Nicotera.
Un’estate
infuocata, questa del 2015. Un’estate contrassegnata dall’emergenza mare che
continua a permanere tale e non si intravedono, per il momento, spiragli in una
situazione disastrosa, sul piano dell’ambiente e dell’economia. Si perché, come
in un inarrestabile effetto domino, la questione mare ha finito per travolgere
altri determinanti settori, quelli che tengono in piedi la Marina di Nicotera,
e cioè turismo e pesca. Due ambiti nei quali si sono rifugiati i tanti
lavoratori reduci della Valtur. Decine i padri di famiglia rimasti senza un
lavoro nel 2009, quando, cioè, una delle prime strutture turistiche sorte in
Calabria negli anni Settanta, ha chiuso i battenti. Molti di loro hanno dovuto
inventarsi un lavoro. Avevano davanti una immensa risorsa, il mare. E così sono
diventati gestori di lidi o pescatori. Ma adesso le loro attività sono in
crisi, e la crisi l’ha scaturita proprio la distesa azzurra, la stessa che
avrebbe dovuto fornire loro i mezzi necessari per vivere e mantenere la
famiglia.
Grande il disagio dei
bagnanti che non possono godere della bellezza del mare. Ma ancora più
drammatico il disagio dei gestori dei lidi e dei pescatori. Ieri mattina
abbiamo parlato proprio con loro. Si sentono vittime di una situazione quasi
kafkiana, in cui dipanare la matassa è impresa ardua, nella quale è difficile
comprendere chi, imbrattando il mare, sta ponendo fine alla loro attività.
Permangono ignoti gli autori dello scempio, ed infatti contro ignoti il sindaco
ha sporto querela, per disastro ambientale, ma potremmo aggiungere, anche
economico e turistico. I pescatori sono esasperati e stanchi. Dichiarati colpevoli,
nel marzo scorso, di rubare al mare il novellame, la specie protetta nota con
il nome di “ninnata” nel linguaggio popolare. Puniti per aver praticato pesca
illegale, ma ora non si sentono tutelati e vedono violato il loro sacrosanto
diritto di svolgere un lavoro onesto. Le vendite del pesce sono colate a picco.
Le presenze, sottolineano, sono meno della metà dello scorso anno e i mitili,
le alici, le seppie, le vongole, ancora saltellanti nei loro gusci, rimangono
sul bancone in attesa di essere acquistate. Ma la clientela sembra dissolta nel
nulla. Francesco Saladino fa il pescatore da una vita. Da qualche anno ha
aperto una piccola pescheria sul lungomare. Ci racconta di quanto la situazione
sia diventata insostenibile. «Non si vende più nulla. Lo scorso anno le cose
andavano decisamente meglio, adesso la gente presente a Nicotera Marina è la
metà della metà. Se andiamo avanti di questo passo non sappiamo più come
fronteggiare le spese per mantenere aperta l’attività».
La situazione nelle
parole dei pescatori appare ormai critica. Nei loro occhi si legge l’amarezza e
un senso di solitudine. Un silenzio istituzionale che li lascia delusi, come
cittadini e come lavoratori. Certo, il sindaco Franco Pagano ha annunciato un
esposto alla procura. Ma nel mese di luglio l’amministrazione non aveva ancora
provveduto a chiudere la foce del Mesima, che forse non sarà la causa del
disastro, ma avrebbe già rappresentato un segno di fattività e vicinanza nei
confronti dei cittadini.
Stesso il disagio dei
gestori dei lidi. Poche, troppo poche, le presenze sulla spiaggia. Sono
consapevoli che dopo la tragica giornata di domenica, quando il mare di
Nicotera si è trasformato nel fiume Gange, i turisti sono come evaporati da
Nicotera. Quattro sparuti ombrelloni aperti sulla spiaggia non danno affatto
l’idea di trovarci a fine luglio e in una località di mare, che vuole ambire al
turismo, una località, soprattutto, insignita dalle bandierine verdi dei
pediatri, ovvero spiaggia a misura di bimbo.
La Marina di Nicotera
sembra essere diventata spiaggia a misura di predatori, di deturpatori
ambientali, senza scrupoli, e, soprattutto, indisturbati.
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