Nicotera. All’indomani
dell’affollato convegno sul mare nell’aula consiliare di Nicotera, al quale
erano presenti rappresentanti istituzionali e politici, dovere di cronaca ci
spinge a ritornare ancora una volta sull’argomento in oggetto. Non è errato
supporre che la questione sia ancora ben lungi dall’essere risolta, visto e
considerato che non esiste, ad oggi, una teoria univoca sulle cause
dell’inquinamento marino. Il nostro dovere è continuare a porre dei quesiti in
merito a un mare che non appare limpido in estate ma lo è, stranamente, in
inverno; e, domandare, soprattutto, quali possano essere le cause a scatenare
la criticità. Intanto documentiamo, con le foto che corredano questo articolo,
quella che si presenta essere una fonte di inquinamento marino. Queste foto
sono state scattate nei pressi della scogliera Preicciola, lato Nord della spiaggia
di Nicotera Marina, nei pressi della Torre Parnaso. Come si può vedere, tra le
pietre si è creato un ruscello. Non si tratta certo di acqua fresca di fonte,
bensì di scarti di acqua di vegetazione e delle cosiddette sanse dei frantoi
oleari. Un fiumiciattolo untuoso scorre lentamente fino a raggiungere il mare.
Trattasi, come si può immaginare, di un vero e proprio inquinamento ai danni
delle acque marine. Infatti, per come stabilisce la legge in materia di
inquinamento ambientale, le sanse dei frantoi oleari possono essere utilizzate
esclusivamente come irrigazione agronomica, ovvero come fertilizzante per il
terreno. E’ vietato lo spandimento o
l’abbandono, e, ancor di più, lo sversamento di tali reflui nei fiumi e nei
mari. La legge prevede che gli scarti eccedenti vanno inviati a degli impianti
di depurazione collettiva, oppure raccolte in apposite vasche di stoccaggio per
farle evaporare naturalmente. Smaltimenti costosi.
Sul sito dell’Osservatorio di normativa ambientale si legge che l’abbandono
dei reflui oleari è considerato reato in base a una legge della Corte di
Cassazione del 12 aprile 2013. Trattasi di gestione illecita di rifiuti. Chi,
dunque, scarica in modo improprio nei terreni e nelle acque tali sostanze
commette un reato penalmente sanzionabile. Si rende colpevole dunque di
smaltimento illecito di rifiuti. E benché le acque reflue dei frantoi non
debbano considerarsi rifiuti pericolosi, esse posseggono un alto tasso
inquinante a causa, precisano gli esperti dell’Osservatorio, “della loro
acidità, presenza di composti fenolici, sostanze in sospensione e un elevato
carico organico”.
Tornando al nostro mare, oggi vi presentiamo una delle forme di inquinamento
a cui esso è esposto. Il nostro mare è lambito da terreni verdeggianti di uliveti;
la produzione dell’olio è uno dei “must” della nostra regione: indubbio vanto
dell’industria agroalimentare calabrese. Ciò che invece getta nello sconforto è
che a tale ricchezza fa da contraltare la tendenza dei gestori dei frantoi di
disfarsi in modo improprio e illegale degli scarti, andando ad imbrattare il
mare, altra ricchezza del territorio. Una vera e propria mancanza di etica
ambientale, cui sarebbe opportuno porre rimedio da parte di chi, per legge, è
deputato al controllo dell’ambiente. E forse proprio dai controlli bisognerebbe
partire per risolvere la questione mare, al di là di ogni discorso astratto. Controlli:
come per quei pneumatici che le fiumane ingrossate dalla pioggia depositano
sulle spiagge. Quel mare nostrum imbrattato, inquinato, offeso e che, in un
irrefrenabile effetto domino, penalizza, anzi disintegra l’economia locale.
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