Nicotera.
La
questione mare, per una città dalle marcate ambizioni turistiche, merita di
stare al centro dell’attenzione di politica e istituzioni. Per avere delle idee
più chiare in merito ad una vicenda spesso avvolta da troppe ambiguità, abbiamo
interpellato l’ingegnere Antonio D’Agostino, portavoce del
Forum delle associazioni di Vibo Valentia e attivista in prima linea in difesa
dell’ambiente.
-Ingegnere, come sta il mare nicoterese?
«Secondo l’Arpacal,
l’agenzia regionale per l’Ambiente, il mare nicoterese è di qualità eccellente. Un dato che contraddice
palesemente la realtà. Ciò dipende essenzialmente dal fatto che, a mio avviso,
i risultati pubblicati, essendo correlativi ad un monitoraggio insufficiente,
finiscono con l’essere scarsamente significativi».
-Può
argomentare meglio.
«L’Arpacal effettua il
monitoraggio su alcuni punti (Praicciola, Medameo, Oasi, Sayonara, Valtur e
foce del Mesima). La qualità è
risultata “eccellente” in tutti meno che negli ultimi due dove è stata
classificata “scarsa” (acque non balneabili) per presenza eccessiva di
Enterococchi ed Escherichia coli (dovuti a scarichi fognari). La criticità, dal
2010 (hanno in cui è cominciata un’azione di controllo prevista dal decreto
legge 116/2008) al 2015, secondo l’Arpacal è circoscritta a tali aree. E questa
verità ufficiale è quella che è sempre stata tenuta in considerazione a livello
istituzionale, benché le percezioni visive (e aggiungerei olfattive) dicessero
ben altro».
-Ma
come mai l’Arpacal è sempre stata considerata un po’ come l’ipse dixit
aristotelico ?
«In effetti l’ente si è sempre vestito di autorevolezza, pretendendo di
detenere l’esclusiva dell’autenticità delle analisi; in realtà, val la pena di
segnalare, come prima cosa, che l’Arpacal, per quanto mi risulta, contrariamente a molte altre Arpa
italiane, non sarebbe nemmeno accreditata presso gli istituti ad hoc. Per il resto giova ricordare che non è solo la gente
comune a dare un giudizio fortemente negativo, ma anche la Goletta verde di
Legambiente, che ogni anno ci mette agli ultimi posti della graduatoria».
-Quanta
politica c’è dentro l’Arpacal ?
«Direi che il titolo (Mare sporco o mare inquinato, ndr)
dell’intervento della dirigente provinciale dell’Arpacal, Angela Diano, nel
corso del convegno tenutosi di recente a Nicotera sulla tematica in oggetto,
sia molto significativo: ci ha fatto venire in mente l’indimenticata
affermazione pubblica di Giuseppe Scopelliti, quando era presidente della
Regione, che dichiarò che il mare era sporco, ma non inquinato. Una definizione che, malgrado la sua palese contradditorietà, è
stata spesso ripresa dall’Arpacal. Ma Scopelliti lo diceva da una postazione
politica, mentre l’Arpacal in quanto struttura tecnica, dovrebbe dimostrare
anche sul piano formale la sua terzietà. Non possono inoltre essere sottaciute
alcune nomine apicali molto discusse e che hanno innescato alcuni procedimenti
giudiziari di cui ha dato ampio conto la stampa».
-Eppure,
c’è stata una piccola svolta: l’Arpacal ha dichiarato di non poter garantire la
salubrità delle acque.
«E’ vero. Ma ciò è venuto alla fine di una polemica
intervenuta nel corso dell’ultima stagione estiva tra il sottoscritto e la dirigente del
dipartimento prima citata. Anche in quella sede avevo sostenuto che i profili
redatti dall’Arpacal si basavano su campionamenti insufficienti (1 prelievo al mese
per 6 mesi) e che non tenevano nel dovuto conto il fenomeno dell’”inquinamento
transitorio” che è quello che maggiormente affligge il nostro mare in
concomitanza con il movimento ciclico delle correnti. E se il mare è, realmente o solo
potenzialmente, inquinato, il principio di precauzione (sancito dal Codice
dell’Ambiente) impone alle autorità competenti di applicare tempestivamente le
misure atte a prevenire possibili danni alla salute dei cittadini e, nel
contempo, di determinare le cause dell’inquinamento al fine di eliminarle. Ma
ciò dalle nostre parti non si è mai verificato».
-Come
definirebbe i profili forniti dall’Arpacal?
«Profili scadenti e
giudizi eccellenti. Il monitoraggio, per dare risultati realmente
rappresentativi, deve basarsi su osservazioni ripetute su appropriate scale
spazio-temporali. “La caratteristica dei sistemi acquatici rende l’osservazione
puntuale scarsamente rappresentativa della condizione ambientale”; non sono
parole mie, ma si trovano scritte nel Piano di Tutela delle Acque della nostra
Regione».
-Da
cosa dipende l’inquinamento marino che sta mettendo in ginocchio il nostro
turismo ?
«E’ lecito parlare di una
multifattorialità. Si va dal problema mai risolto dei sistemi depurativi, agli
scarichi abusivi di fanghi di processo nei corsi d’acqua, alle commistione di
acque bianche e nere (come avviene nella rete fognante di Nicotera), alla
scarsa funzionalità degli impianti di sollevamento che portano le acque reflue
alla Iam di Gioia Tauro».
-Parliamo
proprio della Iam.
«Sulla IAM andrebbe
aperto un capitolo a parte, non
avendo qui lo spazio necessario. Intanto parliamo delle stazioni di
sollevamento gestite dal nostro comune. Nell’estate del 2013, insieme a Toni
Capua del comitato “Mare pulito del Golfo”, abbiamo effettuato un sopralluogo, regolarmente
documentato fotograficamente, di detti impianti ed abbiamo verificato che erano
assolutamente privi di manutenzione con pompe non funzionanti e prive della
seconda pompa di emergenza, pozzetti privi di chiusini, ecc. E’ inoltre
risultato completamente assente un sistema di telecontrollo che avvisi
tempestivamente in caso di guasti. Di recente poi, lo stesso Capua ha postato
su Facebook una foto, fatta in località Timpa, di un imponente sversamento a
cielo aperto di acque di fogna provenienti da Nicotera sopra».
-Quale
potrebbe essere il ruolo dell’amministrazione comunale nella risoluzione del
problema?
L’amministrazione prima
ancora di qualsiasi altra opera pubblica dovrebbe guardare all’ambiente con la
consapevolezza che la crescita di un territorio non può prescindere dalla
qualità delle sue componenti. Il nostro mare è ormai l’unica fonte di lavoro
sia per gli operatori turistici che per i pescatori locali che ancora esistono
e resistono. Concludo dicendo che non usciremo da una situazione che appare
sempre più incancrenita se non ripristinando il principio di responsabilità
esteso a tutti i livelli ed a tutti i ruoli (e, aggiungo, mettendo da parte la
deprecabile pratica dello scaricabarile). Gli amministratori pubblici, i
funzionari degli uffici, gli operatori, devono interagire tra loro, perseguendo
un unico fine: quello della difesa del territorio, della sua economia e della
salvaguardia della salute dei cittadini. Chi sbaglia andrebbe sanzionato e chi
è inadeguato dovrebbe lasciare il campo ad altri. Ma alla luce delle cronache
quotidiane la vedo dura».
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