: è la stessa Commissione giudicatrice che il 7 settembre 2015 dichiarava “anomala” l’offerta prodotta dalla Chiarello Group s.r.l. disponendo che fosse soggetta a verifica di congruità.
La ditta trasmetteva così una relazione giudicata valida dal Rup (responsabile del procedimento dei lavori) per «i tempi offerti per la realizzazione dell’opera, le spese generali dell’impresa» e per «i risparmi ottenuti utilizzando tecnologie alternative». Un passaggio, questo, considerato dalla ditta esponente irregolare in quanto presenta profili di illegittimità.
Il Rup, stante a quanto riportato dall’esposto, si limitava a percepire, «senza una seria verifica», le giustificazioni del concorrente, «manifestamente irragionevoli e basate su fatti erronei e travisati».
L'Amministrazione, insomma, avrebbe condiviso, senza alcuna confutazione critica, “pedissequamente” tutte le argomentazioni fornite (ma non documentate) dalla aggiudicataria, «omettendo qualunque seria e ragionevole verifica in ordine alla verosimiglianza delle giustificazioni fornite».
In merito ai tempi di consegna dell’opera (60 giorni il termine di ultimazione dei lavori, così era previsto nell’offerta della Chiariello Group, anzi tale tempistica è stata valutata dalla stazione appaltante come un elemento fondante dell’offerta), l’aggiudicataria richiede un differimento dei termini di consegna: dai 60 giorni previsti a 180. Circostanza, questa, considerata dalla ditta querelante una grave manipolazione dell’offerta originaria che vìolerebbe “la par condicio tra i concorrenti in gara e l’immodificabilità dell’offerta”.
Ma c’è di più. La società esponente chiede all’autorità giudiziaria di appurare se la Chiarello Group, che ha acquisto dalle Chiarello Costruzioni il ramo di azienda relativo al settore della realizzazione di opere pubbliche e private, sia da considerarsi la mera continuazione dell’azienda ceduta, essendo che quest’ultima era stata gravata da interdittiva antimafia- tenendo conto del fatto che i due contraenti sono uniti da un legame di parentela.
In buona sostanza, si chiede di accertare se vi fosse un rapporto di sostanziale continuità tra i due soggetti imprenditoriali e se l’operazione societaria (cessione di un ramo dell’azienda) costituiva uno strumento per eludere gli effetti interdittivi.
E poi ancora: la disposizione da parte del direttore dei lavori della procedura di consegna anticipata, disposizione ritenuta illegittima perché avvenuta senza che vi fosse avvenuta l’aggiudicazione definitiva.
Infine c’è la questione del subappalto. Pare infatti che la ditta aggiudicataria avesse subappaltato i lavori senza avere la necessaria autorizzazione della stazione appaltante. «Nel caso in esame- si legge nell’esposto- sembrerebbe che la comunicazione di affidamento sia stata inoltrata il 15 dicembre 2015, subito dopo la “visita” in cantiere da parte dei Carabinieri, che, evidentemente, nell’occasione hanno accertato la presenza di soggetti non riconducibili all’appaltatore». La circostanza, pare, sia stata accertata in modo incontrovertibile, dalle Forze dell’Ordine.

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