martedì 2 febbraio 2016

Scarichi abusivi in mare di reflui oleari.




Nicotera. All’indomani dell’affollato convegno sul mare nell’aula consiliare di Nicotera, al quale erano presenti rappresentanti istituzionali e politici, dovere di cronaca ci spinge a ritornare ancora una volta sull’argomento in oggetto. Non è errato supporre che la questione sia ancora ben lungi dall’essere risolta, visto e considerato che non esiste, ad oggi, una teoria univoca sulle cause dell’inquinamento marino. Il nostro dovere è continuare a porre dei quesiti in merito a un mare che non appare limpido in estate ma lo è, stranamente, in inverno; e, domandare, soprattutto, quali possano essere le cause a scatenare la criticità. Intanto documentiamo, con le foto che corredano questo articolo, quella che si presenta essere una fonte di inquinamento marino. Queste foto sono state scattate nei pressi della scogliera Preicciola, lato Nord della spiaggia di Nicotera Marina, nei pressi della Torre Parnaso. Come si può vedere, tra le pietre si è creato un ruscello. Non si tratta certo di acqua fresca di fonte, bensì di scarti di acqua di vegetazione e delle cosiddette sanse dei frantoi oleari. Un fiumiciattolo untuoso scorre lentamente fino a raggiungere il mare. Trattasi, come si può immaginare, di un vero e proprio inquinamento ai danni delle acque marine. Infatti, per come stabilisce la legge in materia di inquinamento ambientale, le sanse dei frantoi oleari possono essere utilizzate esclusivamente come irrigazione agronomica, ovvero come fertilizzante per il terreno.  E’ vietato lo spandimento o l’abbandono, e, ancor di più, lo sversamento di tali reflui nei fiumi e nei mari. La legge prevede che gli scarti eccedenti vanno inviati a degli impianti di depurazione collettiva, oppure raccolte in apposite vasche di stoccaggio per farle evaporare naturalmente. Smaltimenti costosi.
Sul sito dell’Osservatorio di normativa ambientale si legge che l’abbandono dei reflui oleari è considerato reato in base a una legge della Corte di Cassazione del 12 aprile 2013. Trattasi di gestione illecita di rifiuti. Chi, dunque, scarica in modo improprio nei terreni e nelle acque tali sostanze commette un reato penalmente sanzionabile. Si rende colpevole dunque di smaltimento illecito di rifiuti. E benché le acque reflue dei frantoi non debbano considerarsi rifiuti pericolosi, esse posseggono un alto tasso inquinante a causa, precisano gli esperti dell’Osservatorio, “della loro acidità, presenza di composti fenolici, sostanze in sospensione e un elevato carico organico”.
Tornando al nostro mare, oggi vi presentiamo una delle forme di inquinamento a cui esso è esposto. Il nostro mare è lambito da terreni verdeggianti di uliveti; la produzione dell’olio è uno dei “must” della nostra regione: indubbio vanto dell’industria agroalimentare calabrese. Ciò che invece getta nello sconforto è che a tale ricchezza fa da contraltare la tendenza dei gestori dei frantoi di disfarsi in modo improprio e illegale degli scarti, andando ad imbrattare il mare, altra ricchezza del territorio. Una vera e propria mancanza di etica ambientale, cui sarebbe opportuno porre rimedio da parte di chi, per legge, è deputato al controllo dell’ambiente. E forse proprio dai controlli bisognerebbe partire per risolvere la questione mare, al di là di ogni discorso astratto. Controlli: come per quei pneumatici che le fiumane ingrossate dalla pioggia depositano sulle spiagge. Quel mare nostrum imbrattato, inquinato, offeso e che, in un irrefrenabile effetto domino, penalizza, anzi disintegra l’economia locale.

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