Nicotera.
E’
stata indetta per venerdì 6 ottobre l’assemblea comunitaria, presso il salone
Giovanni XXIII, voluta dal parroco di Nicotera, don Francesco Vardè. Il
sacerdote, in virtù del suo ruolo di presidente del Forum delle associazioni,
invita all’incontro tutte le realtà associative presenti in paese nonché tutti
i cittadini di buona volontà, quelli, cioè, chiamati ad impegnarsi per una
rinascita sociale di Nicotera. Ed è proprio questo, in effetti, il tema
dell’assemblea: intraprendere un itinerario condiviso che conduca alla crescita
della città. Ieri mattina presso le edicole e negli esercizi pubblici sono
comparse delle locandine che invitano tutti al confronto e in cui è stilato il
senso di una riunione che vuole anche essere una chiamata alle armi nel senso
di uno spirito costruttivo. L’obiettivo, si legge nel manifestino
programmatico, è anche quello di definire “alcune proposte utili con un
calendario di iniziative e con un cammino formativo da condividere insieme”.
L’invito del parroco è improntato ad una maggiore stima reciproca tra i cittadini e più “coesione
sociale”. Un auspicio che ha un suo perché dato che il tessuto sociale
nicoterese soffre da tempo immemore di una disgregazione che impedisce
l’evoluzione della città e il sano usufrutto delle sue risorse. I nicoteresi,
contraddistinti da un individualismo che forse non ha eguali, faticano a fare
rete, a creare un movimento univoco e collettivo che miri al benessere di
tutti, negli interessi di tutti. Non vi è associazione cittadina o sodalizio
civico in cui non prevalgano i personalismi. Ecco perché molte iniziative che
nascono col vento in poppa finiscono col naufragare tra i marosi
dell’anarchismo. Né la politica cittadina è mai riuscita a tenere insieme un
gruppo nutrito di persone, sotto l’egida di un comune progetto o, per una usare
una parola pomposa, di un’ideologia. D’altro canto, la politica cittadina non è
mai stata esente da personalismi o familismi, anzi essa stessa ne è un modello,
dato che si è chiusa in se stessa fino ad assottigliarsi, stritolata da
dinamiche privatistiche. I cittadini, confusi e lasciati soli, ne hanno preso
le distanze o si sono coalizzati in associazioni che hanno fatalmente ricreato
quell’individualismo vissuto dal singolo. In questo contesto non semplice, don
Francesco Vardè ha sempre cercato di farsi artefice di una “rinascita sociale”,
di trasformarsi nel sarto che rammenda gli strappi. Adesso, ad un anno esatto
dal commissariamento del Comune, il parroco ci riprova.
Egli loda l’operato di
associazioni e movimenti che finora si sono spesi per il benessere del paese,
ma, aggiunge, “quanto bene in più si potrebbe fare” se solo si evitassero
“inutili brighe e sterili divisioni”.
Auspica “unità” e
attivismo, “onde trasmettere i valori dell’impegno sociale e la partecipazione
diretta per una cittadinanza attiva, sulla via della legalità e del bene
comune”. La chiesa diventa quindi ancora una volta luogo di dibattito e
laboratorio politico. Uno dei pochi, in un contesto in cui scarseggiano le
occasioni di dialogo e in cui la protezione della tonaca di don Francesco
diventa per molti il salvacondotto per lanciarsi in un dinamismo sociale e
politico, che altrimenti sarebbe boicottato da indolenza e paure.
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