mercoledì 8 gennaio 2014

Le “muraglie” nicoteresi, simbolo della cementificazione selvaggia che non ha mai preservato l’ambiente





Nicotera. La cittadina costiera sfoggia un’incredibile serie di alti e possenti muri di cemento armato, che caratterizzano la parte nuova della città, quella che, per intenderci, è stata edificata a partire dagli anni ’70. Tali muri, veri monumenti all’urbanizzazione selvaggia e incontrollata, nonché tributo allo strapotere del dio cemento, sono stati costruiti per contenere intere aree caratterizzate dal terreno argilloso, quindi friabile, specie sotto l’effetto delle piogge torrenziali. Su queste aree sono state costruite un’infinità di case e villette a schiera. I muri edificati dovevano avere (e hanno) la funzione di mettere in sicurezza una zona che per la qualità del suolo appariva poco adatta alla costruzione di edifici.
La febbre del cemento Tutto cominciò decenni addietro, quando l’Italia fu travolta dalla febbre del cemento e dall’urbanizzazione scellerata, anche in aree non edificabili. Anche Nicotera fu travolta dalla carica virale. Il centro storico cominciò a spopolarsi ( per uno dei borghi più belli del Vibonese iniziava la parabola discendente), mentre nelle zone periferiche sbucavano, come funghi, case, villette a schiera e palazzi. Non si tenne conto dell’esigenza di preservare delle aree verdi, né dell’impatto devastante che tali costruzioni avrebbero avuto sul paesaggio; ma soprattutto, non si tenne conto del fatto che tale atteggiamento scriteriato creava le condizioni di quello che oggi si definisce dissesto idrogeologico.
Tuttavia in questo senso Nicotera è in buona compagnia. Infatti, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in Italia viene cementificata una superficie di 86 ettari al giorno, ovvero, ogni anno, un’area equivalente all’estensione di Milano e Firenze, in una progressione che fa della penisola la nazione meno verde d’Europa, dopo l’Olanda e il Belgio.
«Il Codice dei Beni Culturale e del Paesaggio, i Piani Paesaggistici regionali, La Convenzione europea del Paesaggio e numerose direttive sono stati disarmati o hanno subito modifiche radicali, fino al punto di trasformare l’ordinamento vigente in un labirinto. Le linee fondamentali della tutela del paesaggio restano una pura dichiarazione d’intenti». Questa è la denuncia del Gruppo 183, Associazione Onlus per la difesa del suolo e delle risorse idriche.
In buona sostanza, nella nebulosità delle normative, gli interessi privati diventano regole urbanistiche. Mentre le città si espandono, muoiono i centri storici, e quello nicoterese ne è un chiaro esempio, mentre la tutela di aree verdi non appare nell’agenda di politici e addetti ai lavori.
La febbre del cemento ha però un altro inquietante risvolto. Secondo le stime del Cresme, «nel 2010 sono stati 26.500 i casi gravi di abusivismo, tra nuove costruzioni (18.000), ampliamenti e cambiamenti di destinazioni d’uso. In Calabria, regione con il 100% dei comuni interessati da aree a rischio idrogeologico, la ‘Ndrangheta si è specializzata nell’investire sulle aree già interessate da fenomeni franosi, come emerge nel dossier di Legambiente Ecomafie 2010 (Il caso Vibo Valentia: abusivismo killer). Ma non è l’abusivismo la “miniera d’oro” delle mafie, il riciclaggio del denaro sporco avviene soprattutto nelle regioni del nord Italia».
La Calabria, con la cementificazione dei suoi 700 kilometri di spiaggia è stata definita, in uno studio messo a punto dalla Regione, “tutta un ecomostro”. In effetti, i numeri snocciolati sono allarmanti: nella sola provincia di Cosenza sono stati rilevati 1156 abusi (il 22,19%), a Catanzaro 548 (il 10,52%), a Crotone 915 (il 17,56%), a Reggio 2093 (il 40,17%) e a Vibo 498 (il 9,56%). È anche stato possibile stabilire che, tra i casi individuati, 412 si trovano in aree per le quali il Piano d'Assetto Idrogeologico definisce «gravi condizioni di rischio idraulico». Per quanto riguarda i vincoli ambientali, «si riscontra che 54 casi individuati ricadono all'interno di Aree Marine Protette, 421 in Siti d'interesse comunitario e 130 nelle Zone a protezione speciale».
La cementificazione sregolata dunque non offende solo il territorio e il paesaggio, ma diventa un attentato alla sicurezza di persone e cose.  La relazione tra cementificazione e dissesto idrogeologico è ormai conclamata. Si pensi alle aree sovrastanti falde acquifere superficiali, zone franose o a rischio di smottamento o zone ad elevato rischio sismico.
Le muraglie nicoteresi L’urbanizzazione incontrollata è avvenuta a Nicotera prevalentemente in via Filippella; nella sottostante area, nota ai residenti come “variante”; e nella lunga via Madonna della Scala. Poiché questa vasta area si trova arroccata sul versante alto della costa, ha una spettacolare vista sul mare. Ciò ha attirato molti costruttori e privati cittadini, entusiasmati dall’idea di avere una casa edificata su un vero e proprio davanzale sul Mediterraneo. Ma affinché tali costruzioni fossero rese possibili si è dovuto pensare alle muraglie contenitive in cemento armato. Intanto il centro storico si andava spopolando. Ora, vi sono solo delle case vecchie e fatiscenti, generalmente affittate a cittadini comunitari dell’Est. Il comune dovrebbe quanto meno operare un censimento delle case, per poter approntare un piano di riqualificazione. Per ciò che concerne invece le aree verdi, esse non esistono proprio sul territorio, e forse non sono mai esistite nemmeno nella mente degli amministratori e nelle scartoffie degli uffici tecnici, forse perché proprio non esiste una cultura ecologica. 

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