venerdì 14 settembre 2018

L'ingiusto addio a Michele, piccolo eroe di una breve esistenza in salita.


Nicotera. Quando la bara bianca è uscita dalla chiesa della Santa Croce, le campane hanno suonato il “Gloria”, il suono festoso previsto per i bambini e gli innocenti morti perché, secondo il credo cattolico, per loro si spalancano le porte del Paradiso e ad attenderli ci sono gli angeli in festa. Così sono iniziati i funerali di Michele Aiello, il 15enne morto la sera di domenica per cause ancora in via di definizione. Tanta, tantissima la gente accorsa per dare l’ultimo saluto allo sfortunato ragazzo. Presenti e vinti dalla commozione i suoi amici. Per lui hanno creato degli striscioni con su scritte parole di addio e dediche firmate, ognuna contenente sconcerto e dolore per una morte inconcepibile. Presenti anche i Carabinieri. Un gruppo di otto militari ha scortato la bara, disponendosi su ambo i lati del feretro, fino all’arrivo della cattedrale dedicata all’Assunta dove si sono tenuti i funerali. Il corteo ha percorso l’arteria principale del paese: un’interminabile processione immersa in un silenzio spezzato solo dal rumore dei passi sull’asfalto. Qualche anziano affacciato a una finestra guardava passare quella bara bianca, un’immagine dolorosa e inammisibile perché non si può morire a 15 anni, quando dovresti partire alla conquista del mondo, e quando, come Michele, hai percorso la tua breve vita in salita, tra mille difficoltà, sognando un domani migliore e la via del riscatto. Lo studente 15enne ambiva fare il carabiniere: l’aveva confidato a uno zio materno, che è un militare dell’Arma. Diceva che una volta diplomatosi avrebbe fatto domanda per entrare nella Benemerita, motivato dalla sua spiccata indole legalitaria e dal desiderio di dare il suo contributo per spazzare via le ingiustizie che affliggono il mondo. Ma Michele non ne ha avuto il tempo. Gli è stato concesso solo di sognare quello che avrebbe potuto essere e avrebbe potuto fare.
Quando la bara bianca ha raggiunto la cattedrale, in cima alla scalinata di pietra ad attenderla c’era un trombettiere del banda musicale nicoterese. Ha intonato le note del “Silenzio”, canzone straziante di un soldato morto in guerra. I militari gli hanno tributato il picchetto d’onore, mentre le note si perdevano tra le nuvole che avanzavano dal mare. Sembrava la scena di un film, creata da un sapiente regista per trafiggere il cuore degli spettatori: i volti della gente segnati dalla commozione, il saluto militare dei Carabinieri, il silenzio, l’improvviso alzarsi del vento, i sacerdoti in chiesa che attendevano la bara bianca. E invece era tutto vero, troppo vero: come quando la realtà sa essere brutale ed efficace al di là di ogni immaginazione.
Ad officiare la messa don Francesco Vardè, parroco della concattedrale. Insieme a lui altri sei sacerdoti dei paesi viciniori e due diaconi. L’omelia è stata affidata a don Antonio Loiacono il quale ha parlato dell’importanza della fede: «Il nostro fratello Michele- ha detto il sacerdote- si trova adesso in Paradiso, la fede deve sostenerci nell’affrontare questo momento di dolore». Fermo l’invito a vivere la vita cristianamente, e poi le parole rivolte ai parenti di Michele, esortandoli a stare vicino alla famiglia del 15enne, come hanno fatto in questi tremendi giorni dell’addio.

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