Nicotera.
La cittadina costiera sfoggia un’incredibile serie di alti e possenti muri di
cemento armato, che caratterizzano la parte nuova della città, quella che, per
intenderci, è stata edificata a partire dagli anni ’70. Tali muri, veri
monumenti all’urbanizzazione selvaggia e incontrollata, nonché tributo allo
strapotere del dio cemento, sono stati costruiti per contenere intere aree
caratterizzate dal terreno argilloso, quindi friabile, specie sotto l’effetto
delle piogge torrenziali. Su queste aree sono state costruite un’infinità di
case e villette a schiera. I muri edificati dovevano avere (e hanno) la
funzione di mettere in sicurezza una zona che per la qualità del suolo appariva
poco adatta alla costruzione di edifici.
La
febbre del cemento Tutto cominciò decenni addietro, quando
l’Italia fu travolta dalla febbre del cemento e dall’urbanizzazione scellerata,
anche in aree non edificabili. Anche Nicotera fu travolta dalla carica virale.
Il centro storico cominciò a spopolarsi ( per uno dei borghi più belli del
Vibonese iniziava la parabola discendente), mentre nelle zone periferiche
sbucavano, come funghi, case, villette a schiera e palazzi. Non si tenne conto
dell’esigenza di preservare delle aree verdi, né dell’impatto devastante che
tali costruzioni avrebbero avuto sul paesaggio; ma soprattutto, non si tenne
conto del fatto che tale atteggiamento scriteriato creava le condizioni di
quello che oggi si definisce dissesto idrogeologico.
Tuttavia in questo senso Nicotera è in
buona compagnia. Infatti, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale, in Italia viene cementificata una superficie di 86 ettari
al giorno, ovvero, ogni anno, un’area equivalente all’estensione di Milano e
Firenze, in una progressione che fa della penisola la nazione meno verde
d’Europa, dopo l’Olanda e il Belgio.
«Il Codice dei Beni Culturale e del Paesaggio, i
Piani Paesaggistici regionali, La Convenzione europea del Paesaggio e numerose
direttive sono stati disarmati o hanno subito modifiche
radicali, fino al punto di trasformare l’ordinamento vigente in
un labirinto. Le linee fondamentali della tutela del paesaggio
restano una pura dichiarazione d’intenti». Questa è la denuncia del Gruppo 183, Associazione Onlus per la
difesa del suolo e delle risorse idriche.
In buona
sostanza, nella nebulosità delle normative, gli interessi privati diventano
regole urbanistiche. Mentre le città si espandono, muoiono i centri storici, e
quello nicoterese ne è un chiaro esempio, mentre la tutela di aree verdi non
appare nell’agenda di politici e addetti ai lavori.
La febbre del
cemento ha però un altro inquietante risvolto. Secondo le stime del Cresme,
«nel 2010 sono stati 26.500 i casi gravi di abusivismo, tra nuove costruzioni
(18.000),
ampliamenti e cambiamenti di destinazioni d’uso. In Calabria, regione con il
100% dei comuni interessati da aree a rischio idrogeologico, la ‘Ndrangheta si
è specializzata nell’investire sulle aree già interessate da fenomeni franosi,
come emerge nel dossier di Legambiente Ecomafie 2010 (Il caso Vibo Valentia:
abusivismo killer). Ma non è l’abusivismo la “miniera d’oro” delle mafie, il
riciclaggio del denaro sporco avviene soprattutto nelle regioni del nord Italia».
La Calabria, con la
cementificazione dei suoi 700 kilometri di spiaggia è stata definita, in uno
studio messo a punto dalla Regione, “tutta un ecomostro”. In effetti, i numeri
snocciolati sono allarmanti: nella sola provincia di Cosenza sono stati
rilevati 1156 abusi (il 22,19%), a Catanzaro 548 (il 10,52%), a Crotone 915 (il
17,56%), a Reggio 2093 (il 40,17%) e a Vibo 498 (il 9,56%). È anche stato
possibile stabilire che, tra i casi individuati, 412 si trovano in aree per le
quali il Piano d'Assetto Idrogeologico definisce «gravi condizioni di rischio
idraulico». Per quanto riguarda i vincoli ambientali, «si riscontra che 54 casi
individuati ricadono all'interno di Aree Marine Protette, 421 in Siti
d'interesse comunitario e 130 nelle Zone a protezione speciale».
La
cementificazione sregolata dunque non offende solo il territorio e il
paesaggio, ma diventa un attentato alla sicurezza di persone e cose. La relazione tra
cementificazione e dissesto idrogeologico è ormai conclamata. Si pensi alle aree sovrastanti falde acquifere
superficiali, zone franose o a rischio di smottamento o zone ad elevato rischio
sismico.
Le muraglie
nicoteresi L’urbanizzazione
incontrollata è avvenuta a Nicotera prevalentemente in via Filippella; nella
sottostante area, nota ai residenti come “variante”; e nella lunga via Madonna
della Scala. Poiché questa vasta area si trova arroccata sul versante alto
della costa, ha una spettacolare vista sul mare. Ciò ha attirato molti
costruttori e privati cittadini, entusiasmati dall’idea di avere una casa
edificata su un vero e proprio davanzale sul Mediterraneo. Ma affinché tali
costruzioni fossero rese possibili si è dovuto pensare alle muraglie
contenitive in cemento armato. Intanto il centro storico si andava spopolando.
Ora, vi sono solo delle case vecchie e fatiscenti, generalmente affittate a
cittadini comunitari dell’Est. Il comune dovrebbe quanto meno operare un
censimento delle case, per poter approntare un piano di riqualificazione. Per
ciò che concerne invece le aree verdi, esse non esistono proprio sul
territorio, e forse non sono mai esistite nemmeno nella mente degli
amministratori e nelle scartoffie degli uffici tecnici, forse perché proprio
non esiste una cultura ecologica.
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