Nicotera.
E’
partito da Spilinbergo il 16 luglio scorso a bordo di “poderosa”, la sua amata
bicicletta, con l’intenzione di attraversare pedalando la penisola italiana.
Obiettivo raggiunto: il 31 luglio ha fatto tappa a Nicotera Marina, e dopo una
breve pausa per rifocillarsi è ripartito alla volta di Capo Spartivento, la
punta estrema della Calabria.
Protagonista di questa
appassionante avventura è un giovane di 21 anni. Si chiama Luciano Di Paolo,
nicoterese da parte di mamma, studia giurisprudenza all’Università di Trieste,
e ha la passione per la bicicletta e per i lunghi viaggi solitari alla scoperta
dei mille volti dell’Italia. Ma non solo. La sua sete di scoperta e il desiderio
di esplorare nuove realtà lo hanno già spinto a progettare un nuovo viaggio. Destinazione
lo Stretto di Gibilterra, quello che, nel mondo antico, era considerato il
confine estremo del mondo. Impavido e motivato a bordo della sua bici valicherà
le Alpi per raggiungere la sua meta.
Il suo viaggio attraverso
l’Italia è stato effettuato lungo le strade provinciali. Percorreva circa 120
kilometri al giorno, faceva delle brevi soste, per rifocillarsi, mangiare e
bere qualcosa, e chiedere ai residenti delle indicazioni sulla direzione da
intraprendere. Ha mangiato panini al prosciutto, nutella e soprattutto bevuto
litri e litri di Coca Cola e Gatorade.
Il momento più
difficile del viaggio era la mattina presto, al momento di ripartire: le gambe
facevano male, ma bisognava riprendere la marcia e rimettere i muscoli in
movimento. Un viaggio entusiasmante, affascinante, alla scoperta di un Paese
dalle diverse sfaccettature, pieno di contraddizioni e fascino, ma un viaggio
percorso soprattutto per appagare un desiderio illimitato di libertà.
«Dopo la prima volta
che parti- ha detto il giovane ciclista- non riesci più a smettere, è difficile,
ti metti alla prova, ogni giorno non sai se riuscirai ad arrivare fino in fondo, è una sfida con se stessi».
Nel suo zaino di
viaggiatore solitario troviamo: indumenti, le attrezzature da campeggio e quelle per
riparare la bici in casi di guasti e, dulcis in fundo, un taccuino e una penna,
nel quale, nei momenti di pausa dalla marcia, appuntare sensazioni ed emozioni
e il preziosissimo punto di vista del viandante solitario che guarda il mondo
con lo stupore di un bambino e l’animo dell’osservatore attento e disincantato.
Tra le sue cose anche un libro di Salinger “Nove racconti”, un modo per
ritemprare lo spirito, oltre che il corpo, nei momenti di quiete in
un’avventura che richiede anche infinite energie mentali.
Gli abbiamo chiesto come
ha visto l’Italia a bordo della sua bicicletta.
«L’Italia è stupenda,-
ha detto l’infaticabile ciclista- non ci rendiamo contro che viviamo in uno dei
Paesi più belli del mondo, è uno spettacolo. Tra le varie regioni esplorate,
grande affinità emotiva con il Cilento: una zona gravata dal peso dei
pregiudizi, pregiudizi che scompaiono quando si incontra un popolo da vicino e
che evaporano al cospetto della realtà dei fatti e delle persone».
Nel corso del suo viaggio
Luciano ha fotografato le differenze esistenti tra Nord e Sud.
E’ come se una
invisibile linea dividesse in due il Belpaese, quel progresso che ha investito
l’Italia centro settentrionale, è ancora fermo ad Eboli, sotto le sembianze di
un Cristo che non ha ancora benedetto un Mezzogiorno privo di redenzione. E
così il nostro novello Carlo Levi, ha colto le differenze tra due plaghe di una
stessa nazione. Egli ha potuto, da
osservatore attento, comprendere una realtà semplice, ma fondamentale, ovvero
che «il posto in cui si vive è bello se la gente che ci abita lo ama».
Per il giovane ciclista
il legame che si ha con il proprio luogo, il senso di appartenenza, l’amore che
si nutre per la terra che ci ha generati, o il non riconoscersi in essa,
immaginando un destino migliore allontanandosene, sono emozioni, idee e
convinzioni che la colorano di positività o la spengono (allorquando
proiettiamo su di essa tristezza e rifiuto). Per tal motivo, ha osservato
Luciano «bisogna amare la terra in cui si vive, solo in questo modo lo si tiene
in modo decoroso e dignitoso».
Sulla Calabria così si
è espresso: «è una terra ospitale, ma non è chiaro quanto ci tengano i suoi
abitanti Ci sono persone che si sforzano per migliorarla, ma viene da chiedersi
quanto. Nei pressi di Scalea- ha rammentato il giovane atleta- c’è un
cavalcavia pericolosissimo tenuto male, con una bassa recinzione, molto battuto
dal vento», e qui, ci confessa, ha avuto paura. « Poi vi sono gallerie lunghe e
buie,- ha continuato- senza un sistema di ventilazione, anche qui ho avuto difficoltà,
perché ho attraversato questa lunga galleria senza avere la possibilità di
ossigenarmi bene».
Il contatto con i
familiari era costante. La mamma Cinzia D’agostino, comprensibilmente
apprensiva, lo chiamava ogni giorno per sincerarsi sulle sue condizioni
fisiche.
Il giovane atleta è
stato recentemente a Parigi, ma un viaggio organizzato non ha nulla a che fare
con un’avventura in bicicletta. Tutta un’altra storia, tutta un’altra
avventura. Al fascino dell’incognita è difficile resistere.
Enza Dell’Acqua
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