Arrivate puntualmente, come ogni anno, le temute pagelle della “Foundation
for Environmental Education”, ovvero, il riconoscimento alle spiagge più belle
e al mare più pulito, conferito tramite la prestigiosa “Bandiera blu”. Una
lista impietosa, che contempla i bocciati e i promossi, le spiagge “in” e
quelle “out”, secondo l’insindacabile parere dell’organizzazione ambientale
nata in Danimarca dal 1987.
Alla Calabria, nonostante i suoi 800 chilometri di costa, sono state
assegnate solo 9 bandierine. Le Marche, invece, i cui chilometri costieri sono
180, ha ben 16 località insignite del premio. Ogni anno la doccia fredda arriva
strategicamente quando la gente si appresta ad organizzare la vacanza estiva e
deve scegliere una località di mare. A detta del presidente del Fee Italia,
Claudio Mazza, moltissimi utenti prima di prenotare una vacanza, terrebbero in
gran conto dove l’organizzazione no profit avrebbe apposto la sua bandierina,
in quanto tale riconoscimento è assegnato sulla base di precisi canoni, che
sono garanzia di qualità ed efficienza, e cioè, per farla breve, qualità delle
acque, servizi e rigoroso rispetto per l’ambiente. Stante dunque al giudizio
della Fee, i viaggiatori dovrebbero tenersi alla larga dalle coste della provincia
di Vibo, in quanto è l’unica, tra quelle calabresi, a non essere insignita di
uno straccio di bandierina. Da Pizzo a Nicotera, passando per Tropea e Capo
Vaticano, non c’è un pezzo di spiaggia che meriti l’attenzione degli esperti
dell’organizzazione. A questo punto potremmo versare fiumi di inchiostro per
ribadire le criticità che attanagliano la nostra terra, cercando
masochisticamente di dare legittimità e cittadinanza alla sdegnosa indifferenza
della Fee. Invece occorre evidenziare altri aspetti della questione.
Innanzitutto, si verifica uno strano fenomeno: nonostante nessuna bandierina
blu, le coste vibonesi registrano un costante e continuo incremento di presenze
turistiche. A documentarlo è la Federalberghi che opera nel settore. Il mare
che bagna questo tratto di costa, eccezion fatta per alcune località, è spesso
limpidissimo; le spiagge di Capo Vaticano e di Tropea conservano un fascino
selvatico senza precedenti, mentre la spiaggia nicoterese, per il decimo anno
consecutivo, è stata insignita della Bandiera Verde dei pediatri italiani, in
quanto spiaggia a misura di bimbo.
Con questo non si vogliono certo dimenticare i problemi che attanagliano
il territorio, ma se dobbiamo attenerci alle rigorose regole della Fee,
nell’assegnazione dei premi, qualcosa non quadra. Ad esempio, in tema di
rispetto ambientale, a Varazze (Liguria), nonostante la sua bandierina blu, i
palazzoni arrivano vicino alle spiagge, e il mare è spesso cosparso da macchie
marroni. A San Felice Circeo, nel Lazio, l’arenile è lastricato di chioschi
abusivi e strutture di cemento non autorizzate. Eppure, il regolamento Fee
prevede che “la spiaggia e l’area circostante devono trovarsi nelle condizioni
di massimo rispetto dei piani regolatori e della legislazione ambientale”.
E come non citare, Porto
San Giorgio, Fermo, altra bandiera blu. Qui Legambiente ha trovato l'acqua marina «fortemente inquinata». Notissimo il caso di Roseto degli Abruzzi e Giulianova,
in provincia di Teramo, che, nel 2013, dopo due giorni dalla consegna delle
bandiere blu, alcune spiagge sono state temporaneamente chiuse alla balneazione
perché le analisi effettuate dall’Arpa hanno rivelato livelli di contaminazione
troppo elevata. L’elenco delle anomalie potrebbe continuare all’infinito. Ma un
altro aspetto ancora merita di essere sottolineato ed è quello relativo al
presunto obolo che i Comuni dovrebbero versare alla Fee, al momento
dell’iscrizione al programma. Già nel 2012 alcuni sindaci sardi avevano sostenuto
che la bandiera blu viene assegnata dopo il pagamento di una somma di denaro
che si aggira intorno ai tremila euro. Il sindaco di Villasimius, Salvatore
Sanna, lo dichiarò apertamente alla stampa. Lo scorso anno, Andrea Dominijanni,
vicepresidente di Legambiente Calabria, intervenendo a Lamezia Terme in un
incontro sulle ecomafie, aveva sostenuto che le «‘Bandiere blu’ vengono
acquistate ogni anno dai Comuni, al costo di 3.500 euro». Altro aspetto: l’autocertificazione.
Cioè, ogni Comune dichiara delle precise caratteristiche senza che la Fee
verifichi quanto sostenuto, in quanto non ha dei suoi laboratori o tecnici: si
avvale invece della collaborazione dell’Ispra e dell’Anci. In tutto questo mare
di opacità, una cosa è evidente: a fare da
contraltare all’inesorabile verdetto della Fee, c’è una pioggia di entusiastici riconoscimenti
che annualmente giungono da parte di noti portali del settore turistico o di
importanti quotidiani, noti in tutto il mondo. Le spiagge vibonesi non avranno una
sventolante Bandiera blu, ma possono avvalersi dell’apprezzamento di centinaia
di migliaia di turisti che ogni anno le scelgono; possono avvalersi del
giudizio incoraggiante del New York Time, della Rough Guides, dal Telegraph, dal
Guardian e della prestigiosa casa
editrice francese “Le Grande Voyageurs” che ogni inserisce nei suoi libri di
viaggio la superba Capo Vaticano.
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