mercoledì 15 agosto 2018

La mattanza di maggio 3

Nicotera. Un paese ancora sotto shock, attonito. Un’atmosfera quasi rarefatta, pervasa di paura e sconcerto. Questo era il clima che si respirava ieri mattina a Nicotera, il giorno dopo la sparatoria che ha provocato due morti ed interminabili ore di terrore. Fino a tarda sera si sono alternati momenti di sollievo e delusione: le notizie della cattura dell’assalitore venivano subito smentite, per poi essere riconfermate, in una sfibrante altalena di preoccupazione e tregua. Alla fine è emersa la verità: Francesco Olivieri era ancora un uomo ricercato, e con questa dura consapevolezza è calata la notte su un paese affranto. E con lo stesso stato d’animo si è svegliato l’indomani mattina: scosso per la tremenda fine delle povere vittime e per il fatto che uno spietato assassino armato era riuscito a sfuggire alle ricerche delle Forze dell’ordine, e che poteva essere a pochi passi delle loro case, o chissà dove, ma comunque nel perimetro di un territorio trasformatosi improvvisamente in un labirinto pieno di infiniti cunicoli in cui egli era diventato invisibile, riuscendo quasi a mimetizzarsi con le piante, la terra, le cose, a sfuggire abilmente anche agli occhi dell’esperto nucleo dei Cacciatori di Calabria. Tutti, in paese, si sono sentiti improvvisamente più insicuri, più fragili, più tristi. La cifra dello stato d’animo dei nicoteresi era tutta nelle aule vuote delle scuole, di ogni ordine e grado. Dalla scuola materna alle superiori alunni assenti: i genitori li hanno lasciati a casa, terrorizzati all’idea che il folle armato di fucile potesse sfogare il suo odio mortale anche contro i loro figli. Il Liceo classico, venerdì, era ancora pieno di studenti mentre gli spari spezzavano il silenzio del primo pomeriggio; sfrecciavano davanti le auto dei Carabinieri e ronzavano sopra il tetto gli elicotteri in un clima da “dies irae”. Poi giunse l’ordine perentorio della dirigente: nessun ragazzo era autorizzato ad uscire dall’istituto. Tutti barricati nel pianeta dello studio e dei grandi classici per ripararsi dall’orrore e dall’ignoranza della violenza. I ragazzi potevano lasciare il Liceo solo se a prelevarli fossero stati esclusivamente i genitori. E così a mano a mano arrivavano padri e madri, trafelati e a passo svelto, a portare al sicuro i loro figli, tra le sirene e le divise, in un clima surreale da attacco terroristico. Memori della terribile giornata, ieri gli alunni hanno disertato le lezioni, e  le scuole sono rimaste tristemente vuote, per la prima volta nella storia del paese, per una ragione simile. La situazione per le vie cittadine non era certo migliore. Poca, pochissima gente. I bar semideserti, poche persone raggruppate di qua e di là a commentare i fatti, a chiedersi perché. E piano piano, nei racconti di chi è stato testimone di quelle ore concitate, emergeva un quadro allucinante della dinamica dei fatti, di quel giovane fuori controllo che esplodeva colpi di fucile al suo passaggio, in corso Cavour, in via Castello. Coriandoli di bossoli segnavano il suo passaggio, mentre sfrecciava per le strette vie del paese, a bordo della sua Panda, a una velocità supersonica. Una ragazza in piazza Garibaldi è riuscita miracolosamente a schivare la sua auto, che procedeva follemente infrangendo il senso unico. Ma nessuno immaginava che quelle bravate in auto fossero il preludio di un tremendo piano criminale. Dopo il suo passaggio, solo lutto e spavento. Le agghiaccianti urla di disperazione dei familiari delle vittime si espandevano nei quartiere San Francesco e via Nuovo Liceo, mentre lui era già in fuga. Di questo giovane assassino è stata già delineata la vita famigliare, segnata da un grave lutto, e sono stati sottolineati i suoi guai con la giustizia. Nel suo profilo Facebook campeggia un’immagine del suo eroe preferito, Diabolik, il personaggio dei fumetti che nasce come ladro e spietato assassino ma poi diventa buono e umano. Ma questa storia non è un fumetto, ma una tragica storia di morte e forse di vendetta

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