sabato 2 novembre 2013

Il culto della morte e la teoria, confortata da Luigi Lombardi Satriani, secondo la quale Halloween è nata a Nicotera



Nicotera. In tutte le culture delle epoche passate c’è un momento dell’anno in cui il mondo dei vivi si incontra con quello dei morti. Scorrendo le pagine del Ramo d’oro di Frazer, uno dei più importanti ricercatori di usi e costumi popolari e di antropologia culturale, scopriamo quanto sia radicata nell’essere umano l’esigenza e il desiderio di avvicinarsi sempre di più a quella linea di confine che lo separa dal mondo dei morti, quel mondo mai visitato da persona vivente, ma sempre presente nell’immaginario collettivo dell’umanità.
Restando nell’ambito della cultura occidentale i giorni che vanno dal 31 ottobre al 2 di novembre sono i momenti in cui ci si confronta con la realtà della morte, anzi, i morti escono dalla loro indefinibile dimensione per incontrarsi con i vivi. Le antichissime tradizioni correlate al culto dei defunti hanno resistito indenni nei secoli, nonostante il peso culturale dell’illuminismo prima e del positivismo poi, abbia cercato di sopprimere ogni rigurgito metafisico. Ma la morte non è una fantasia da poeta romantico, ma è una realtà cui ogni essere umano è tenuto a fare i conti. E questa conturbante consapevolezza ha indotto interi popoli a dei riti volti ad esorcizzarne la paura, intesa come mistero insolubile.
La festività di Ognissanti sembra abbia antiche origini celtiche: esso è con ogni probabilità collegato all’esigenza dei popoli della Gallia Transalpina, conquistata da Cesare, di ringraziare i defunti e le divinità della natura per il buon raccolto. E’ infatti plausibile che per popoli che vivevano esclusivamente di agricoltura, i mesi da maggio a ottobre erano quelli che donavano agli uomini di che vivere e sostenersi. Tuttavia tale usanza non può essere definita autoctona: con ogni probabilità furono gli stessi conquistatori Romani a portare tale culto nei territori celtici. I Romani infatti, intrisi di cultura greca, avevano grande familiarità e dimestichezza con il mondo della morte, e ciò è ben rappresentato in una serie di contingenze, sia di tipo prettamente antropologico e mitologico che squisitamente letterario. Presso i nostri progenitori erano molto diffusi il culto in onore dei familiari defunti (i Lari e i Familiaria). Inoltre, non si può non menzionare che nell’epos greco-latino vi è sempre un eroe che effettua una discesa agli Inferi, dove incontrerà i defunti. Infine, una menzione speciale spetta a Plutone, dio del regno dei morti, che, secondo il mito, proprio alla fine di ottobre risale dalla sua dimensione sotterranea per rapire Proserpina condurla nel regno dei morti e qui sposarla.
Il mito dunque si collega alla letteratura e alle credenze popolari, ma ciò che si deduce da questo portentoso intreccio è che il culto e le dimestichezza del mondo dei morti sono appannaggio della cultura latina. Questo ci autorizza, in un certo senso, a rivendicare l’origine della festa di Halloween, come festività che nasce dalla cultura meridionale italiana, dove più pervicacemente ha resistito l’antica familiarità con la dimensione dei defunti. E’ plausibile ipotizzare che la festa di Halloween sia nata nel Mezzogiorno d’Italia e, nella fattispecie, proprio a Nicotera, dove una serie di usi e tradizioni si ricollegano alle modalità di festeggiare Halloween da parte degli americani. Le grandi ondate migratorie dell’800 e del ‘900, hanno, con ogni probabilità, trasportato il culto negli Stati Uniti, dove si radicata e diffusa con incredibile rapidità, fino a diventare un business che ha dimenticato il suo senso e il suo perché.
Sulla possibile nascita di Halloween a Nicotera ne ha parlato anche un grande etnologo contemporaneo, si tratta di Luigi Lombardi Satriani, il quale così scriveva in “Ossimori”, rubrica settimanale del Quotidiano della Calabria, del 1 dicembre 2009: «Ho avuto più volte modo di notare sia in articoli che in trasmissioni televisive, come il rituale delle zucche illuminate per simboleggiare il ritorno rituale dei morti fosse presente a Nicotera e in alcuni paesi della nostra Regione. In questa cittadina nel giorno dei morti i bambini andavano nelle case, portando una zucca svuotata e lavorata a mo’ di teschio, nel suo interno era accesa una candela. Con questa maschera mortuaria chiedevano: “ndi dati i beneditti morti?” (ce li date i morti benedetti), ricevendone in cambio cibi e più raramente soldi. Tale usanza è stata confermata da numerose persone che ricordavano di aver partecipato da ragazzi a questo giro di questua. Queste testimonianze, che confermavano quanto Mariano Meligrana e io avevamo segnalato nel nostro “Il ponte di San Giacomo”, sono emerse nel corso in di un vivace incontro culturale organizzato nei primi di novembre a Nicotera Marina dalla Proloco, efficacemente presieduta da Giovanni Bianco».
Confortati dall’insigne parere di Luigi Lombardi Satriani, ora ci appare chiaro che Halloween non è una festa importata dagli americani, ma sono stati gli emigranti meridionali a veicolarla in America. A tale teoria si allinea anche lo storico nicoterese Pasquale Barbalace, il quale ha partecipato al convegno menzionato da Lombardo Satriani, dove ha avuto modo di offrire il suo contributo di studioso. Il professore Barbalace ci ricorda inoltre che della faccenda Nicotera come madre di Halloween se n’è interessato Tony Capuozzo, nel suo programma Terra!
Così in merito si espresso il professore Barbalace in un suo articolo apparso proprio sulle pagine di questo giornale: «Quella che oggi gli americani chiamano Halloween è nata a Nicotera. Ed  è quanto mai corretto che se ne rivendichi la primogenitura, in un momento in cui seguendo le mode si è soliti americanizzare usi costumi e tradizioni che hanno invece radici antichissime nella nostra storia».
Si preparano tuttora a Nicotera dei dolci, chiamati “ossa di morto”, preparati con le mandorle. Mentre fino a un quarantennio fa, la notte tra l’1 e il 2 novembre si mettevano sui davanzali delle finestre un catino d’acqua con una tovaglietta, perché si riteneva che gli spiriti dei defunti tornassero e bisognava accogliere gli ospiti nel migliore dei modi.
Enza Dell’Acqua

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