Ordinanza di custodia
cautelare in carcere per Michele Nardo, 47 anni, Vincenzo Cocciolo, 30, Gaetano
Muller 19 anni, Antonio Farina, 42, Domenico, Rosa e Viola Inzillo,
rispettivamente 63, 50 e 52 anni (domiciliari invece per la 55enne Teresa
Inzillo). Gli arrestati sono tutti di Sorianello, centro delle Preserre
Vibonesi, teatro da dieci anni di una tremenda faida (tra gli Emanuele e i
Loielo), alla quale gli imputati hanno dato, a vario titolo, il loro contributo.
Infatti, sono tutti accusati di aver concorso al tentato omicidio dei fratelli
Nesci, intento delittuoso concepito proprio all’interno delle dure rappresaglie
tra le due famiglie. I loro nomi, non a caso, erano già balzati agli onori
delle cronache lo scorso 9 aprile quando sono stati colpiti da fermo nell’ambito
di un’operazione antimafia dal nome evocativo: Black Widows, ossia “vedove
nere”. Per loro si prefigura, per come contestato dalla Procura Distrettuale di
Catanzaro, anche l’aggravante dell’articolo 7, cioè finalità ed uso di modalità
mafiose. Per inciso, le stesse
aggravanti non erano state invece riconosciute dal gip del Tribunale di Vibo
Valentia, Graziamaria Monaco, in sede di convalida dei fermi di indiziato di
delitto.
A portare in carcere i
cinque imputati le risultanze delle indagini dirette dai Sostituti Procuratori
della DDA, Annamaria Frustaci e Filomena Aliberti, coordinate dal Procuratore
aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Procuratore Capo Nicola Gratteri, e che,
come precisato, hanno dato vita all’operazione Black Widows. Le investigazioni,
partite, come precisato, dal tentato omicidio di Giovanni Alessandro Nesci, 28
anni, e del suo fratellino dodicenne Manuel, affetto da sindrome di Down, hanno
permesso agli inquirenti di aprire uno squarcio nelle attuali dinamiche
criminali dell’entroterra vibonese, un territorio contraddistinto, ormai da
diversi anni, da quella sanguinosa faida nata dall’opposizione tra due
famiglie, in aspra lotta per il controllo del territorio. La dura contesa tra i
due casati è nota alle cronache come “faida dei boschi” ed ha già un suo
bollettino di guerra che contempla i nomi di decine di morti. Il tentato
omicidio dei fratelli di Sorianello è da ascrivere a tale cruenta faida in
quanto i Nesci sarebbero espressione della famiglia Loielo. Gli Inzillo,
invece, tutelerebbero gli interessi degli Emanuele, poichè ad essi contigui. E
sono proprio le donne della famiglia Inzillo, secondo gli inquirenti, ad avere
un ruolo importante nell’ambito delle azioni criminali messe poi in atto dagli
uomini della famiglia, per “l’inusitata violenza nelle affermazioni e la
determinazione evidenziata nei propositi omicidiari”. Notevole il loro supporto
al braccio armato della consorteria: esse custodivano le armi, nascondendo le
pistole tra la biancheria intima dell’anziana madre, ritenendo in tal modo di
poter aggirare i controlli delle Forze dell’ordine. Risolute nei loro intenti
criminali, le temibili “vedove nere” erano pronte ad affrontare la vedovanza
pur di raggiungere il potere.
Tornando al fatto che
ha permesso agli investigatori di aprire il vaso di Pandora, quel 28 aprile del
2017 i fratelli Nesci sono stati sorpresi dai sicari mentre si trovavano in una
via di Sorianello. Ma Giovanni Alessandro già una volta era sfuggito a un
agguato, il 2 aprile dello stesso anno, mentre si trovava a bordo della sua
autovettura.
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