martedì 10 ottobre 2017

Il restylin del waterfront della pineta. Opera di un milione di euro al centro di una indagine giudiziaria e delle investigazioni della Guardia di Finanza.



Nicotera. Doveva essere il fiore all’occhiello della passata Giunta Pagano. Invece si è rivelata il simbolo della corruzione e del degrado. Non solo per la sua storia, dagli esordi del progetto ai risvolti giudiziari, ma anche per lo stato di incuria in cui versa attualmente. Quel serpentone color antracite che si insinua tra la pineta e la spiaggia è stato salutato con vivo disappunto da molti cittadini, costituitosi, a suo tempo, in un comitato ambientalista. L’opera non piaceva per la sua forza nocivamente impattante su una zona lussureggiante di bellezze naturali, tra mare, pineta e spiaggia. Ma il progetto è andato avanti.  Fino ad una battuta di arresto. A suonare il gong che ha bloccato il lavoro degli operai è stata la Procura di Vibo, la quale, in seguito a una denuncia presentata da un imprenditore arrivato secondo alla gara d’appalto esperita dal Comune, ha avviato una serie di indagini. L’esposto presentato dal coraggioso imprenditore era molto preciso e circostanziato. Nella denuncia si elencavano le numerose irregolarità nell’assegnamento della gara d’appalto: dall’eccessivo ribasso ai tempi di consegna dell’opera. Il ribasso del 30% fu giudicato anomalo dalla Procura; inoltre, la Chiariello Group (vincitrice della gara) sottoscrisse che la consegna dell’opera sarebbe avvenuta dopo 60 giorni, motivazione che le valse l’acquisizione di punteggio in sede di gara. Tale tempistica fu valutata dalla stazione appaltante come un elemento fondante dell’offerta. Solo che, mentre i lavori erano in corso, l’aggiudicataria richiese un differimento dei termini di consegna: dai 60 giorni previsti a 180. Circostanza, questa, considerata dalla Guardia di Finanza (che, su impulso della Procura, avviò delle indagini) una manipolazione dell’offerta originaria in quanto avrebbe violato “la par condicio tra i concorrenti in gara e l’immodificabilità dell’offerta”. E, infine, la ciliegina sulla torta: la Chiarello Group ha acquistato dalle Chiarello Costruzioni il ramo di azienda relativo al settore della realizzazione di opere pubbliche e private. Gli inquirenti dovevano stabilire se la  Chiarello Group fosse da considerarsi la continuazione dell’azienda ceduta, poichè quest’ultima era stata gravata da interdittiva antimafia. In buona sostanza, si chiedeva di accertare se vi fosse un rapporto di sostanziale continuità tra i due soggetti imprenditoriali (che erano legati da vincoli di parentela) e se l’operazione societaria (cessione di un ramo dell’azienda) costituiva uno strumento per eludere gli effetti interdittivi. Le risultanze degli accertamenti delle Fiamme Gialle svelarono nuovi risvolti e i nomi dei primi indagati: avviso di garanzia per il dirigente dell’ufficio tecnico comunale; per l’amministratore unico della ditta appaltatrice e per il direttore dei lavori. Un altro reato ipotizzato era quello di truffa in pubbliche forniture: i materiali usati non sarebbero di eccelsa qualità. Ma non solo: si accertò anche che quell’opera costata quasi 600 mila si presentava come un manto di asfalto e di cemento su un’area gravata da criticità sul piano degli impianti fognari. Ora la desolazione più totale. Lampioni non funzionanti, asfalto che si sgretola, qualcuno ha pensato bene di portare via i giochi dei bambini. Un quadro che dimostra gli sciagurati frutti della corruzione.

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