Nicotera.
Era
il 22 luglio. Il sindaco di Nicotera, Franco Pagano, annunciava lo sbarramento
della foce del Mesima, il primo, in genere, a salire sul banco degli imputati
nella vexata quaestio mare sporco. Davanti alle telecamere del Tg regionale il
primo cittadino, portatosi alla foce del Mesima, dove le ruspe lavoravano di
gran carriera per innalzare una barriera sabbiosa allo sbocco del temibile
fiume, dichiarò, altresì, di aver presentato un esposto alla Procura di Vibo:
la denuncia è per disastro ambientale, ovviamente contro ignoti. I lavori di
sbarramento sono costati ai contribuenti qualcosa come 27 mila euro. Una cifra
esosa di questi tempi, se si considerano le sempre risicate casse comunali, ma
è giusto che un Comune non badi a spese se può porre rimedio al dramma che ha
colpito la Marina di Nicotera. Tuttavia, nonostante l’impegno e i soldi spesi,
la chiusura della foce del Mesima non è servita a nulla. Il mare ha continuato ad
imbrattarsi ad una certa ora del giorno, divenendo impraticabile, costringendo
i bagnanti ad abbandonare la spiaggia.
Ciò, evidentemente, può
significare una cosa sola: che non è il Mesima a ridurre il mare nicoterese in
quello stato, o meglio, non è il solo imputato. Le cause dunque sarebbero altre
e sono cause che rimangono misteriose, al momento. Sta di fatto che a pagare le
conseguenze del disastro che si è abbattuto su Nicotera Marina, per la dura
legge della consequenzialità, è stato un interno territorio. Le presenze sono
vistosamente diminuite, il volume d’affari di chi lavora nell’ambito del
turismo è da allarme rosso. C’è in gioco tutta l’economia di un’area che vive
di pesca, di agricoltura e di turismo. E il maledetto luglio appena trascorso non
ha fiaccato solo l’economia del paese ma anche la fiducia dei cittadini nel
potere delle istituzioni. Il sindaco Franco Pagano si è deciso a battere un
colpo dopo la turbolenta domenica del 19 luglio. Dopo quasi venti giorni di
mare impraticabile e proteste infinite, quella torrida domenica è scoppiata la
bagarre: bagnanti inferociti hanno chiesto indietro i soldi di sdraio e
ombrellone ai gestori dei lidi; i turisti hanno disdetto gli affitti delle
case; i cittadini hanno telefonato alla stampa, alla Capitaneria di Porto, alla
Guardia Costiera, al sindaco. Una concitata richiesta di aiuto, di essere
ascoltati e di essere tutelati. Ma a pochi giorni da Ferragosto l’unica novità
è la tragicommedia che vede protagonista la contrapposizione dei dati dell’Arpacal
con quelli di Legambiente. Quelle che sono le percezioni della gente contro
quella che è l’evidenza scientifica. Ma, questa, ad onor del vero novità non è.
In quanto questo duellare tra le percezioni visive e olfattive dei cittadini e
i referti dell’Arpacal si ripropone con un puntuale costanza. Allo stesso modo,
da un lato c’è un sindaco che presenta una denuncia per disastro ambientale e
dall’altro l’agenzia regionale per la difesa dell’ambiente Calabria che attesta
l’eccellente qualità delle acque nicoteresi. Un dire e un contraddire. Dove
alloggi la verità non si sa. Nè si capisce quanto la verità dell’Arpacal aiuti
a chiarire i contorni di una vicenda troppo complessa.
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