mercoledì 8 gennaio 2014

Franco Pagano: bilancio di un anno di attività amministrativa.



Nicotera.  La conferenza stampa di fine anno del sindaco, indetta per delineare il primo anno di attività amministrativa, ha visto sostanzialmente due grandi protagonisti, pesanti come macigni e tuttora indecifrabili come certi inquietanti misteri, almeno per l’opinione pubblica: l’attentato del 26 giugno e la questione Sogefil.
Questi due aspetti hanno un comune denominatore, ovvero un comportamento criminale; ed entrambi hanno, in un modo o in un altro, segnato l’attività amministrativa della giunta Pagano.
L’attentato del 26 giugno 2013 è stato un evento di notevole drammaticità, in quanto non si era mai visto un gesto intimidatorio di tale portata nei confronti di un sindaco: 40 colpi di kalashnikov sparati, da mano ignota, contro l’abitazione di Franco Pagano. Ma l’aspetto ancor più inquietante di tale attentato è il silenzio che è calato in città da parte di tutti. Un silenzio  assordante- l’ossimoro è d’obbligo- forse ancora di più dei colpi di fucile di guerra che hanno infranto la calma della notte. Si perché, al di là delle ufficiali attestazioni di solidarietà giunte al primo cittadino, la città è rimasta attonita e ha risposto alla drammaticità di un atto senza precedenti con una forma di astensione generale: non ha parlato, non si è indignata, non urlato riprovazione. Silenzio da parte dei cittadini, ma anche dell’opposizione; silente anche la stessa maggioranza che sostiene Pagano; lo stesso dicasi delle tante associazioni presenti in città.
Decriptare le ragioni di questo silenzio non è semplice. Paura? Immobilismo? La “banalità del male” e conseguente assuefazione? Sta di fatto, che la città non solo non ha proferito verbo, ma ha preferito dimenticare in fretta, e tutti si sono concentrati su altre questioni, considerate di importanza capitale, come ad esempio il mare sporco. E così le chiazze marroni che deturpavano l’azzurro del mare sono state le nemiche  numero uno di consiglieri e associazioni, cose intollerabili che sortivano maggiore indignazione di un’azione di guerra deflagrata in una notte d’estate e di un conseguente consiglio straordinario in cui campeggiava la vistosa assenza del prefetto.
Sul fatto criminoso aleggia tuttora il mistero. Lo stesso mistero d’altronde che aleggia sulla muta risposta data dalla città.
La questione Sogefil è l’altro aspetto che ha dominato l’attività amministrativa della giunta Pagano.
Com’è noto, la Sogefil, società di riscossione tributi, ha fatto sparire dalle casse comunali nicoteresi la bellezza di più 8 milioni di euro, in sei anni (2004-2010). Anzi, questi soldi non hanno mai visto le casse municipali e  evaporavano nel “nulla” nel momento in cui venivano riscossi. Anche qui abbiamo un altro bel rebus, perché non si capisce come mai, mentre la Sogefil non versava quanto dovuto all’ente, nessuno si sia mai accorto dei preoccupanti ammanchi. I signori “nessuno” in questione sono tanti: sindaci, commissari prefettizi, i responsabili avvicendatisi negli uffici ragioneria; allo stesso modo, bisognava pur presentare gli annuali consuntivi di bilancio: anche qui, non è emersa, agli occhi degli addetti ai lavori, nessuna anomalia.
 Ad onor del vero, la giunta Pagano, fin dal primo giorno del suo insediamento, si è attivata per denunciare nelle opportune sedi la gravità della situazione. Nel corso dell’ultima conferenza stampa, Pagano ha inteso stigmatizzare il comportamento dei commissari prefettizi che si sono limitati a sporgere nel 2010 «una semplice denuncia ai carabinieri, senza interloquire con la Procura».
Ma un altro aspetto dell’intricata questione merita di essere evidenziato: la stipula della polizza fideiussoria, a saccheggio consumato. Tale iniziativa potrebbe aver reso ancor più complicato l’operare un’adeguata ricostruzione delle dinamiche delittuose, con conseguente sepoltura della speranza dei contribuenti onesti di avere un ristoro in denaro.
Così composto, il quadro è quello di una comunità spettatrice di cose che accadono al di là delle dinamiche democratiche.
Adesso il “pasticciaccio brutto” è nelle mani della magistratura. Mentre gli inquirenti indagano, l’ente marcia come un equilibrista sul ciglio del baratro, e potrebbe da un momento all’altro essere inghiottito dal dissesto economico. Anzi, il comune è già virtualmente in dissesto, e solo l’eventualità di poter recuperare almeno parzialmente il maltolto, scongiura la sventurata evenienza.
Enza Dell’Acqua



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