Nicotera. Il grave fatto di cronaca del 19 agosto ha turbato l’intera comunità nicoterese. Ora, però, agli abitanti della cittadina costiera tocca fare i conti con il peso di un pregiudizio che piano piano, in queste ore, si fa strada e tende ad imporsi a livello mediatico. Ma i nicoteresi non ci stanno a farsi cucire addosso la nomea di gente rimasta all’età della pietra che punisce a suon di proiettili una donna che cerca di vivere liberamente la propria vita. Lo sdegno è unanime. Abbiamo chiesto ad alcune donne nicoteresi il loro punto di vista in merito, e cosa significa essere donne a Nicotera. Maria Adele Buccafusca è un’attivista del “Movimento 14 luglio” per la difesa dei diritti basilari della comunità. «E’ doppiamente sbagliato colpevolizzare un paese come Nicotera per un episodio tanto grave, quanto familiare e doloroso,- dice Maria Adele- Certamente non mancano criticità e contraddizioni che vanno combattute con un impegno culturale e sociale comune. Ma, di sicuro, il vero problema delle giovani donne, non è l'uso o meno della minigonna. Il problema vero del nostro territorio è la mancanza di lavoro, e l'incertezza di un futuro. La verità è che quando si accendono i riflettori su fatti di cronaca locale, partono i portavoce di luoghi comuni dal sapore sillogistico. Cosa che succede puntualmente quando l'episodio avviene in un paese calabrese. Eppure, in Italia, esiste una Calabria che vive di lavoro onesto, che non accetta compromessi, che parte in cerca di un futuro, che sogna e lotta per un Sud migliore. In questa Calabria si trova anche Nicotera». Per Claudia Calogero, giovane assistente sociale impegnata nel volontariato la «violenza è essere vittime di pre-giudizi. Abbiamo imparato sulla nostra pelle che la spettacolarizzazione di un fatto isolato, oggetto di una semplificazione che quindi non va ad indagare tutte le sfaccettature della vicenda, possa essere deleterio e denigrante per tutta una comunità. Ci arrabbiamo (e facciamo bene) se i media nazionali ci disegnano come retrogradi e le donne come vittime consapevoli di un padre (o fratello) padrone che può disporre a suo piacimento della vita delle donne di famiglia, seguendo un non ben precisato codice d'onore. Facciamo bene! Perché non è così. Perché io sono figlia e sorella. Perché sono cresciuta in una famiglia umile e semplice che mi ha insegnato il valore della libertà. Studiare lontano da casa, viaggiare da sola, avere tanti amici maschi, mettere una gonna corta per me è normalità. Si, credo che le ragazze nicoteresi tutte siano state vittime di violenza nel momento in cui si è tentato di ridurre la totalità ad un fatto».
Pina Lapa, mamma e professionista, ex assessore alla Cultura, così scrive: «Mi
colpisce molto che si speculi sul dolore e sulla difficoltà di una famiglia,
sulla sofferenza di una madre, vedova, divisa fra due figli, e di due fratelli,
l'uno contro l'altro.
Non ci vedo antichi retaggi, in questa storia, non vedo arretratezza o sottomissione. Vedo solo tanto ma tanto dolore. Non mi piace chi sfrutta le difficoltà di qualcuno per colpire tanti, per etichettare una comunità, un paese, un territorio.
Perchè non si parla delle donne fiere e combattive del Sud che portano avanti le loro battaglie quotidiane? Perchè non si parla delle donne di Nicotera che con le gonne, le minigonne ed i pantaloni, accanto ai loro uomini, hanno alzato la voce e la testa, dopo tanto silenzio, per difendere i propri diritti ed il proprio territorio?»
Non ci vedo antichi retaggi, in questa storia, non vedo arretratezza o sottomissione. Vedo solo tanto ma tanto dolore. Non mi piace chi sfrutta le difficoltà di qualcuno per colpire tanti, per etichettare una comunità, un paese, un territorio.
Perchè non si parla delle donne fiere e combattive del Sud che portano avanti le loro battaglie quotidiane? Perchè non si parla delle donne di Nicotera che con le gonne, le minigonne ed i pantaloni, accanto ai loro uomini, hanno alzato la voce e la testa, dopo tanto silenzio, per difendere i propri diritti ed il proprio territorio?»
Per
Anna Maria Giofrè, avvocatessa ed ex
consigliere comunale, impegnata in politica e nell’associazionismo, «quanto
accaduto a Nicotera è un fatto di violenza familiare di quella di cui i media
abbondano quotidianamente. Chiaramente fa male vedere accostato il connubio
sud-sparatorie quando le donne cadono vittime di violenza da arma da fuoco su
tutto il territorio nazionale. Sarei ipocrita, al solo fine di voler difendere
la mia terra, se oggi affermassi che non sussista pregiudizio, nei confronti di
una donna che qui a Nicotera fa scelte fuori dagli schemi. Questo è senz’altro
il risultato e l’effetto di una determinata cultura del passato ancora presente
sul nostro territorio né posso tacere che vi siano situazioni in cui la donna è
in una condizione di inferiorità rispetto all’uomo, ma tuttavia rimangono casi
limitati».
«La
donna a Nicotera- scrive invece Carla
Piro, avvocatessa- è riflesso ed interfaccia di contraddizioni di luoghi e
di persone. Non con fermo immagine però. C’è un tempo nuovo- questo già
iniziato e dal quale cominciano ad affiorare gemmazioni- in cui cresce in lei
la coscienza di avere mandato dalla storia sua e collettiva, di risolverle in
quel gesto di avveduto esercizio libero del cuore e della mente in grado di
aprire i rotoli delle pergamene di progetti di persona nuova e nuova società».
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