Nicotera.
Il
primo consiglio comunale dopo la notifica dell’arrivo della commissione di
accesso si è svolto venerdì sera, in un sala consiliare, ancora una volta,
vuota. Uno scenario irreale, specchio di una città assente che sceglie di
latitare, e che da tempo fatica ad identificarsi con il palazzo.
Il consiglio, c’è da
rilevare, è stato quasi completamente dominato dall’interminabile intervento
del sindaco Franco Pagano.
Poche le parole
pronunciate, invece, dal consigliere Vincenzo Campisi, della lista Fronte
Comune per Nicotera, subito dopo l’intervento del sindaco. L’esponente di
Fronte Comune ha invitato il sindaco a dimettersi per evitare che la città
riviva, ancora una volta, l’esperienza della gestione commissariale, nel caso
in cui le risultanze investigative portino allo scioglimento del consiglio
comunale.
«La invito- ha detto-
di valutare l’opportunità di chiudere qui questa esperienza. Lei ha la
possibilità di chiudere un percorso che può portare ancora una volta un
commissariamento. Io la invito serenamente a valutare questa possibilità,
perché- ha sottolineato Campisi- non stiamo parlando della gestione della sua
famiglia, ma della gestione di un ente pubblico. Non provochi un’altra tegola
sulla testa di questa comunità».
Ma il sindaco, inutile
sottolinearlo, ha gentilmente, ma fermamente, respinto al mittente l’invito del
consigliere di opposizione.
Anzi, ha precisato che
la giunta non intende minimamente retrocedere di un passo, e che quindi
rimarrà, comunque vadano le cose, al suo posto, fino alla fine.
Pagano, per convalidare
la scelta della sua posizione, ha tirato in ballo Bertold Brecht: «Quando la
legge diventa ingiustizia, la resistenza diventa un dovere», ha declamato.
«Resistere- ha precisato inoltre- non per attaccamento alla poltrona e alla
carica. In questo momento è necessario che ognuno di noi difenda quella che è
la dignità e l’onorabilità dell’istituzione comunale».
Resistere, però, con
una «una amarezza grande: allorquando ognuno di noi deve pararsi o mettersi
l’elmetto o il giubbotto antiproiettile per salvarsi dal fuoco amico o dal
fuoco che riterrebbe amico».
«Ancora una volta dallo
Stato italiano- ha aggiunto- ho ricevuto
solo amarezza».
Vestito di scuro, con
ben impressi sul volto i segni dell’amarezza per una cosa cadutagli tra capo e
collo, Pagano venerdì sera ha tenuto un discorso che aveva tutta l’aria di
essere un’ardente e disperata arringa difensiva dell’operato della sua
amministrazione. E’ sembrato per un attimo che l’avvocato che è in lui avesse
preso il sopravvento sul sindaco, e così, quasi come davanti ad una corte
immaginaria, ha proclamato la limpidezza e la trasparenza delle sue azioni
amministrative.
«Gli atti
amministrativi sono là e parlano da soli», ha asserito. «Il fotocopiare tutti
gli atti (da inviare in prefettura, ndr)
ci ha consentito di fare un monitoraggio su quanto prodotto e ho la presunzione
di dire che non abbiano nulla da temere».
Il sindaco ha
dimostrato grande sicurezza in se stesso, pur nell’evidente disappunto che
trapelava copioso dalle sue parole. E’ certo di aver agito nel rispetto delle
regole, mentre nei riguardi dello Stato è stato assai critico: «Invece di
guardare le carte comunali, come mai- ha postulato- trent’anni di episodi
criminali non sono stati risolti in questo territorio? Il Meridione- ha
aggiunto con accenti di vittimismo- paga lo scotto del contesto ambientale. E
paga lo scotto di trovarsi di fronte ad una classe politica inetta. Fa amarezza-
ha ribadito- perché per accorgersi che in questo territorio esisteva una
potente cosca ndranghestista si è dovuto aspettare una sentenza del 2004».
Il primo cittadino ha
poi parlato di lotta alla mafia. Benché abbia precisato di non voler essere
ricordato come il sindaco antimafia, Franco Pagano dedica ogni anno, a giugno,
mese in cui ricorre l’anniversario della morte del povero Peppino Valarioti, un
convegno. Anzi, al giovane martire della mafia ha persino intitolato la Casa della Cultura. Sempre in merito allo
scottante tema, Pagano ha risposto ad un appunto mossogli dal Quotidiano:
ovvero, il non aver mai costituito il Comune di Nicotera parte civile nei
processi contro il clan egemone nel territorio.
«Durante la mia
sindacatura è iniziato qualche processo di qualche associazione criminale o
personaggio di spicco della criminalità organizzata?- ha chiesto con
candore- non lo so- ha precisato- ma anche lì bisogna vedere se quel tipo di
processo è riferito a qualcosa che pregiudicasse l’immagine della società o
no». Intendendo la società nicoterese.
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