mercoledì 15 agosto 2018

La mattanza di maggio 2


Nicotera. Mentre continuano le ricerche di Francesco Olivieri, e l’intera popolazione è in trepida attesa della notizia della sua cattura, nuovi particolari cominciano ad emergere intorno al movente dell’azione omicidiaria messa in atto dall’assassino. Ad armare la mano del giovane pare sia stato un proposito di vendetta maturato nel tempo; germogliato nella sua testa quando era ancora un ragazzino di dieci anni e assistette al funerale di suo fratello Mario, morto assassinato. Ma la tragica fine del primogenito dei fratelli Olivieri pare non sia stata l’unica molla che ha trasformato un ragazzo scapestrato in un assassino. Altri pezzi del mosaico criminale piano piano vengono collocati al loro posto e il quadro che ne viene fuori è di una persona animata da un feroce risentimento verso le vittime, a causa di colpe vere o presunte, di certo ingigantite nella sua mente annebbiata dall’odio e forse da un desiderio di riscatto sociale e personale che è stato attuato nel peggiore dei modi. Tutte le persone diventate bersaglio del suo fucile a pellettoni, in un modo o nell’altro, gli avrebbero cagionato, secondo la sua personale lettura dei fatti, dei gravi torti, a lui personalmente, ma anche alla sua famiglia. Dai feriti di Limbadi all’uccisione di Michele Valerioti, passando per la signora Giuseppina Mollese, tutti, secondo il sanguinario tribunale che aveva in testa, erano colpevoli di qualcosa. E tutti erano stati condannati a morte. Pare, inoltre che il giovane possedesse “una lista” immaginaria, con i nomi di chi doveva essere giustiziato. E non è escluso che Olivieri avesse altri obiettivi, altre persone scritte nel suo elenco, ma questo è un aspetto su cui i Carabinieri stanno lavorando, pur smentendone, almeno in via ufficiale, la possibilità. Le Forze dell’ordine stanno comunque attentamente monitorando luoghi e personaggi ritenuti “sensibili”, attraverso l’istituzione di posti di controllo nei pressi degli stessi, finalizzati a scoraggiare ogni possibile azione dell’assassino ancora ricercato.
Nel mirino del killer pare ci fosse anche il dottor Pasquale Pagano, che avrebbe la colpa di non aver adeguatamente curato un suo fratello di 38anni, morto due anni fa a causa di un ictus. Altro nome contemplato nella lista quello di uno zio paterno, imprenditore edile, per il quale egli aveva lavorato come manovale. Di certo tutti, a vario titolo, dal suo puntio di vista, erano colpevoli di qualcosa e dovevano pagare con la vita.  Solo la massiccia presenza dei Carabinieri, materializzatasi a Nicotera, nell’immediatezza dei fatti, lo ha costretto a darsi alla fuga e ad interrompere i suoi propositi sanguinari. Ritornando alle vittime, e al filo rosso che le lega all’assassino, delle tre persone colpite a Limbadi, una, il 61enne Pantaleone Timpano, è fratello del proprietario dell’autovettura colpita Caroni. Non è ancora chiaro che genere di legami Olivieri possa aver avuto con i Timpano, quel che si è appreso è che queste ultime sono persone legate, un dato probabilmente estemporneo ai fatti, da vincolo parentale con il narcotrafficante Vincenzo Timpano. La signora Giuseppina Mollese, aveva subìto un grave lutto il 22 dicembre del 1997: il figlio, Ignazio Gaglianò, era stato ucciso davanti al suo negozio. Un omicidio rimasto impunito, nonostante la madre abbia combattutto con tutte le sue forze per aver giustizia, partecipando anche ad alcune trasmissioni televisive nelle quali lanciava accorati appelli agli inquirenti per fare luce su quel brutale omicidio. L’assassino, però, non fu mai scoperto. Poco più di un anno dopo il fratello di Olivieri, Mario, morì anch’egli assassinato. Agli occhi degli investigatori i due omicidi potevano essere collegati. Ma questa circostanza non fu mai acclarata. L’assassino di Mario fu comunque arrestato e condannato all’ergastolo grazie alla testimonianza di un super testimone, ma il movente del delitto non fu mai chiarito in ambito processuale.
Michele Valerioti, l’altra vittima, era un uomo che per tutta la vita aveva lavorato onestamente come operaio. Colpito da una grave malattia, non usciva quasi più di casa. Il perché di questi delitti sono tutti racchiusi nella mente dell’assassino, ora in fuga. Continuano le ricerche da parte delle Forse dell’ordine e la speranza, da parte dei cittadini, che questo incubo finisca presto

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