San
Calogero. Eccezionale esperienza di condivisione collettiva di
un dramma ieri sera a San Calogero. Centinaia di persone hanno sfilato per le
vie del paese, centinaia di fiaccole accese hanno voluto ricordare Simona Riso,
la ventottenne morta a Roma, il 30 ottobre scorso, in circostanze misteriose.
La manifestazione ha
voluto essere un momento di riflessione corale su un evento tragico e
inaccettabile, ma anche il desiderio da parte di tutti i cittadini di
stringersi intorno a due genitori ancora troppo frastornati da un dolore che
non trova consolazione. La speranza di tutti, in primis i familiari, è che non
scenda un velo di silenzio sulla morte della ragazza, ma che si proseguano le
indagini, che si tenti di dare un perché a una morte inconcepibile.
La manifestazione ha
visto una massiccia partecipazione popolare. Tantissime persone, giovani,
anziani, bambini. Tutte le associazioni cittadine; i rappresentanti
istituzionali; la chiesa; le scuole. Quando il corteo ha avuto inizio, partendo
dalla chiesa matrice, un’atmosfera irreale ha aleggiato sulle centinaia di
persone che attendevano fuori dall’edificio sacro l’inizio della fiaccolata.
Silenzio e compostezza sembravano palpabili tra i cittadini: tutti insieme
hanno percorso il corso principale del paese. Le fiaccole, il solo rumore dei passi sul selciato, i
flash delle foto dei giornalisti, e gli sguardi frastornati della gente,
conferivano un aspetto surreale alla processione in onore di Simona: il corteo
proseguiva lento e solenne, come il funerale di una principessa.
Da queste parti
dell’Italia la gente è abituata a sentire parlare di morti violente, eppure
questa morte, avvenuta in un’altra latitudine, e non solo geografica, ma anche
esistenziale, viene inondata, incomprensibilmente, da un’altra luce. Si può morire
nel silenzio e nell’indifferenza, oppure nel clamore, in ogni caso una morte
violenta attende risposte, attende verità. Ma la verità, sul caso di Simona,
non sembra al momento a portata di mano. Voci incontrollate, inquietanti
rivelazioni, un insieme di supposizioni, tra conferme e smentite, rendono per
il momento assai ingarbugliato il caso. Intanto gli inquirenti cercano, scavano
nel passato della giovane. Tra i tanti cartelloni e striscioni esibiti dai
partecipanti al corteo, ce n’era uno portato con religioso contegno da due
bambini, vi era scritto: «Un angelo attende verità». Ma la verità che emerge
nelle ultime ore sta prendendo una piega assai delicata. Sembra emergere un
segreto doloroso dal passato di questa ragazza. Un fatto, un evento, un dramma
mai dimenticato e che si ripresentava nella vita della giovane risucchiandone
la vitalità, come un vampiro mai completamente esorcizzato. Simona prima di
morire ha detto chiaramente ai sanitari di essere stata violentata. Qui inizia
il giallo, qui si fa strada il mistero. Per i medici la ragazza non ha subìto
violenza, ma lei proclama al mondo prima di morire il suo terribile segreto, il
suo dramma e un orrore rimasto impunito.
Una volta uno storico
disse che i calabresi hanno nel loro Dna i geni dei personaggi delle tragedie
greche, e lo storia di Simona sembra quasi la storia di una delle tante
protagoniste delle opere dei drammaturghi ellenici.
Simona, nell’immaginario
collettivo, viene adesso percepita quasi come l’eroina per la quale prendere
decisioni estreme è un obbligo, anzi il riscatto arriva da un sacrificio
estremo, un dovere verso se stesse, ma anche nei confronti della comunità; quasi
immolandosi in nome di una verità finora celata, ma che adesso esplode in tutta
la sua recrudescenza. La gente a San Calogero non vuole parlare della tragica
fine di questa ragazza: bisbiglia sottovoce ai cronisti le solite frasi che si
dicono sugli scomparsi, “era un brava ragazza”. Nulla di più. Ma di certo in
cuor suo ha maturato supposizioni che, pervicacemente, non rivela.
La lunga marcia per
ricordare Simona si è conclusa nel centro del paese con gli interventi delle
autorità. Poi il corteo si è sciolto, spente le candele, espletato il rito
della solidarietà collettiva, la gente è ritornata alle loro case. Alla vita di
sempre. Anche i giornalisti, finito il loro lavoro, hanno spento le telecamere.
Ma per i genitori di Simona la ferita resterà sempre aperta.
Enza Dell’Acqua
Nessun commento:
Posta un commento