E’ un Nazzareno Piperno in preda alla più viva indignazione a firmare la nota stampa in merito alle affermazioni di Maria Repaci, rappresentante aziendale della “G.M. dimensione ecologica” sul diritto allo sciopero dei dipendenti presso il cantiere di Ionadi. Il Coordinatore Provinciale Slai Cobas stigmatizza con fermezza le parole usate dalla Repaci, che riportiamo fedelmente: “Dovevamo aspettare l'arrivo della G.M. Dimensione Ecologica nel nostro territorio per scoprire come decenni di lotta sindacale e dibattiti parlamentari per riconoscere nei fatti ai lavoratori il diritto di sciopero già consacrato dalla Costituzione in realtà erano stati del tutto inutli se non a far perdere i lavoratori la retribuzione della giornata. Molto rumore per nulla insomma”.
Ma per comprendere la vicenda è bene
fare un piccolo passo indietro e delineare un breve antefatto. I lavoratori
della G.M. avevano proclamato una giornata di sciopero per protestare contro il
ritardo del pagamento degli stipendi, che ad oggi, precisa la nota della Slai
Cobas, «hanno raggiunto le due mensilità con la terza in via di maturazione»,
ma per protestare anche «per le altre macroscopiche inadempienze di cui la
società in questione si è da subito resa responsabile». L’atteggiamento e le
parole della Repaci hanno suscitato un corale disappunto nella nota
organizzazione sindacale, che precisa: «A
ben vedere non è l'unica per quanto infelice uscita della rappresentante della
G.M. che si è sempre distinta per le proprie aberranti prese di posizioni che
hanno dimostrato un arrogante spregio
non solo verso un corretto sistema di relazioni sindacali ma anche nei
confronti dei capisaldi della legalità». L’affermazione della Repaci, secondo
il noto sindacato, lascia chiaramente intendere che «scioperare è inutile se
non a far perdere ai lavoratori una
parte di retribuzione visto che il servizio sul cantiere è stato comunque
svolto dall'azienda facendo ricorso ad altro personale prelevato per
l'occasione da altri cantieri». Una presa
di posizione ritenuta intollerabile, e che ha scatenato l’ira funesta della Slai Cobas. «Un tale comportamento-
tuona l’organizzazione sindacale- integra certamente gli estremi di una
condotta antisindacale che ovviamente sarà, insieme a tutti gli altri aspetti,
sottoposta all'attenzione dell'Autorità Giudiziaria competente. Ma andiamo avanti, perchè le
nefandezze di tale azienda, così brillantemene rappresentata, non si fermano
certo qua».
“Un'altra perla” della Repaci, a detta
degli estensori della nota stampa, «è
quello di fare netti distinguo tra i lavoratori, distinti tra lavoratori di
serie A e di serie B, a seconda della loro appartenenza sindacale visto che,
nella medesima giornata – e dopo due mesi di ritardo – l'azienda ha deciso bene
di corrispondere un acconto sulle retribuzioni maturate solo ai lavoratori non
iscritti allo Slai-Cobas, pentendosi
espressamente di aver corrisposto il medesimo acconto ad un lavoratore
che, circostanza di cui la stessa non era ancora a conoscenza, nel frattempo
aveva provveduto ad iscriversi alla nostra organizzazione». La stragrande maggioranza
dei lavoratori in quel cantiere, scrive ancora l’associazione di categoria, sono
assistiti dalla Slai Cobas, e questo «la dice lunga sull'ottusità di un'azienda
che, forse pensando di vivere in un territorio di frontiera dove non vi è legge
né legalità, pensa di poter fare il bello e il cattivo tempo continuando
ineffabilmente ad affermare di non aver alcun obbligo di retribuire i propri
dipendenti prima di aver incassato i relativi canoni dalle stazioni appaltanti».
E ancora, a detta dell’organizzazione
sindacale, «le inadempienze dell'azienda sono tante, a cominciare dalla mancata
effettuazione delle vaccinazioni per arrivare alle condizioni dei mezzi su cui
i lavoratori sono costretti a svolgere il servizio: mezzi fatiscenti, privi di revisione se non, in
alcuni casi, di assicurazione».
Insomma, conclude il comunicato, «un
vero e proprio Far West condito, per non farci mancare mai nulla, da un atteggiamento
di stolida arroganza che chiude la strada a qualsiasi tentativo di dialogo e che,
inevitabilmente, ci impone di portare il confronto, o per meglio dire, lo
scontro, nelle sedi opportune».
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