lunedì 6 maggio 2013

Nuovo ecomostro all'orizzonte



Nicotera-  Mentre ancora divampa la lotta contro il rigassificatore, le associazioni scoprono che si profila per la Piana di Gioia Tauro, a circa 100 metri dal punto in cui dovrà sorgere l’impianto della discordia,  la costruzione di un nuovo ecomostro: un impianto di pirolisi. Il nome potrà sembrare nuovo a molti, e difatti tale impianto si profila come una forma nuovissima, più  tecnologicamente moderna ed evoluta di un classico inceneritore, o termovalorizzatore, che, per altro, già esiste nella Piana di Gioia Tauro. C’era dunque bisogno di un nuovo inceneritore? Si, secondo chi ne ha appoggiato il progetto, perché l’impianto di pirolisi trasforma in energia i rifiuti, anche quelli cosiddetti speciali, ad esempio ferro ed altri metalli, mentre il termovalorizzatore brucia le sostanze organiche. Il coordinamento No-rigass (di cui, ricordiamolo, fanno parte diverse associazioni nicoteresi) , com’è facilmente immaginabile, non ha certo preso bene la notizia. In allerta Abracalabria, Nicotera Nostra e Trama e Ordito, per la news che da poche ore si aggira nel web gettando semi di inquietudine in chi si batte in difesa dell’ambiente e del territorio. Data la stretta continuità geografica della Piana con Nicotera e l’area limitrofa, le associazioni cittadine ritengono che ogni decisione in merito ad eventuali costruzioni di “ecomostri” nella Piana di Gioia, riguardi Nicotera, e poi, le problematiche relative all’ambiente non hanno certo confini geografici.
Andando ai fatti concreti, sembra che la Piana “potrebbe ospitare uno dei pochi impianti pirolitici presenti in Italia per la produzione di energia pulita attraverso la trasformazione dei rifiuti”. La società costruttrice si chiama TGE International ha già presentato il suo progetto al presidente dell’amministrazione provinciale Giuseppe Raffa, nel corso di un incontro operativo propiziato dal presidente di Confindustria di Reggio Calabria, Andrea Cuzzocrea. Sembra che la TGE abbia già acquistato e stia facendo riconvertire un vecchio insediamento industriale nella zona di Gioia Tauro.
La riunione tra la multinazionale e gli amministratori reggini si è tenuta nel palazzo di via Foti, e vi hanno preso parte, ovviamente, la TGE, nella persona dell’amministratore delegato Gianluigi Valli, i dirigenti della stessa società Luca Arcostanzo e Byron Marino, nonché i consulenti scientifici della TGE, nomi di tutto rispetto nel loro ambito: Massimiliano Bestetti, docente del Dipartimento di Chimica, materiali ed ingegneria chimica e Umberto Ducati, ordinario di chimica-fisica applicata nella stessa Università.
Ducati ha illustrato a Raffa e a Cuzzocrea il sistema di funzionamento e i vantaggi che deriverebbero al territorio dall’impianto di pirolisi. “Questo processo- ha detto il professore- riduce i rifiuti attraverso la somministrazione di calore dall’esterno, in tal modo i valori sviluppati dall’incremento della temperatura sono recuperati per la produzione di energia rinnovabile”. Un sistema “verde,  che, in assenza di ossigeno e quindi di combustione, non libera nell’aria i componenti inquinanti come le diossine, indiscutibilmente cancerogeni”.
L’impianto dovrebbe dare lavoro a 150 addetti. La società è già pronta ad avviare la sua attività entro pochi mesi, e già dl prossimo autunno potrebbero essere assunte trenta persone.
Grande l’entusiasmo di Raffa e Cuzzocrea che vedono, anche in questo nuovo impianto, una imperdibile opportunità di sviluppo per l’intero territorio. Per Raffa la pirolisi è “una potenziale risposta a due problemi della comunità: da un lato l’emergenza rifiuti, dall’altro la questione energetica, che oggi è considerata la vera frontiera del futuro dell’economia. Sosteremmo il progetto delle TGE- ha aggiunto ancora Raffa- affinchè l’investimento sia sostenibile, sotto il profilo finanziario e nel rapporto con gli istituti bancari”.
Dello stesso avviso il presidente Cuzzocrea, che invoca “la presenza di un partner bancario forte e attento alle ricadute sul territorio”. Grande plauso dunque per quella che è considerata “un’opportunità di straordinaria importanza per il territorio”. Grande euforia per il tanto sospirato rilancio economico della Calabria, se non si mettessero di mezzo i No-rigass a rompere le uova nel paniere, e a vedere nell’impianto di pirolisi tutt’altro che il volano di sviluppo che il territorio insegue da secoli.
La voce contro è quella di Pino Romeo, urbanista del coordinamento No-rigass, è lui a svelare il rovescio della medaglia della decantata opera.
“Da urbanista,- ha detto Romeo- parlerei non tanto della sindrome di NIMBY (“non nel mio giardino”), ma di sindrome da Monopoli, dove si tende a riempire tutte le caselle utili, restando possibilmente ai margini del tavolo da gioco. Ci sarebbe infatti molto da discutere su un’opera che per sua natura è un clone sofisticato dell’inceneritore in avanzata fase di raddoppio, ma i dubbi aumentano quando veniamo a sapere che l’impianto verrebbe collocato nello stesso identico sito nel quale dovrebbe sorgere il più grande rigassificatore d’Italia.”
“L’impianto- ha spiegato l’urbanista- utilizzerebbe la tecnologia pirolitica per la produzione di gas di sintesi (da biomasse agricole e boschive, rifiuti speciali a matrice organica, rifiuti ospedalieri, rifiuti di apparecchiature tecniche ed elettroniche) che viene poi utilizzato per la produzione di energia elettrica e calore.”
Le domande poste dall’urbanista sono: “come mai con tanta superficie esistente in Italia si decide di concentrare ancora di più gli impianti ad elevato rischio ambientale proprio nella Piana di Gioia Tauro? In conseguenza dell’effetto domino derivante dall’estrema vicinanza con il rigassificatore si creerebbe un rischio di incidente rilevante enorme: come si potrà ottenere una valutazione di impatto ambientale enorme  positiva in termini di condizioni così critiche? Sono state poste in essere le condizioni per la partecipazione effettiva della popolazione alle scelte decisionali, come dispone il trattato di Ahrus e la stessa VAS?”
Domande che attendono risposta, mentre tra le associazioni è forte la sensazione che il famoso detto calabrese, che recita più o meno così: “chi trova morbido scava in profondità”, sia oltremodo veritiero. A scavare in questo caso sarebbero “le multinazionali che pensano alla Calabria come un’appendice dell’Italia, una colonia da sfruttare senza ritegno, con la connivenza delle istituzioni” e che troverebbero in una Calabria passiva(che accetta silenziosamente scelte “calate dall’alto”, senza pensare che ribellarsi sia un suo diritto) il terreno ideale per la messa in opera dei loro impianti.
“In Calabria non abbiamo bisogno di mega strutture, ma di ospedali, scuole, strade, lavoro” hanno ribadito i rappresentanti delle associazioni. Certo che per vincere le loro battaglie ai No-rigass servono uomini e mezzi. La loro speranza è che “i Calabresi si sveglino dal loro millenario torpore”.

Enza Dell’Acqua


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