Questo articolo è uscito il 6 agosto.
Nicotera.
Sono
bastati cinque minuti esatti di pioggia intensa a far precipitare nuovamente la
cittadina medmea nell’incubo vissuto il 19 giugno scorso, quando un violento
nubifragio ha messo in ginocchio Nicotera e la sua frazione Marina, causando
molteplici danni sia ai privati cittadini che all’intero territorio comunale.
Per fortuna la pioggia ieri pomeriggio è durata solo una manciata di minuti, ma
tanto le è bastato per allagare le vie della Marina e di alcune zone di
Nicotera superiore, più o meno le stesse che sono state colpite dall’alluvione
di giugno, aree cittadine interessate negli anni da un’edilizia selvaggia
che non ha tenuto conto della morfologia di quelle aree, tendenzialmente
franose e tenute in piedi da decine di muri di contenimento. Quegli stessi
muri che il temporale di quasi due mesi fa ha sbriciolato trascinando a valle
tutto ciò che trovava sul suo percorso. Il fatto che bastino pochi minuti di
pioggia a far ripiombare la città nell’angoscia e a provocare disagi evidenti
indica, senza tema di smentite, che le criticità idrogeologiche non sono mai
state davvero affrontare e risolte. Il territorio nicoterese è lastricato da
una serie infinita di canaloni che in caso di copiose precipitazioni si
riempiono e tracimano mettendo in pericolo cose e persone. L’ente provinciale,
si è sempre disinteressato di porre in sicurezza il territorio, nonostante gli
allarmi lanciati dai cittadini: i soldi venivano spesso dirottati altrove, per
creare opere talvolta inutili, malfatte e spesso dannose. L’assenza di etica
ambientale, o di semplice buon senso, ha impedito agli amministratori di
fronteggiare i problemi reali del territorio. Ma addossare la colpa esclusivamente
alla provincia sarebbe riduttivo: in Calabria esistono moltissimi enti,
inventati dalla Regione, deputati proprio alla cura e al monitoraggio del
territorio. Ma nessuno li ha mai visti concretamente sul campo. Né il Comune di
Nicotera dispone di un piano di intervento per le gravi emergenze. Ma questo,
pare, sia un inammissibile deficit comune a molti centri della Calabria,
“sfasciume pendulo tra due mari”, come la definì nel 1910 lo scrittore Giustino
Fortunato per denunciare i rischi idrogeologici che l’attanagliano.
Nessun commento:
Posta un commento