Nicotera.
Ci
sono libri che si leggono tutto d’un fiato. Che catturano l’attenzione del
lettore fino all’ultima pagina. Questo è il caso di “Donne dietro le sbarre”,
un libro, forte e intenso, scritto con notevole maestria da Liliana De
Cristoforo. Potremmo definirlo un
romanzo documentaristico, infatti preleva le sue storie (tutte rigorosamente
vere) dalla dura realtà del carcere. E il carcere l’autrice lo conosce molto
bene, dato che per ben 33 anni ne è stata direttrice. La De Cristoforo ha
cominciato a svolgere il suo lavoro nel 1974 presso Poggio Reale. Lei, nata e
vissuta in Campania, ha diretto vari istituti di pena femminili, a Napoli,
Pozzuoli, Caserta. Nella sua lunga attività è entrata in contatto con le
drammatiche storie di donne, finite in regime di restrizione, a causa dei più
svariati crimini: dai reati contro il patrimonio all’omicidio, dal terrorismo
all’associazione mafiosa. Insomma un variegato mondo di dolore e di perdizione,
un territorio dove la vita si veste di colori plumbei, e dove perdere se stessi
e la speranza è un eventualità con cui fare i conti ogni santo giorno tra le
spesse pareti della propria cella. Liliana De Cristoforo ha inteso stabilire un
dialogo con le detenute, mossa dalla volontà di comprendere l’imponderabile
quid che aziona i meccanismi di un destino ineluttabile, per cui su un’esistenza
normale casca una tragedia incomprensibile che cambia per sempre la vita di una
persona, ma anche la vita delle persone che le ruotano intorno. Per una donna
che finisce in carcere, comincia una storia di afflizione anche per i suoi
figli, vittime innocenti travolti dal
destino della madre. Ognuna di esse, racconta la De Cristoforo, ha un pensiero
fisso, i figli. Se non avessero questa spina nel fianco che le tormenta senza
sosta, probabilmente sconterebbero la loro pena con quello spirito di
sopportazione e quella forza d’animo che caratterizza tutte le donne.
Lavorando in questo
ambiente, l’ex direttrice ha così potuto attingere in quel mondo fatto di
esistenze difficili. Ma per ogni donna che arriva in carcere, precisa l’autrice,
arriva anche tutto il suo mondo, il contesto in cui è cresciuta, l’ambiente in
cui è vissuta, i suoi aguzzini; il tutto sullo sfondo di una società spesso
indifferente. Nel dialogare con le detenute ogni volta si spalancavano davanti
agli occhi della De Cristoforo storie di abisso e miseria morale, popolato di
orribili volti di padri padroni, di mariti violenti, di madri prigioniere della
paura che non hanno saputo salvare le loro figlie da abusi, anche sessuali. L’autrice
ha raccolto le vicende di 12 donne, “da Alfonsina a Sophia Loren”, come precisa
il sottotitolo del libro. L’autrice racconta le esistenze di queste donne
attraverso trent’anni di storia d’Italia, ed è interessante notare come i
crimini sono cambiati insieme ad un Paese che si andava culturalmente ed
economicamente trasformando. Nel libro ad esempio si racconta la vicenda di
Concetta che, alla fine degli anni ’50, uccise senza battere ciglio l’uomo che
l’aveva sedotta e abbandonata. Con lucida freddezza gli scaricò addosso tutto
il caricatore della pistola; gli “effetti collaterali” del suo gesto furono la
morte dei due poveri malcapitati che erano seduti al bar insieme alla vittima,
mentre un terzo rimase sulla sedia a rotelle. Un delitto d’onore in piena
regola, una specie di giustizia selvaggia e rudimentale, baciata dal crisma di
una legge non scritta viva e vegeta, in certe plaghe del Mezzogiorno, almeno
fino a cinquant’anni fa.
C’è la storia di
Alfonsina, uno dei pochi casi di “maschicidio” della storia del crimine in
Italia: la contadina dell’Irpinia decapita con un colpo d’accetta il marito
violento e tirannico. Incontriamo Olga, divenuta l’amante di un camorrista, e
finita in carcere per associazione a delinquere. La tragica vicenda di Samira,
nigeriana portata in Italia con la solita promessa di un lavoro e costretta a
prostituirsi. Alla fine del libro troviamo poi la nota vicissitudine
giudiziaria di Sophia Loren, che, nel 1982, balzò agli onori della cronaca. La
Loren fu condannata per evasione fiscale e condotta a scontare la pena preso il
carcere di Caserta, dove era direttrice proprio la De Cristoforo. La Loren, in
quel luogo pieno di donne abbruttite dalla detenzione e divorate dall’ansia di
riscatto, sembrava un essere di un mondo superiore capitato per sbaglio nella
terra dove muore la speranza.
Liliana De Cristoforo
trascorre tutte le sue estati a Nicotera, anche perché ha sposato un
nicoterese. Conversare con lei è un’esperienza arricchente sul piano umano e
culturale, è una specie di Virgilio al femminile di dantesca memoria che ti
conduce nel luogo del castigo.
Ma il carcere aiuta a
riabilitare i suoi ospiti? Su questo c’è da riflettere: anche se le carceri
offrono al detenuto la possibilità di lavorare o dedicarsi ad attività
ricreative, non potranno mai riabilitarlo, anche perché la perdita della
libertà ne degrada l’animo.
Enza Dell’Acqua
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