Nicotera.
Si è svolta ieri mattina, all’interno della biblioteca del Liceo Classico
“Bruno Vinci”, la presentazione, promossa dall’Associazione “Libera”, del libro
di Marisa Manzini, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Cosenza, “Fai
silenzio ca parrasti assai: il potere delle parole contro la ‘ndrangheta”. Un
titolo tratto dalle parole rivoltale in tribunale dal boss Pantaleone Mancuso. L’autrice ha presentato la sua pubblicazione davanti a
una platea gremitissima di studenti. Seduti al tavolo dei relatori, insieme al
Procuratore Manzini, il dirigente
scolastico, Marisa Piro; il Prefetto di Vibo Valentia, Giuseppe Gualtieri; don
Marcello Cozzi, ex Presidente Nazionale dell’Associazione Libera; Giuseppe
Borrello, referente provinciale dell’Associazione Libera. Presenti in sala i
genitori di Stefano Piperno, il ragazzo ucciso dalla criminalità lo scorso
giugno.
La manifestazione è
iniziata con un breve discorso introduttivo della dirigente Piro, che ha voluto
sottolineare «l’utilità e l’importanza dell’incontro del procuratore Manzini
con i giovani, in quanto esempio di coraggio»; un incontro educativo che sta
alla base «della costruzione di una società migliore». Il prefetto Gualtieri ha
osservato come la criminalità abbia avuto “vita facile” grazie «alla crisi
della giustizia civile». Ma ha anche auspicato un cambiamento di mentalità da
parte dei cittadini, il rispetto delle regole, nonché la messa all’indice di
ogni comportamento mafioso ed arrogante. Gualtieri ha inoltre voluto
stigmatizzare l’errata convinzione, che sta alla base della forza della
ndrangheta, che essa possa dare lavoro e risollevare il destino economico della
gente. «E’ questa la più grande leva sociale per ottenere consensi», ha
precisato il prefetto, il quale, nel contempo, ha puntato il dito contro la
politica che, ha concluso il rappresentante governativo, «non ha l’autorità e
la forza per creare lavoro e dare sicurezza alla gente, rendendo talvolta vana
la lotta alla mafia». La parola è poi passata a Marcello Gozzi il quale si è
soffermato sul tema del “silenzio”, in
tutte le sue forme. Ha parlato di quelle donne indotte al silenzio per sempre,
come Tita Buccafusca, Maria Concetta Cacciola, Annunziata Pesce. Il «silenzio
della Chiesa, della politica; quello indotto dalla paura e dalla rassegnazione,
creato da una risposta dello Stato che arriva troppo lentamente».
Infine, ha parlato il
Procuratore Manzini. Ma la sua non è stata una dissertazione sulla mafia ma un
dialogo con i ragazzi che hanno ascoltato le sue parole con grande interesse,
ponendole anche delle domande.
«In
questo libro- ha esordito la Manzini- ho voluto lanciare un messaggio di
speranza che non poteva non essere rivolto ai ragazzi, perchè io sono convinta
delle forza delle parole, che vanno usate in modo corretto e meditate, e che
consentiranno di fare la guerra alla ndrangheta, perché- ha precisato- in un
territorio dove essa impone la legge del silenzio le parole sono utili per denunciare
i fatti». Spezzando il silenzio, dunque, «inizia una guerra contro un’organizzazione
mafiosa che per troppi anni ha posto questo territorio in una situazione di
assoluta incapacità di reazione». «Questo libro- ha precisato Marisa Manzini- non
è un classico libro sulla ndrangheta: quello che io volevo raccontare era la
storia degli uomini e delle donne che hanno avuto il coraggio di denunciare, e
quindi di mettersi contro la mafia». La conoscenza di queste storie è
importante per una pedagogia antimafia. Un libro, quindi, che «non poteva non
essere rivolto ai giovani- ha aggiunto- perchè conoscere le storie delle
persone che hanno avuto il coraggio di combattere la criminalità organizzata vuol
dire anche individuare che cos’è la ndrangheta, che è la cosa peggiore del
nostro territorio, e significa attrezzarsi per poter fare in modo di combatterla».
I proventi del libro andranno a un’associazione il cui acronimo è Fervicredo, “Feriti
e vittime della criminalità e del dovere”; «un’associazione- ha spiegato
l’autrice- che si propone di dare una mano a chi ha subito violenza dalla
criminalità». In chiusura un invito ai giovani a non abbandonare la Calabria, a
valorizzarla per renderla un posto migliore, di mettere le intelligenze al servizio
di questa terra.
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