domenica 10 novembre 2013

Simona Riso: fiaccolata di solidarietà a San Calogero. La morte ancora avvolta nel mistero.







San Calogero. Eccezionale esperienza di condivisione collettiva di un dramma ieri sera a San Calogero. Centinaia di persone hanno sfilato per le vie del paese, centinaia di fiaccole accese hanno voluto ricordare Simona Riso, la ventottenne morta a Roma, il 30 ottobre scorso, in circostanze misteriose.
La manifestazione ha voluto essere un momento di riflessione corale su un evento tragico e inaccettabile, ma anche il desiderio da parte di tutti i cittadini di stringersi intorno a due genitori ancora troppo frastornati da un dolore che non trova consolazione. La speranza di tutti, in primis i familiari, è che non scenda un velo di silenzio sulla morte della ragazza, ma che si proseguano le indagini, che si tenti di dare un perché a una morte inconcepibile.
La manifestazione ha visto una massiccia partecipazione popolare. Tantissime persone, giovani, anziani, bambini. Tutte le associazioni cittadine; i rappresentanti istituzionali; la chiesa; le scuole. Quando il corteo ha avuto inizio, partendo dalla chiesa matrice, un’atmosfera irreale ha aleggiato sulle centinaia di persone che attendevano fuori dall’edificio sacro l’inizio della fiaccolata. Silenzio e compostezza sembravano palpabili tra i cittadini: tutti insieme hanno percorso il corso principale del paese. Le fiaccole,  il solo rumore dei passi sul selciato, i flash delle foto dei giornalisti, e gli sguardi frastornati della gente, conferivano un aspetto surreale alla processione in onore di Simona: il corteo proseguiva lento e solenne, come il funerale di una principessa.
Da queste parti dell’Italia la gente è abituata a sentire parlare di morti violente, eppure questa morte, avvenuta in un’altra latitudine, e non solo geografica, ma anche esistenziale, viene inondata, incomprensibilmente, da un’altra luce. Si può morire nel silenzio e nell’indifferenza, oppure nel clamore, in ogni caso una morte violenta attende risposte, attende verità. Ma la verità, sul caso di Simona, non sembra al momento a portata di mano. Voci incontrollate, inquietanti rivelazioni, un insieme di supposizioni, tra conferme e smentite, rendono per il momento assai ingarbugliato il caso. Intanto gli inquirenti cercano, scavano nel passato della giovane. Tra i tanti cartelloni e striscioni esibiti dai partecipanti al corteo, ce n’era uno portato con religioso contegno da due bambini, vi era scritto: «Un angelo attende verità». Ma la verità che emerge nelle ultime ore sta prendendo una piega assai delicata. Sembra emergere un segreto doloroso dal passato di questa ragazza. Un fatto, un evento, un dramma mai dimenticato e che si ripresentava nella vita della giovane risucchiandone la vitalità, come un vampiro mai completamente esorcizzato. Simona prima di morire ha detto chiaramente ai sanitari di essere stata violentata. Qui inizia il giallo, qui si fa strada il mistero. Per i medici la ragazza non ha subìto violenza, ma lei proclama al mondo prima di morire il suo terribile segreto, il suo dramma e un orrore rimasto impunito.
Una volta uno storico disse che i calabresi hanno nel loro Dna i geni dei personaggi delle tragedie greche, e lo storia di Simona sembra quasi la storia di una delle tante protagoniste delle opere dei drammaturghi ellenici.
Simona, nell’immaginario collettivo, viene adesso percepita quasi come l’eroina per la quale prendere decisioni estreme è un obbligo, anzi il riscatto arriva da un sacrificio estremo, un dovere verso se stesse, ma anche nei confronti della comunità; quasi immolandosi in nome di una verità finora celata, ma che adesso esplode in tutta la sua recrudescenza. La gente a San Calogero non vuole parlare della tragica fine di questa ragazza: bisbiglia sottovoce ai cronisti le solite frasi che si dicono sugli scomparsi, “era un brava ragazza”. Nulla di più. Ma di certo in cuor suo ha maturato supposizioni che, pervicacemente, non rivela.
La lunga marcia per ricordare Simona si è conclusa nel centro del paese con gli interventi delle autorità. Poi il corteo si è sciolto, spente le candele, espletato il rito della solidarietà collettiva, la gente è ritornata alle loro case. Alla vita di sempre. Anche i giornalisti, finito il loro lavoro, hanno spento le telecamere. Ma per i genitori di Simona la ferita resterà sempre aperta.
Enza Dell’Acqua

Nessun commento:

Posta un commento