sabato 7 settembre 2013

"Donne dietro le sbarre. Da Alfonsina a Sofia Loren". Intenso libro verità di Liliana De Cristoforo.



Nicotera. Ci sono libri che si leggono tutto d’un fiato. Che catturano l’attenzione del lettore fino all’ultima pagina. Questo è il caso di “Donne dietro le sbarre”, un libro, forte e intenso, scritto con notevole maestria da Liliana De Cristoforo.  Potremmo definirlo un romanzo documentaristico, infatti preleva le sue storie (tutte rigorosamente vere) dalla dura realtà del carcere. E il carcere l’autrice lo conosce molto bene, dato che per ben 33 anni ne è stata direttrice. La De Cristoforo ha cominciato a svolgere il suo lavoro nel 1974 presso Poggio Reale. Lei, nata e vissuta in Campania, ha diretto vari istituti di pena femminili, a Napoli, Pozzuoli, Caserta. Nella sua lunga attività è entrata in contatto con le drammatiche storie di donne, finite in regime di restrizione, a causa dei più svariati crimini: dai reati contro il patrimonio all’omicidio, dal terrorismo all’associazione mafiosa. Insomma un variegato mondo di dolore e di perdizione, un territorio dove la vita si veste di colori plumbei, e dove perdere se stessi e la speranza è un eventualità con cui fare i conti ogni santo giorno tra le spesse pareti della propria cella. Liliana De Cristoforo ha inteso stabilire un dialogo con le detenute, mossa dalla volontà di comprendere l’imponderabile quid che aziona i meccanismi di un destino ineluttabile, per cui su un’esistenza normale casca una tragedia incomprensibile che cambia per sempre la vita di una persona, ma anche la vita delle persone che le ruotano intorno. Per una donna che finisce in carcere, comincia una storia di afflizione anche per i suoi figli,  vittime innocenti travolti dal destino della madre. Ognuna di esse, racconta la De Cristoforo, ha un pensiero fisso, i figli. Se non avessero questa spina nel fianco che le tormenta senza sosta, probabilmente sconterebbero la loro pena con quello spirito di sopportazione e quella forza d’animo che caratterizza tutte le donne.
Lavorando in questo ambiente, l’ex direttrice ha così potuto attingere in quel mondo fatto di esistenze difficili. Ma per ogni donna che arriva in carcere, precisa l’autrice, arriva anche tutto il suo mondo, il contesto in cui è cresciuta, l’ambiente in cui è vissuta, i suoi aguzzini; il tutto sullo sfondo di una società spesso indifferente. Nel dialogare con le detenute ogni volta si spalancavano davanti agli occhi della De Cristoforo storie di abisso e miseria morale, popolato di orribili volti di padri padroni, di mariti violenti, di madri prigioniere della paura che non hanno saputo salvare le loro figlie da abusi, anche sessuali. L’autrice ha raccolto le vicende di 12 donne, “da Alfonsina a Sophia Loren”, come precisa il sottotitolo del libro. L’autrice racconta le esistenze di queste donne attraverso trent’anni di storia d’Italia, ed è interessante notare come i crimini sono cambiati insieme ad un Paese che si andava culturalmente ed economicamente trasformando. Nel libro ad esempio si racconta la vicenda di Concetta che, alla fine degli anni ’50, uccise senza battere ciglio l’uomo che l’aveva sedotta e abbandonata. Con lucida freddezza gli scaricò addosso tutto il caricatore della pistola; gli “effetti collaterali” del suo gesto furono la morte dei due poveri malcapitati che erano seduti al bar insieme alla vittima, mentre un terzo rimase sulla sedia a rotelle. Un delitto d’onore in piena regola, una specie di giustizia selvaggia e rudimentale, baciata dal crisma di una legge non scritta viva e vegeta, in certe plaghe del Mezzogiorno, almeno fino a cinquant’anni fa.
C’è la storia di Alfonsina, uno dei pochi casi di “maschicidio” della storia del crimine in Italia: la contadina dell’Irpinia decapita con un colpo d’accetta il marito violento e tirannico. Incontriamo Olga, divenuta l’amante di un camorrista, e finita in carcere per associazione a delinquere. La tragica vicenda di Samira, nigeriana portata in Italia con la solita promessa di un lavoro e costretta a prostituirsi. Alla fine del libro troviamo poi la nota vicissitudine giudiziaria di Sophia Loren, che, nel 1982, balzò agli onori della cronaca. La Loren fu condannata per evasione fiscale e condotta a scontare la pena preso il carcere di Caserta, dove era direttrice proprio la De Cristoforo. La Loren, in quel luogo pieno di donne abbruttite dalla detenzione e divorate dall’ansia di riscatto, sembrava un essere di un mondo superiore capitato per sbaglio nella terra dove muore la speranza.
Liliana De Cristoforo trascorre tutte le sue estati a Nicotera, anche perché ha sposato un nicoterese. Conversare con lei è un’esperienza arricchente sul piano umano e culturale, è una specie di Virgilio al femminile di dantesca memoria che ti conduce nel luogo del castigo.
Ma il carcere aiuta a riabilitare i suoi ospiti? Su questo c’è da riflettere: anche se le carceri offrono al detenuto la possibilità di lavorare o dedicarsi ad attività ricreative, non potranno mai riabilitarlo, anche perché la perdita della libertà ne degrada l’animo.
Enza Dell’Acqua

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