Nicotera.
In
tutte le culture delle epoche passate c’è un momento dell’anno in cui il mondo
dei vivi si incontra con quello dei morti. Scorrendo le pagine del Ramo d’oro
di Frazer, uno dei più importanti ricercatori di usi e costumi popolari e di
antropologia culturale, scopriamo quanto sia radicata nell’essere umano
l’esigenza e il desiderio di avvicinarsi sempre di più a quella linea di
confine che lo separa dal mondo dei morti, quel mondo mai visitato da persona
vivente, ma sempre presente nell’immaginario collettivo dell’umanità.
Restando nell’ambito
della cultura occidentale i giorni che vanno dal 31 ottobre al 2 di novembre
sono i momenti in cui ci si confronta con la realtà della morte, anzi, i morti
escono dalla loro indefinibile dimensione per incontrarsi con i vivi. Le
antichissime tradizioni correlate al culto dei defunti hanno resistito indenni
nei secoli, nonostante il peso culturale dell’illuminismo prima e del
positivismo poi, abbia cercato di sopprimere ogni rigurgito metafisico. Ma la
morte non è una fantasia da poeta romantico, ma è una realtà cui ogni essere
umano è tenuto a fare i conti. E questa conturbante consapevolezza ha indotto
interi popoli a dei riti volti ad esorcizzarne la paura, intesa come
mistero insolubile.
La festività di
Ognissanti sembra abbia antiche origini celtiche: esso è con ogni probabilità
collegato all’esigenza dei popoli della Gallia Transalpina, conquistata da
Cesare, di ringraziare i defunti e le divinità della natura per il buon
raccolto. E’ infatti plausibile che per popoli che vivevano esclusivamente di
agricoltura, i mesi da maggio a ottobre erano quelli che donavano agli uomini
di che vivere e sostenersi. Tuttavia tale usanza non può essere definita
autoctona: con ogni probabilità furono gli stessi conquistatori Romani a
portare tale culto nei territori celtici. I Romani infatti, intrisi di cultura
greca, avevano grande familiarità e dimestichezza con il mondo della morte, e
ciò è ben rappresentato in una serie di contingenze, sia di tipo prettamente
antropologico e mitologico che squisitamente letterario. Presso i nostri
progenitori erano molto diffusi il culto in onore dei familiari defunti (i Lari
e i Familiaria). Inoltre, non si può non menzionare che nell’epos greco-latino
vi è sempre un eroe che effettua una discesa agli Inferi, dove incontrerà i
defunti. Infine, una menzione speciale spetta a Plutone, dio del regno dei
morti, che, secondo il mito, proprio alla fine di ottobre risale dalla sua
dimensione sotterranea per rapire Proserpina condurla nel regno dei morti e qui
sposarla.
Il mito dunque si
collega alla letteratura e alle credenze popolari, ma ciò che si deduce
da questo portentoso intreccio è che il culto e le dimestichezza del mondo dei
morti sono appannaggio della cultura latina. Questo ci autorizza, in un certo
senso, a rivendicare l’origine della festa di Halloween, come festività che
nasce dalla cultura meridionale italiana, dove più pervicacemente ha resistito
l’antica familiarità con la dimensione dei defunti. E’ plausibile ipotizzare
che la festa di Halloween sia nata nel Mezzogiorno d’Italia e, nella
fattispecie, proprio a Nicotera, dove una serie di usi e tradizioni si
ricollegano alle modalità di festeggiare Halloween da parte degli americani. Le
grandi ondate migratorie dell’800 e del ‘900, hanno, con ogni probabilità,
trasportato il culto negli Stati Uniti, dove si radicata e diffusa con
incredibile rapidità, fino a diventare un business che ha dimenticato il suo
senso e il suo perché.
Sulla possibile nascita
di Halloween a Nicotera ne ha parlato anche un grande etnologo contemporaneo,
si tratta di Luigi Lombardi Satriani, il quale così scriveva in “Ossimori”,
rubrica settimanale del Quotidiano della Calabria, del 1 dicembre 2009: «Ho
avuto più volte modo di notare sia in articoli che in trasmissioni televisive,
come il rituale delle zucche illuminate per simboleggiare il ritorno rituale
dei morti fosse presente a Nicotera e in alcuni paesi della nostra Regione. In
questa cittadina nel giorno dei morti i bambini andavano nelle case, portando
una zucca svuotata e lavorata a mo’ di teschio, nel suo interno era accesa una
candela. Con questa maschera mortuaria chiedevano: “ndi dati i beneditti
morti?” (ce li date i morti benedetti), ricevendone in cambio cibi e più
raramente soldi. Tale usanza è stata confermata da numerose persone che
ricordavano di aver partecipato da ragazzi a questo giro di questua. Queste
testimonianze, che confermavano quanto Mariano Meligrana e io avevamo segnalato
nel nostro “Il ponte di San Giacomo”, sono emerse nel corso in di un vivace
incontro culturale organizzato nei primi di novembre a Nicotera Marina dalla
Proloco, efficacemente presieduta da Giovanni Bianco».
Confortati dall’insigne
parere di Luigi Lombardi Satriani, ora ci appare chiaro che Halloween non è una
festa importata dagli americani, ma sono stati gli emigranti meridionali a
veicolarla in America. A tale teoria si allinea anche lo storico nicoterese
Pasquale Barbalace, il quale ha partecipato al convegno menzionato da Lombardo
Satriani, dove ha avuto modo di offrire il suo contributo di studioso. Il
professore Barbalace ci ricorda inoltre che della faccenda Nicotera come madre
di Halloween se n’è interessato Tony Capuozzo, nel suo programma Terra!
Così in merito si
espresso il professore Barbalace in un suo articolo apparso proprio sulle
pagine di questo giornale: «Quella che oggi gli americani chiamano Halloween è
nata a Nicotera. Ed è quanto mai
corretto che se ne rivendichi la primogenitura, in un momento in cui seguendo
le mode si è soliti americanizzare usi costumi e tradizioni che hanno invece
radici antichissime nella nostra storia».
Si preparano tuttora a
Nicotera dei dolci, chiamati “ossa di morto”, preparati con le mandorle. Mentre
fino a un quarantennio fa, la notte tra l’1 e il 2 novembre si mettevano sui
davanzali delle finestre un catino d’acqua con una tovaglietta, perché si
riteneva che gli spiriti dei defunti tornassero e bisognava accogliere gli
ospiti nel migliore dei modi.
Enza Dell’Acqua
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