Nicotera. Un paese ancora sotto
shock, attonito. Un’atmosfera quasi rarefatta, pervasa di paura e sconcerto.
Questo era il clima che si respirava ieri mattina a Nicotera, il giorno dopo la
sparatoria che ha provocato due morti ed interminabili ore di terrore. Fino a
tarda sera si sono alternati momenti di sollievo e delusione: le notizie della
cattura dell’assalitore venivano subito smentite, per poi essere riconfermate,
in una sfibrante altalena di preoccupazione e tregua. Alla fine è emersa la
verità: Francesco Olivieri era ancora un uomo ricercato, e con questa dura
consapevolezza è calata la notte su un paese affranto. E con lo stesso stato
d’animo si è svegliato l’indomani mattina: scosso per la tremenda fine delle
povere vittime e per il fatto che uno spietato assassino armato era riuscito a
sfuggire alle ricerche delle Forze dell’ordine, e che poteva essere a pochi
passi delle loro case, o chissà dove, ma comunque nel perimetro di un
territorio trasformatosi improvvisamente in un labirinto pieno di infiniti
cunicoli in cui egli era diventato invisibile, riuscendo quasi a mimetizzarsi
con le piante, la terra, le cose, a sfuggire abilmente anche agli occhi
dell’esperto nucleo dei Cacciatori di Calabria. Tutti, in paese, si sono
sentiti improvvisamente più insicuri, più fragili, più tristi. La cifra dello
stato d’animo dei nicoteresi era tutta nelle aule vuote delle scuole, di ogni
ordine e grado. Dalla scuola materna alle superiori alunni assenti: i genitori
li hanno lasciati a casa, terrorizzati all’idea che il folle armato di fucile
potesse sfogare il suo odio mortale anche contro i loro figli. Il Liceo
classico, venerdì, era ancora pieno di studenti mentre gli spari spezzavano il
silenzio del primo pomeriggio; sfrecciavano davanti le auto dei Carabinieri e
ronzavano sopra il tetto gli elicotteri in un clima da “dies irae”. Poi giunse
l’ordine perentorio della dirigente: nessun ragazzo era autorizzato ad uscire
dall’istituto. Tutti barricati nel pianeta dello studio e dei grandi classici
per ripararsi dall’orrore e dall’ignoranza della violenza. I ragazzi potevano
lasciare il Liceo solo se a prelevarli fossero stati esclusivamente i genitori.
E così a mano a mano arrivavano padri e madri, trafelati e a passo svelto, a
portare al sicuro i loro figli, tra le sirene e le divise, in un clima surreale
da attacco terroristico. Memori della terribile giornata, ieri gli alunni hanno
disertato le lezioni, e le scuole sono
rimaste tristemente vuote, per la prima volta nella storia del paese, per una
ragione simile. La situazione per le vie cittadine non era certo migliore.
Poca, pochissima gente. I bar semideserti, poche persone raggruppate di qua e
di là a commentare i fatti, a chiedersi perché. E piano piano, nei racconti di
chi è stato testimone di quelle ore concitate, emergeva un quadro allucinante della
dinamica dei fatti, di quel giovane fuori controllo che esplodeva colpi di
fucile al suo passaggio, in corso Cavour, in via Castello. Coriandoli di
bossoli segnavano il suo passaggio, mentre sfrecciava per le strette vie del
paese, a bordo della sua Panda, a una velocità supersonica. Una ragazza in
piazza Garibaldi è riuscita miracolosamente a schivare la sua auto, che
procedeva follemente infrangendo il senso unico. Ma nessuno immaginava che
quelle bravate in auto fossero il preludio di un tremendo piano criminale. Dopo
il suo passaggio, solo lutto e spavento. Le agghiaccianti urla di disperazione
dei familiari delle vittime si espandevano nei quartiere San Francesco e via
Nuovo Liceo, mentre lui era già in fuga. Di questo giovane assassino è stata
già delineata la vita famigliare, segnata da un grave lutto, e sono stati
sottolineati i suoi guai con la giustizia. Nel suo profilo Facebook campeggia
un’immagine del suo eroe preferito, Diabolik, il personaggio dei fumetti che
nasce come ladro e spietato assassino ma poi diventa buono e umano. Ma questa
storia non è un fumetto, ma una tragica storia di morte e forse di vendetta
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