Nicotera- Mentre ancora divampa la lotta contro il
rigassificatore, le associazioni scoprono che si profila per la Piana di Gioia
Tauro, a circa 100 metri dal punto in cui dovrà sorgere l’impianto della
discordia, la costruzione di un nuovo
ecomostro: un impianto di pirolisi. Il nome potrà sembrare nuovo a molti, e
difatti tale impianto si profila come una forma nuovissima, più tecnologicamente moderna ed evoluta di un
classico inceneritore, o termovalorizzatore, che, per altro, già esiste nella
Piana di Gioia Tauro. C’era dunque bisogno di un nuovo inceneritore? Si,
secondo chi ne ha appoggiato il progetto, perché l’impianto di pirolisi
trasforma in energia i rifiuti, anche quelli cosiddetti speciali, ad esempio
ferro ed altri metalli, mentre il termovalorizzatore brucia le sostanze
organiche. Il coordinamento No-rigass (di cui, ricordiamolo, fanno parte
diverse associazioni nicoteresi) , com’è facilmente immaginabile, non ha certo
preso bene la notizia. In allerta Abracalabria, Nicotera Nostra e Trama e
Ordito, per la news che da poche ore si aggira nel web gettando semi di
inquietudine in chi si batte in difesa dell’ambiente e del territorio. Data la
stretta continuità geografica della Piana con Nicotera e l’area limitrofa, le
associazioni cittadine ritengono che ogni decisione in merito ad eventuali
costruzioni di “ecomostri” nella Piana di Gioia, riguardi Nicotera, e poi, le
problematiche relative all’ambiente non hanno certo confini geografici.
Andando ai fatti
concreti, sembra che la Piana “potrebbe ospitare uno dei pochi impianti
pirolitici presenti in Italia per la produzione di energia pulita attraverso la
trasformazione dei rifiuti”. La società costruttrice si chiama TGE
International ha già presentato il suo progetto al presidente dell’amministrazione
provinciale Giuseppe Raffa, nel corso di un incontro operativo propiziato dal
presidente di Confindustria di Reggio Calabria, Andrea Cuzzocrea. Sembra che la
TGE abbia già acquistato e stia facendo riconvertire un vecchio insediamento
industriale nella zona di Gioia Tauro.
La riunione tra la
multinazionale e gli amministratori reggini si è tenuta nel palazzo di via
Foti, e vi hanno preso parte, ovviamente, la TGE, nella persona
dell’amministratore delegato Gianluigi Valli, i dirigenti della stessa società
Luca Arcostanzo e Byron Marino, nonché i consulenti scientifici della TGE, nomi
di tutto rispetto nel loro ambito: Massimiliano Bestetti, docente del
Dipartimento di Chimica, materiali ed ingegneria chimica e Umberto Ducati,
ordinario di chimica-fisica applicata nella stessa Università.
Ducati ha
illustrato a Raffa e a Cuzzocrea il sistema di funzionamento e i vantaggi che
deriverebbero al territorio dall’impianto di pirolisi. “Questo processo- ha
detto il professore- riduce i rifiuti attraverso la somministrazione di calore
dall’esterno, in tal modo i valori sviluppati dall’incremento della temperatura
sono recuperati per la produzione di energia rinnovabile”. Un sistema
“verde, che, in assenza di ossigeno e quindi
di combustione, non libera nell’aria i componenti inquinanti come le diossine,
indiscutibilmente cancerogeni”.
L’impianto
dovrebbe dare lavoro a 150 addetti. La società è già pronta ad avviare la sua
attività entro pochi mesi, e già dl prossimo autunno potrebbero essere assunte
trenta persone.
Grande
l’entusiasmo di Raffa e Cuzzocrea che vedono, anche in questo nuovo impianto,
una imperdibile opportunità di sviluppo per l’intero territorio. Per Raffa la
pirolisi è “una potenziale risposta a due problemi della comunità: da un lato
l’emergenza rifiuti, dall’altro la questione energetica, che oggi è considerata
la vera frontiera del futuro dell’economia. Sosteremmo il progetto delle TGE-
ha aggiunto ancora Raffa- affinchè l’investimento sia sostenibile, sotto il
profilo finanziario e nel rapporto con gli istituti bancari”.
Dello stesso
avviso il presidente Cuzzocrea, che invoca “la presenza di un partner bancario
forte e attento alle ricadute sul territorio”. Grande plauso dunque per quella
che è considerata “un’opportunità di straordinaria importanza per il
territorio”. Grande euforia per il tanto sospirato rilancio economico della
Calabria, se non si mettessero di mezzo i No-rigass a rompere le uova nel
paniere, e a vedere nell’impianto di pirolisi tutt’altro che il volano di
sviluppo che il territorio insegue da secoli.
La voce contro è
quella di Pino Romeo, urbanista del coordinamento No-rigass, è lui a svelare il
rovescio della medaglia della decantata opera.
“Da urbanista,- ha
detto Romeo- parlerei non tanto della sindrome di NIMBY (“non nel mio
giardino”), ma di sindrome da Monopoli, dove si tende a riempire tutte le
caselle utili, restando possibilmente ai margini del tavolo da gioco. Ci
sarebbe infatti molto da discutere su un’opera che per sua natura è un clone
sofisticato dell’inceneritore in avanzata fase di raddoppio, ma i dubbi
aumentano quando veniamo a sapere che l’impianto verrebbe collocato nello
stesso identico sito nel quale dovrebbe sorgere il più grande rigassificatore
d’Italia.”
“L’impianto- ha
spiegato l’urbanista- utilizzerebbe la tecnologia pirolitica per la produzione
di gas di sintesi (da biomasse agricole e boschive, rifiuti speciali a matrice
organica, rifiuti ospedalieri, rifiuti di apparecchiature tecniche ed
elettroniche) che viene poi utilizzato per la produzione di energia elettrica e
calore.”
Le domande poste
dall’urbanista sono: “come mai con tanta superficie esistente in Italia si
decide di concentrare ancora di più gli impianti ad elevato rischio ambientale
proprio nella Piana di Gioia Tauro? In conseguenza dell’effetto domino
derivante dall’estrema vicinanza con il rigassificatore si creerebbe un rischio
di incidente rilevante enorme: come si potrà ottenere una valutazione di
impatto ambientale enorme positiva in
termini di condizioni così critiche? Sono state poste in essere le condizioni
per la partecipazione effettiva della popolazione alle scelte decisionali, come
dispone il trattato di Ahrus e la stessa VAS?”
Domande che
attendono risposta, mentre tra le associazioni è forte la sensazione che il
famoso detto calabrese, che recita più o meno così: “chi trova morbido scava in
profondità”, sia oltremodo veritiero. A scavare in questo caso sarebbero “le
multinazionali che pensano alla Calabria come un’appendice dell’Italia, una
colonia da sfruttare senza ritegno, con la connivenza delle istituzioni” e che
troverebbero in una Calabria passiva(che accetta silenziosamente scelte “calate
dall’alto”, senza pensare che ribellarsi sia un suo diritto) il terreno ideale
per la messa in opera dei loro impianti.
“In Calabria non abbiamo
bisogno di mega strutture, ma di ospedali, scuole, strade, lavoro” hanno
ribadito i rappresentanti delle associazioni. Certo che per vincere le loro
battaglie ai No-rigass servono uomini e mezzi. La loro speranza è che “i
Calabresi si sveglino dal loro millenario torpore”.
Enza Dell’Acqua
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